Tokyo Olympiad
(Le Olimpiadi di Tokyo)
Titolo originale: Tokyo Orimpikku (東京オリンピック)
Nazione: Giappone
Anno: 1965
Genere: Documentario
Durata: 170'
Regia: Ichikawa Kon (市川 崑)
Traduzione: Shimamura81
Versione sottotitoli: Sam
" Non si tratta solo della magnificenza del corpo umano, o di quanto possano andare veloci, ovvero della loro eccellenza, ma più semplicemente del fatto che sono solo esseri umani con uno scopo. È questo aspetto interiore dell'atleta ad affascinarmi..."
Ichikawa Kon
Ichikawa Kon.Ichikawa Kon nasce il 20 novembre del 1915 ad Ise, nella prefetturta di Mie.
Nel 1930 Ichikawa frequenta un istituto tecnico di Osaka, e nel 1933, dopo la laurea, trova lavoro presso un uno studio cinematografico locale, il JO Studio, nel loro reparto dedicato all'animazione. È in questo campo che il regista matura le prime esperienze, acquistando un'impostazione che poi, per sua stessa ammissione, non lo abbandonerà mai. In seguito viene spostato nel reparto dedicato ai lungometraggi.
Nel 1940 i JO Studio si fondono con altri studi cinematografici per dar vita alla Tōhō Kabushiki-kaisha (東宝株式会社), pertanto la sede sociale e gli studi dell'azienda vengono portati a Tokyo, dove si trasferisce lo stesso Ichikawa.
Nel 1946 il suo primo film d'animazione, a lungo considerato perduto e poi recentemente ritrovato, Musume Dojoji (娘道場寺, Una ragazza al Tempio Dojo), realizzato ispirandosi al teatro delle marionette giapponese, il bunraku (文楽). Il film non venne mai distribuito perché sequestrato dalle Forze di occupazione americane, che lo ritennero troppo arcaico e feudale, in contrasto con la politica di "modernizzazione" del Giappone che esse volevano intraprendere.
Alla Toho Ichikawa incontra Wada Natto (和田 夏十), il cui vero nome era Mogi Yumiko (茂木 悠美子)<a class="sdfootnoteanc" name="sdfootnote1anc" href="#sdfootnote1sym">1. Wada Natto lavorava nell'azienda come traduttrice, ma covava anche eccellenti doti di sceneggiatrice. Il sodalizio tra i due, che culminerà nel matrimonio, il 10 aprile del 1948, durerà per tutta la vita, sebbene la Wada smetta di scrivere per Ichikawa dopo il 1965.
Il talento della Wada è subito messo a frutto, prima con Ningen moyo (Disegno di un essere umano) e con Hateshinaki jonetsu (Passione senza fine), entrambi del 1949, mentre nel 1955 la coppia adatta per lo schermo il capolavoro letterario di Natsume Soseki (夏目 漱石), Kokoro (こゝろ, Cuore)2.
