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[RECE][SUB] Polytechnique

di Denis Villeneuve

13 risposte a questa discussione

#1 Shimamura

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Inviato 27 September 2010 - 11:28 AM

Polytechnique

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Titolo originale: Polytechnique

Nazione: Canada

Anno: 2009

Genere: Drammatico

Durata: 77 '

Regia: Denis Villeneuve

Traduzione: Shimamura81


"La violenza è un metodo di lotta inferiore, brutale,
illusorio soprattutto, figlio di debolezza, fonte di debolezza,
malgrado, anzi, in ragione dei suoi effimeri trionfi."

Filippo Turati

"Discorso parlamentare del 24 giugno 1921"


"
La gente si aggrappa ai fucili, perché non ha la forza
di sedersi ed incrociare le braccia"

Anonimo

"Si nasce tutti pazzi. Alcuni lo restano"

Samule Beckett

da "Aspettando Godot"


6 dicembre 1989.

È una data che difficilmente dimenticheranno in Canada quella del 6 dicembre del 1989. Quel giorno il Paese, che si era sempre vantato del fatto che, nonostante la presenza di almeno un'arma da fuoco in sette famiglie su dieci, mai si erano verificati disordini, che mai nessuno si era svegliato una mattina, di punto in bianco, e si era messo a sparare tra la gente o, ancora peggio, in una scuola, di essere un paese civile, con il totale controllo sul libero mercato interno delle armi, prese coscienza di non aver fatto i conti con sé stesso, con i propri concittadini e soprattutto con la follia umana.
Quel giorno un giovane di venticinque anni prese una decisione che avrebbe cambiato la sua vita, e quella di una Nazione.

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Marc Lépine, questo il suo nome, era nato a Montréal, il 26 ottobre del 1964, come Gamil Rodrigue Liass Gharbi, da padre algerino e madre canadese. Un'infanzia difficile, padre violento e maschilista, che maltratta la madre,il piccolo Gamil e sua sorella. Poi il padre abbandona la famiglia, e la madre, per guadagnarsi da vivere, è costretta a dare in affidamento i figli ad altre famiglie. Gamil cambia il proprio nome a 14 anni, in segno di disprezzo verso suo padre: da oggi si chiamerà Marc Lépine.
Prova ad entrare nell'esercito, a diciassette anni, ma viene riformato in seguito al colloquio obbligatorio che i selezionatori impongono come
sub specie di test attitudinale. Agli amici dirà che è stato a causa della sua inadeguatezza ad eseguire ordini imposti dall'alto. Nella lettera/testamento dirà invece che è stato perché giudicato sociopatico. Riesce, ad ogni modo, a diplomarsi con voti eccellenti. Allora prova ad iscriversi all'Università. Sceglie l'Ècole Polytechnique de Montréal, una facoltà di ingegneria affiliata all'Università di Montréal. Per due volte non riesce a superare il test di ammissione per mancanza di requisiti. Nel frattempo aveva trovato lavoro in un ospedale, ma viene presto licenziato per "atteggiamento troppo aggressivo". È in questo periodo che comincia a parlare in giro del suo odio verso le donne e di quanta "ingiustizia" ci sia nel fatto che ad esse sia permesso occupare i "posti" ed i "lavori" degli uomini. Siamo nel 1987. Parla anche di suicidio.
Due anni dopo, nell'agosto del 1989, Lépine ottiene il porto d'armi, e a novembre acquista una pistola. Una carabina semi-automatica. Compra anche una borsa, larga, per potercela mettere senza dare nell'occhio, ed un regalo alla madre. "Per il tuo compleanno" le dice, ma il compleanno della madre è solo tra qualche mese... Marc Lépine ha ormai deciso.