L'anno seguente, il 1956, Ichikawa dirige uno dei suoi capolavori. Presentato al Festival di Venezia, Biruma no tanegoto (ビルマの竪琴, L'arpa birmana) non solo rappresenta uno dei vertici della cinematografia nipponica, ma è anche uno dei più grandi capolavori della storia del cinema. Siamo in Birmania, nel luglio 1945: un gruppo di soldati giapponesi in ritirata nella giungla tenta di raggiungere il confine con la Thailandia. Il giovane Mizushima, per tenere alto il morale dei commilitoni, si fabbrica un'arpa e canta motivi tradizionali della propria terra. Quando giunge la notizia della capitolazione del Giappone e della fine della guerra, Mizushima accetta la missione di far arrendere un gruppo di fanatici suoi compatrioti che, rifugiatisi in una caverna, hanno deciso di continuare a combattere. Il soldato viene trattato da vigliacco e da traditore quando tenta di spiegare al comandante che, scaduto il termine imposto dagli alleati, la caverna verrà bombardata. Allo scadere dell'ultimatum, molti muoiono sotto il fuoco dell'artiglieria. Mizushima rimane ferito, un prete buddista lo raccoglie e cura le sue ferite dandogli una lezione di umanità. Mizushima decide allora di non ricongiungersi con i commilitoni e di diventare bonzo, per dare onorevole sepoltura ai corpi dei compatrioti morti. Quando i commilitoni lo riconoscono e gli chiedono di tornare con loro, egli imbraccia l'arpa e intona il "canto dell'addio". Lascia loro una struggente lettera in cui enuncia il suo pensiero e le ragione per le quali ha deciso di restare: «[...] Ho superato i monti, guadato i fiumi, come la guerra li aveva superati e guadati in un urlo insano. Ho visto l'erba bruciata, i campi riarsi... perché tanta distruzione caduta sul mondo? E la luce mi illuminò i pensieri. Nessun pensiero umano può dare una risposta a un interrogativo inumano. Io non potevo che portare un poco di pietà laddove non era esistita che crudeltà. Quanti dovrebbero avere questa pietà! Allora non importerebbero la guerra, la sofferenza, la distruzione, la paura, se solo potessero da queste nascere alcune lacrime di carità umana. Vorrei continuare in questa mia missione, continuare nel tempo fino alla fine». Opera struggente, inno pacifista, atto di denuncia degli orrori della guerra, L'arpa birmana è un film epocale, non solo per il messaggio di cui è portatore, ma anche perché per la prima volta la guerra veniva raccontata dal punto di vista di un popolo sconfitto, quello giapponese.
Il successo internazionale del film permette ad Ichikawa di uscire dai confini nazionali e portare molti dei suoi lavori in giro per i Festival di tutto il mondo. Non ottiene lo stesso successo, però, il bel Enjo (炎上, Conflagrazione), realizzato nel 1958 e tratto dal capolavoro letterario di Mishima Yukio (三島 由紀夫), Kinkakuji (金閣寺, Il Padiglione d'oro)3. Sempre la letteratura funge da ispirazione all'opera dei coniugi Ichikawa con Kagi (鍵, La chiave)4, film del 1959, dal romanzo di Tanizaki Jun'ichiro (谷崎 潤一郎), Premio della giuria al Festival di Cannes del 1960.
È sempre nel 1959 che Ichikawa realizza un'altra delle sue pietre miliari, Nobi (野火, Fuochi improvvisi, noto in italia come Fuochi nella pianura).
Tratto dallo struggente romanzo autobiografico di Ooka Shohei (大岡 昇平)5, Nobi racconta del soldato Tamura, interpretato da un immenso Funakoshi Eiji (船越 英二), affetto da beriberi, come la maggior parte dei suoi commilitoni e poi abbandonato dall'esercito nipponico nella giungla filippina. Per sopravvivere sarà costretto a qualunque cosa. Crudo come mai prima di allora era stato un film sulla guerra, Nobi lascia il segno ed incarna la sintesi di tutta la poetica di Ichikawa. Il suo è un mondo oscuro, buio, dove però non manca mai di trovare uno spiraglio la luce. È un'umanita affranta, reale, eppure non priva di tenerezza e poesia. Lo sguardo di Ichikawa punta a sottolineare l'umanita dei suoi personaggi, con distacco, ma con sensibilità, il tutto non senza una certa ironia, la cui origine è da rintracciarsi prevalentemente nell'opera della Wada.
Nel 1963 esce un altro dei suoi film più noti, Yukinojō Henge (雪之丞変化, La vendetta di un attore) seguito da Taiheiyo hitori-botchi (太平洋ひとりぼっち, Solo, nel Pacifico). L'anno seguente, la Commissione nazionale per l'organizzazione della XVIII Olimpiade, che si terrà a Tokyo, nel 1964, gli assegna l'incarico di realizzare un documentario sull'evento. Le Olimpiadi di Tokyo rappresenta il vertice della produzione di Ichikawa, ma segna anche la fine della collaborazioone con Wada Natto, che decide di lasciare il mondo del cinema. Dirà lo stesso Ichikawa, anni dopo, che la scelta della moglie era dovuta all'andamento della cinematografia contemporanea, nel quale non si sentiva a proprio agio perché, a suo modo di vedere, priva di umanità e incapace di comprendere il valore dell'amore6.
Da questo punto il cinema di Ichikawa subisce un certo calo, anche se la poetica resta per lo più inalterata, salvo un'atteggiamento meno ironico, dovuto sicuramente al cambio di sceneggiatore. Ad ogni modo la Wada continuò, anche se non accreditata, a lavorare, almeno come consiegliere, con il marito.
Seguono comunque nel mucchio ottimi film, tra cui un ulteriore adattamento dall'opera di Natsume Soseki, Wagahai wa neko de aru (吾輩は猫である, Io sono un gatto)7, del 1975, e il bel Inugami-ke no ichizoku (犬神家の一族, La famiglia Inugami), del 1976. Ritorna, invece, alla poetica di Tanizaki con l'adattamento del suo capolavoro letterario, Sasame yuki (細雪, Neve sottile)8.
Ichikawa muore di polmonite il 13 febbraio del 2008, all'eta di 92 anni.
Lascia un cinema straordinario che lo pone di diritto tra i più grandi cineasti del secolo e tra i maggiori della storia del Giappone, accanto a Kurosawa, Ozu, Mizoguchi, Naruse e Imamura.
I Giochi della XVIII Olimpiade9. I Giochi della XVIII Olimpiade si sono svolti a Tokyo, in Giappone, dal 10 al 24 ottobre 1964.
Per la prima volta le Olimpiadi si trasferirono sul territorio orientale. Il Giappone spese una cifra pari a 1200 miliardi delle vecchie lire per allestire impianti, strutture e infrastrutture che parvero tutte all'altezza della situazione.
Le Nazioni partecipanti furono 94, gli atleti furono 5541, i giornalisti 1200, i fotografi oltre 600, i cineradioperatori 500. Per la prima volta, in tutto l'emisfero settentrionale le immagini delle gare vennero diffuse grazie al satellite statunitense Syncom III.
I contenuti tecnici furono elevatissimi, basti prendere come esempio l'atletica leggera femminile, nella quale in nove gare su dieci vennero migliorati i primati olimpici e più o meno, il rendimento fu lo stesso anche nelle altre discipline. I risultati furono talmente strabilianti da indurre persino qualche sospetto e difatti dopo le Olimpiadi venne stabilito di effettuare prima delle gare controlli medici più rigorosi.
Vennero introdotte importanti innovazioni tecniche in molte discipline.
Il nuoto fu coinvolto dalla svolta statunitense nelle tecniche di allenamento, che consentirono di superare l'antica barriera fra scattisti e fondisti. Gli statunitensi e gli australiani che si allenavano nelle università del Nuovo mondo vinsero a mani basse praticamente quasi tutte le gare. Gli "altri" si dovettero accontentare dei 200 metri rana femminili vinti da un'atleta della scuola sovietica e della straordinaria australiana Dawn Fraser, oro nella terza olimpiade consecutiva e prima donna ad abbattere il muro del minuto di gara nei 100 metri stile libero; un altro atleta che raggiunse la celebrità fu lo statunitense Don Schollander, trionfatore in quattro gare, al pari del suo predecessore Johnny Weissmuller.
Anche nel sollevamento pesi si ottennero risultati brillanti, con quattro primati mondiali e tre olimpici.
Nell'atletica leggera maschile gli Stati Uniti si confermarono la Nazione meglio preparata, Al Oerter (Stati Uniti) oro nel lancio del disco per la terza olimpiade di seguito, l'etiope Abebe Bikila riconfermatosi vincitore della maratona e promosso al grado di tenente dell'esercito del Negus
Lo stesso traguardo importante della vittoria in tre edizioni diverse fu raggiunto dal canottiere sovietico Vjačeslav Ivanov e dal tedesco Hans Winkler nell'equitazione.