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Il 6 dicembre 1989, Lépine entra nell'École Polytechnique de Montréal. Si reca ad un'aula al secondo piano. Minaccia gli studenti con la propria arma. Poi ordina loro di dividersi tra uomini e donne e fa uscire i circa cinquanta uomini lì presenti. Restano nove donne. Lépine dice loro che è lì per combattere il femminismo, poi spara. Sei muoiono, tre restano solo ferite. Poi esce. Va in giro per i corridoi e la mensa. E continua a sparare. In totale muoiono quattordici donne e altre quattordici persone vengono ferite (dieci donne e quattro uomini). In fine Lépine rivolge la pistola contro di sé e spara, ancora, ma per l'ultima volta1.
Nella sua giacca viene ritrovata una lettera di tre pagine2, resa pubblica solo nel 1990, e pubblicata poi sul quotidiano canadese "
La Presse". Nella sua lettera/testamento Marc Lépine afferma che il proprio gesto è stato dettato da ragioni politiche, e dal fatto che le femministe hanno rovinato la sua vita. Esprime ammirazione per un altro folle "pistolero", Denis Lortie3, ed aggiunge una lista di importanti personalità femminili canadesi che avrebbe voluto uccidere4. In seguito venne ritrovata anche una lettera scritta ad un amico in cui diceva che i "reali motivi" che lo avevano spinto a tal punto erano in realtà contenuti in alcuni documenti cui si poteva giungere tramite gli indizi da lui stesso lasciati in quella lettera. Non venne trovato nulla di rilevante5 ed ancora oggi il gesto di Lépine presenta molti punti oscuri.
Marc Lépine è stato sepolto nel cimitero di
Notre-Dame des Neiges a Montréal, a pochi isolati dall'Ècole Polytechnique, a pochi metri da dove ha commesso il massacro.

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Denis Villeneuve.


Denis Villeneuve nasce a Trois-Rivières, in Quebec, nel 1967.
Si avvicina presto al cinema, e nel 1998 scrive e dirige il suo primo lungometraggio: Un 32 août sur terre6. Il film ottiene un notevole successo di critica, viene tradotto ed esportato in Europa, e selezionato per rappresentare il Canada agli Academy Awards 1999 nella categoria "Miglior film straniero".
Nel 2000 scrive e dirige il suo secondo lungometraggio,
Maelstrom7. La pellicola ottiene più di 25 riconoscimenti in tutto il mondo, compreso l'International Critics Prize (FISPRECI) al Festival di Berlino, il Premio SACD per la miglior sceneggiatura e il premio Genie per il miglior film dell'anno a Toronto nel 2001. Il film oltre a rappresentare all'Academy statunitense il Canada viene tradotto in mezzo mondo (Giappone compreso!).
Nel 2008 il suo cortometraggio
Next Floor, presentato presentato alla Settimana Internazionale della Critica a Cannes nel maggio 2008, vince il Grand Prix per il miglior cortometraggio Channel, ma oltre cinquanta saranno i riconoscimenti internazionali che raccoglierà questo lavoro.
Nel febbraio del 2009 esce in Canada il suo ultimo lavoro,
Polytechnique, ispirato ai fatti di cronaca accaduti all'Ecole Polytechnique de Montréal, e presentato alla Quinzaine des Réalisateurs al 62° Festival di Cannes. Nell'aprile di quest'anno il film vince nove Genie Awards, tra cui miglior film, miglior regia, nonché miglior attore non protagonista (Maxim Gaudette/Il killer) e miglior attrice protagonista (Karine Vanasse/Valerie).

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Polytechnique.

Ciò che più colpisce di Polytechnique è il suo silenzio, che sembra avvolgere ogni cosa e dà la sensazione di essere in un incubo.
La storia è naturalmente quella del massacro all'École Polytechnique de Montréal, massacro compiuto da Marc Lépine. Tuttavia ecco che fin dall'inizio Villeneuve ci sorprende, decidendo per tutto il film di non dare mai un nome al suo assassino. Sappiamo naturalmente chi esso sia, e a togliere ogni dubbio ci pensa un incipit grandioso, dove una voce fuori campo legge il testo integrale della lettera/testamento di Lépine. È scioccante ascoltare i suoi propositi, la sua follia e le sue considerazioni, ma è essenziale per cercare di capire l'assassino, anche perché c'è un'altra tra le scelte di Villeneuve che può lasciare interdetti, cioè quella di mettere da parte qualsiasi tentativo di approfondimento psicologico e lasciare invece che siano i gesti e le azioni dei protagonisti a parlare.