Nella lotta, oltre alle tradizionali nazioni protagoniste dell'Europa orientale e del Medioriente, il Giappone si aggiunse prepotentemente nel medagliere con ben cinque ori, e soprattutto la fece da padrone nello judo, disciplina introdotta per la prima volta, vincendo in tre categorie su quattro. Purtroppo per gli appassionati del Sol Levante, sfuggì ai loro atleti la medaglia nella gara più prestigiosa, la categoria assoluti, che fu vinta dall'olandese Anton Geesink.
Il pugilato offrì una delle pagine più significative, visto che la finale dei pesi massimi fu disputata e vinta dallo statunitense Joe Frazier nonostante avesse la mano sinistra fratturata.
I giapponesi stravinsero nella pallavolo femminile e il polacco Schmidt confermatosi nel salto triplo, furono alcuni tra gli atleti più meritevoli di una citazione..
Come per tutte le Olimpiadi, non poteva mancare anche in Giappone la nomina di una commissione incaricata di realizzare un film-documentario celebrativo dell'evento. Data la sua rilevanza internazionale serviva un regista all'altezza.
L'incarico venne affidato al grande Kurosawa Akira (黒澤 明), già nel 1960, ma il progetto di Kurosawa richiedeva un budget troppo alto, pertanto, nel 1964, la commissione incaricata decise di nominare al suo posto Ichikawa Kon. Ichikawa chiese la massima libertà nel disporre le telecamere nei luoghi adibiti alle competizioni, e venne accontentato per lo più (ebbe difficoltà solo per quel che riguarda le gare di nuoto). Si tratta di una schiera di 164 cameramen, 1,031 telecamere ed uno staff di oltre 500 uomini per oltre 400,000 metri di girato!
Il risultato fu un lavoro di ben 170 minuti, che però, dopo assere apparso in alcuni Festival internazionali in versione integrale, venne tagliato in una versione di 100 minuti più corta, l'unica disponibile fino a pochi anni fa, quando l'edizione integrale è stata recuperata.
Il titolo del documentario è Tokyo Orimpikku10.
Tokyo Orimpikku. Tokyo Orimpikku (Le Olimpiadi di Tokyo), è universalmente ritenuto il più grande documentario sportivo di tutti i tempi, accanto ad Olympia, del 1938, diretto da Helene Bertha Amalia "Leni" Riefenstahl, opera celebrativa dei Giochi della XI Olimpiade.
Le due opere tuttavia si differenziano molto tra di loro. Il capolavoro della Riefenstahl, pur caratterizzato da una tecnica di regia e di ripresa incredibile, a dir poco rivoluzionaria per l'epoca, resta sì uno dei più grandi film dell'900, ma risente di un'impostazione troppo politicizzata. Leni Riefenstahl era infatti una delle registe ufficiali del Terzo Reicht, pertanto Olympia è soprattutto una celebrazione dell'opera hitleriana, anche se la regista non mostra alcun pregiudizio nel mostrare vincitori e vinti, siano essi "Ariani" o non. Tuttavia, il ben documentato rapporto tra la Riefenstahl e Hitler spazza ogni dubbio sulla finalità reale del documentario, non per niente le Olimpiadi del 1936 sono state definite appunto come le Olimpiadi di Hitler. Tanto premesso, nulla deve essere tolto al valore tecnico dell'opera, che resta assoluto e straordinario.
Su di un piano totalmente opposto si colloca l'opera di Ichikawa, che, infatti, non ha alcun intento propagandistico11. Non solo, in realtà Ichikawa non ha alcun interesse nemmeno per lo sport. Non lo guarda mai, pertanto, nell'accettare l'incarico si sente quasi un pesce fuor d'acqua. Non deve quindi stupire l'originalità dell'opera. Il regista, nel momento in cui non provava alcun interesse a raccontare l'evento sportivo in sé, doveva per forza raccontare qualcos'altro, e cosa di meglio poteva trovare se non i protagonisti dell'evento stesso, cioè gli atleti?
Ichikawa concentra la propria attenzione sui corpi degli atleti, sulle loro storie, ma anche sui piccoli particolari. La strana traiettoria di un giavellotto, una colomba della pace che, durante la cerimonia d'apertura preferisce appollaiarsi in disparte, il lavoro degli addetti che recuperano attrezzi o preparano il campo per una gara...