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Denis Villeneuve, infatti, racconta la storia con uno stile minimalista, lascia da parte qualsiasi tipo di fronzoli. Parla di follia omicida, ma lo fa partendo solo da ciò che è noto, e comunque anche questi fatti sono usati con parsimonia. Penso alla scena finale del massacro. Si vede il killer puntare la pistola verso di sé e prima di sparare dire qualcosa, ma noi non possiamo sentirlo8. Una scelta che risulta coerente con la volontà di non glorificare Lépine. Per le stesse ragioni il film è interamente girato in bianco e nero9, nella splendida fotografia di Pierre Gill.
Si incomincia con dei colpi di pistola, della gente che cade, e poi si finisce nella stanza del killer, dove lo vediamo intento a puntarsi l'arma al viso. Poi lava i piatti, fa colazione e non dice una parola, per quasi tutto il film. Maxim Gaudette è intenso nell'ingrato ruolo ed il ritratto che ne esce è impressionante. Ma in questo film il killer non è certo l'unico di poche parole. I dialoghi sono rarefatti, Sembra quasi un film muto, ma è solo un film silenzioso.

Il film è raccontato però non solo dal punto di vista dell'assassino, ma anche dal punto di vista delle vittime. Naturalmente due donne, Valerie, interpretata
da Karine Vanasse e Stéphanie, interpretata da Evelyne Brochu, due aspiranti ingegneri, vittime (per una fatalmente) sia durante l'assalto all'Ècole, sia dopo, a causa della difficoltà nell'affrontare la paura che dopo l'orrore ti attanaglia il cuore. C'è anche un'altra vittima. Si tratta di Jean-Francois, J.F., interpretato da Sebastien Huberdeau, che è chiaramente destinato a simboleggiare l'impotenza degli studenti maschi della scuola, che da quel giorno hanno dovuto convivere con il senso di colpa del non aver fatto nulla per fermare Lépine. Purtroppo non tutti sono riusciti a conviverci.

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Eppure l'orrore del massacro è mostrato con moderata eleganza10, anzi, oserei dire che in fondo le scene mostrate da Villeneuve sono circondate da un'aura che emana una misteriosa bellezza. È strano dire così, ciò nonostante la regia del film è, come nota la critica, pur sempre quella di uno dei maggiori esteti del cinema contemporaneo11.

Il film sembra graffiare più che ferire, forse anche perché privo di qualsivoglia approfondimento sulla mente perversa del killer, eppure colpisce. Colpisce nella crudezza dei gesti, colpisce nella freddezza delle azioni e nelle scelte compiute. Ci provoca rabbia.

Perché Villeneuve non ci dice cosa ha spinto Lépine all'azione?

Perché ancora oggi nessuno lo sa veramente?
Noi vogliamo sapere, abbiamo bisogno di condannare, ma non possiamo farlo! Non possiamo dare un giudizio morale se non sappiamo il perché!

Le risposte non verranno dal film. Denis Villeneuve ha spiegato che non spetta a lui dare giudizi o svelare misteri cui lui stesso non ha risposta. Può solo limitarsi a raccontarci i fatti. Alcuni potranno trovarlo un limite del film, altri come me apprezzeranno questa scelta priva di qualsiasi retorica. Punti di vista…
La tragica arte di Polytechnique non è in quello che mostra o rivela, ma piuttosto nella contemplazione che ispira. Ci sono momenti nella vita in cui nulla ha senso. Ci sono momenti nella vita in cui siamo sopraffatti dalla tristezza. Questo è uno di loro.


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Alcune note.

Ho avuto già modo di parlare di Polytechnique in altra sede, ma sempre su questi lidi12, pertanto non mi ripeterò su certi aspetti, ma credo siano necessarie comunque alcune precisazioni.
Riguardo la reazione al film dei parenti delle vittime bisogna dire che all'inizio essa è stata particolarmente dura. Sono stati non pochi i tentativi di impedire la diffusione del film, ciò nonostante la produzione ha tenuto duro ed il film è comunque uscito in tempo. Dopo l'uscita del film i contrasti si sono un po' smorzati. Evidentemente temevano che il film potesse in qualche modo esaltare troppo il gesto di Lépine. Naturalmente così non è stato.

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Ho invece volutamente evitato in questa sede di illustrare il rapporto dell'opera di Villeneuve con quella di altri illustri precedessori, in particolare mi riferisco all'opera di Van Sant13 e a quella di Moore14. Polytechnique, infatti, differisce molto da entrambi, sia da un punto di vista narrativo che tecnico, oltre che per le sue stesse fondamenta. Rispetto al film di Van Sant, "Elephant", nonostante il comune triplice punto di vista, la regia cambia totalmente. La telecamera è libera, non segue il soggetto, ma cambia direzione all'improvviso. Villeneuve non indaga la vita dei suoi personaggi nel prima, ma solo nel durante o nel dopo. La fotografia in bianco e nero, inoltre, differenzia notevolmente l'atmosfera dei due film. Van Sant cerca di più l'effetto, mentre la narrazione di Villeneuve ha un qualcosa di estetizzante. Entrambi, però non giudicano, ma mostrano. Al contrario è nel giudizio morale e nell'interrogativo che esso pone che si fonda "Bowling for Columbine" di Moore15. Potrebbe dirsi che il taglio registico di Villeneuve è comunque molto vicino a quello di un documentario, ma non sono d'accordo, anche perché è il tema trattato che costringe ad usare un taglio del genere, gli stessi rilievi, infatti, valgono anche per "Elephant".

Nel complesso tre opere molto legate tra loro, ma comunque differenti.

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Buona visione.


La versione dei sottotitoli è la "HARiJO"

SOTTOTITOLI

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Note.

1 Il massacro, ribattezzato come "The École Polytechnique Massacre", ha profondamente scioccato tutto il Paese, e sollevato un acceso dibattito sulla violenza contro le donne. Il movimento femminista canadese promise che "la morte di queste giovani donne non sarà vana", nel giugno 1991 fu creato lo Status of Women dal comitato della House of Commons, ed il governo federale istituì, nell'agosto dello stesso anno, il Canadian Panel on Violence Against Women. Sulla scia di queste iniziative, dal secondo anniversario della strage, sempre nel 1991, la commemorazione del 6 dicembre è diventata il National Day of Remembrance and Action on Violence Against Women, per la lotta contro ogni tipo di discriminazione del sesso femminile, e nello stesso anno un gruppo di attivisti canadesi lanciarono la campagna del White Ribbon - che simbolizza l'idea del sesso maschile che abbandona le armi - per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'altissima percentuale delle violenze compiute dagli uomini verso le donne, simbolo che è oggi diffuso il 57 Paesi, e riconosciuto da uomini e ragazzi come un impegno globale.

2 È su questa lettera che si basa l'incipit del film.

3 Denis Lortie, membro regolare dell'esercito canadese, nel 1984 entrò nel Palazzo dell'Assemblea Nazionale del Quebec, uccidendo tre funzionari. Poi si arrese e, nonostante la diagnosi di schizofrenia, venne condannato per omicidio di primo grado. Tuttavia, grazie alle numerose incoerenze cui ci hanno abituato gli ordinamenti giuridici del Common Law [chi scrive, sia chiaro, in quanto giurista, non vuole certo negare alcuni dei pregi che esso presenta rispetto agli ordinamenti del Civil Law (in primis la sua maggiore efficacia in certi aspetti, ma...)], il processo venne dichiarato nullo e poi ripreso con la condanna di Lortie per omicidio di secondo grado. Ciò ha permesso a Lortie, per le ragioni di cui sopra, di ottenere la libertà sulla parola nel 1995...

4 Diciannove nomi in tutto.

5 Si giunse ad un appartamento intestato a Lépine, e ad una valigia contenete alcuni giochi per PC ed altro hardware...

6 Titolo internazionale: August 32nd on Earth, presentato nella sezione Un Certain Reguarde a Cannes.

7 Sinossi: La voce narrante è quella di un pesce. Nell'autunno del 1999 la giovane venticinquenne Bibiane Champagne, imprenditrice di discreto successo e figlia di un uomo molto celebre e importante, non riesce a sopportare il peso delle aspettative riposte su di lei e finisce per rifugiarsi nell'alcool e nelle droghe. Non riesce tuttavia a sfuggire al destino, quando ferisce mortalmente Annstein Karson, un pescivendolo di 53 anni. Sconvolta dal senso di colpa e tentando la fuga e l'occultamento del reato, Bibiane finisce con l'auto nel fiume, ma miracolosamente sopravvive. Interpreterà l'accaduto come un segno del fato ed un invito a riprendere le redini della propria vita, fino al giorno in cui incontra Evian, il figlio della vittima, che non sapendo nulla, finisce per innamorsi di lei...

8 Alcuni testimoni racconteranno di aver sentito Lépine pronunciare, prima di sparare contro di sé: "Oh shit!".

9 Villeneuve ha detto che la scelta è dipesa dalla volontà di non mostrare troppo sangue.

10 Anche la colonna sonora è moderata, elegante, composta quasi da una sola nota straziante.

11 Si pensi solamente alla scena finale: un mondo sottosopra, la telecamera invertita, un corridoio pieno di luci e poi il buio...

12 Cui chi scrive desidera pertanto rinviare (Qui).

13 Elephant, di Gus Van Sant, USA, 2003. Palma d'oro per la miglior regia e per il miglior film al Festival di Cannes.

14 Bowling for Columbine, di Michael Moore, USA, 2002. Premio Oscar 2003 per il "miglior documentario". Come il film di Van Sant, anche nel documentario di Moore il tema principale è quello del "Massacro della Columbine High School", laddove due studenti entrarono armati nella scuola, uccidendo 12 colleghi e ferendone 24. Infine si tolsero la vita. Si tratta di uno dei peggiori episodi di violenza avvenuti in una scuola negli USA.

15 Peraltro Polytechnique ha scatenato un po' di polemiche contro Moore da parte dei suoi detrattori, dato che nel suo, ad ogni modo bellissimo, documentario, il regista americano, facendo un paragone col Canada, parla di quest'ultimo Paese come di un paradiso dove, nonostante quasi tutti abbiano armi in casa, nessuno spara tra la gente (sic!).


Messaggio modificato da Shimamura81 il 27 September 2010 - 11:29 AM

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AltroCinema: Polytechnique (2009), di Denis Villeneuve ; Mishima, a Life in Four Chapters (1985), di Paul Schrader; Silent Souls (Ovsyanky, 2010), di Aleksei Fedorchenko; La petite vendeuse de soleil (1999), di Djibril Diop Mambéty; Touki Bouki (1973), di Djibril Diop Mambéty.
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Recensioni per AsianWorld: Bakushu di Ozu Yasujiro (1951); Bashun di Ozu Yasujiro (1949); Narayama bushiko di Imamura Shohei (1983).

#2 Cignoman

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Inviato 27 September 2010 - 12:04 PM

Notevolissimo ! ! ! Grazie Shima!!!

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#3 bowman

    Cameraman

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Inviato 27 September 2010 - 12:18 PM

Grazie mille per subs e rece! :em05:
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...fredde luci parlano...


#4 Asaka

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Inviato 27 September 2010 - 06:19 PM

Grazie per i sub e per l'esaustiva recensione.

#5 battleroyale

    Kimkidukkiano Bjorkofilo

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Inviato 28 September 2010 - 02:29 PM

Questo lo volevo già vedere!
Grazie mille per i subbi, shima looooveeeee! :em41: :em41: :) :em41: :em41:
Sweet Like Harmony, Made Into Flesh... You dance by my side, children sublime!


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#6 fabiojappo

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Inviato 28 September 2010 - 02:39 PM

Grazie, mi attira tantissimo :em41:

Per questo stravolgo la mia "scaletta" di visioni. Appena posso me lo guardo !

#7 Sazuke

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Inviato 28 September 2010 - 07:15 PM

Wow!
Thanks :em41:

#8 sonoro

    Nippofilo

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Inviato 29 September 2010 - 10:21 AM

Figo! grazie mille.
credo pero' che la recensione sia un po troppo ricca di spoiler. Cioe' ho dovuto interrompere la lettura per non scoprire cosa accade.
NICKMATTEL E' UN NANO SFIGATTO

#9 Shimamura

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Inviato 29 September 2010 - 10:45 AM

Visualizza Messaggiosonoro, il 29 September 2010 - 10:21 AM, ha scritto:

Figo! grazie mille.
credo pero' che la recensione sia un po troppo ricca di spoiler. Cioe' ho dovuto interrompere la lettura per non scoprire cosa accade.

Scusa sonoro, hai ragione, ma in realtà il più (i destini delle vittime in particolare) non viene svelato...

È che credo che conoscere l'evento storico cui si ispira il film sia di fondamentale importanza per capire il film stesso. Villeneuve infatti sottintende molto proprio perché l'evento è noto ad ogni canadese, ma a noi italiani il massacro dell'Ècole è invece quasi ignoto.

È poi, (ahimè non posso negarlo) anche un mio difetto. Per spiegare certi concetti mi servo spesso di esempi, ma ciò facendo non sempre mi rendo conto di dire troppo! :P :em83:

Pardon! :em07:

PS

Grazie a tutti ragazzi!

Vedete il film appena potete e fatemi sapé! :em69:

Messaggio modificato da Shimamura81 il 29 September 2010 - 10:46 AM

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AsianCinema: Laura (Rolla, 1974), di Terayama Shuji; Day Dream (Hakujitsumu, 1964), di Takechi Tetsuji; Crossways (Jujiro, 1928), di Kinugasa Teinosuke; The Rebirth (Ai no yokan, 2007), di Kobayashi Masahiro; (/w trashit) Air Doll (Kuki ningyo, 2009), di Koreeda Hirokazu; Farewell to the Ark (Saraba hakobune, 1984), di Terayama Shuji; Violent Virgin (Shojo geba-geba, 1969), di Wakamatsu Koji; OneDay (You yii tian, 2010), di Hou Chi-Jan; Rain Dogs (Tay yang yue, 2006), di Ho Yuhang; Tokyo Olympiad (Tokyo Orimpikku, 1965), di Ichikawa Kon; Secrets Behind the Wall (Kabe no naka no himegoto, 1965) di Wakamatsu Koji; Black Snow (Kuroi yuki, 1965), di Takechi Tetsuji; A City of Sadness (Bēiqíng chéngshì, 1989), di Hou Hsiao-hsien; Silence Has no Wings (Tobenai chinmoku, 1966), di Kuroki Kazuo; Nanami: Inferno of First Love (Hatsukoi: Jigoku-hen, 1968) di Hani Susumu; The Man Who Left His Will on Film (Tokyo senso sengo hiwa, 1970), di Oshima Nagisa.
AltroCinema: Polytechnique (2009), di Denis Villeneuve ; Mishima, a Life in Four Chapters (1985), di Paul Schrader; Silent Souls (Ovsyanky, 2010), di Aleksei Fedorchenko; La petite vendeuse de soleil (1999), di Djibril Diop Mambéty; Touki Bouki (1973), di Djibril Diop Mambéty.
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