Non compaiono quasi, invece, fasi dei giochi come le cerimonie di premiazione. Ichikawa non ha alcun interesse alla differenza tra vincitori e vinti. Li pone sullo stesso piano, anzi, spesso, con quell'umanità che ha sempre contraddistinto la sua opera, pone l'accento sugli ultimi, sugli atleti degli Stati africani, alcuni alle Olimpiadi per la prima volta, che non conoscevano lingue straniere, che al tavolo della mensa erano seduti in disparte soli...
Sono storie di uomini quelle che racconta Ichikawa in Tokyo Orimpikku, storie di trionfi, come quello leggendario dell'etiope Abebe Bikila nella maratona, e storie di sconfitte, che bruciano, come quelle di chi arriva ad un passo dal gradino più alto, o di un corridore proveniente dall'isola di Ceylon, nella gara dei 10,000 metri, che arriva ultimo, in ritardo di un giro, mezzo morto al traguardo, ma arriva, perché è lì per questo, anche se magari vorrebbe sedersi sul campo e riposarsi... Sempre storie di uomini. Corpi deformati dallo sforzo, un piede sanguinante, pieno di vesciche, sudore, rovinose cadute ed altro ancora...
La telecamera è spesso portata a braccio, altre volte ferma, la fotografia molto bella, il montaggio magnifico e su tutto spicca l'eccezionale commento musicale, ora altisonante, ora discreto, ora classico, ora costellato di struggenti note jazz.
Tokyo Orimpikku è un capolavoro, che trascende il genere documentaristico per andare oltre, al Cinema, quello alto, quello puro.
È più che una visione, è un'esperienza, e mi auguro che vogliate farne parte anche voi.
Alcune note.
Volevo ringraziare per l'aiuto nella traduzione ~Loony~. Il film infatti è interamente parlato in giapponese, salvo alcune frasi, durante la cerimonia d'apertura e chiusura della manifestazione, dove si parla in inglese. In tal caso appaiono sovraimpressi i sottotitoli in giapponese che traducono quanto si sta dicendo. Orbene, nei sottotitoli inglesi, giustamente non viene tradotto quanto detto in questa lingua, pertanto per tradurre queste parti del film sono stato costretto ad andare ad orecchio. Se la cerimonia d'apertura presentava un discorso molto facile da interpretare, lo stesso non si poteva dire di quella di chiusura. A questo punto non mi restava che usare i sottotitoli sovraimpressi in kanji e kana e ricorrere a chi la lingua giapponese la conosceva...
Fortunatamente la povera ~Loony~ faceva al caso mio e pertanto vanno a lei i miei più sentiti ringraziamenti.
La versione del film è quella da 1,36, in 2CD, ma dovrebbe andar bene qualsiasi versione del film in 2CD non hardsubbed, inoltre i sottotitoli sono compatibili anche con la versione Sam, sempre da 2CD.
Per qualsiasi difficoltà nel reperire il film contattatemi.
SOTTOTITOLI
Tokyo.Olympiad.AsianWorld.zip 23.14K
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See ya' soon!
Note.
1 Nata il 13 settembre del 1920 a Himeji, nella prefettura di Hyogo, Wada Natto muore a Tokyo, il 18 febbraio del 1983, a causa di un tumore al seno.
2 Uno dei massimi capolavori della letteratura nipponica, è stato tradotto in Italia da Neri Pozza editore, con il titolo: Il cuore delle cose.
3 Edito in Italia da Feltrinelli.
4 Edito da noi da Bompiani.
5 Ooka Shohei, La guerra del soldato Tamura, edito negli anni cinquanta da Einaudi e non più ristampato, anche se il sottoscritto è riuscito a reperirne, a caro prezzo, una copia del 1955 in una libreria d'antiquariato...
6 Il riferimento è evidentemente alla New Wave nipponica, a Yoshida, Oshima e Imamura, oltre che ai contemporanei e futuri Takechi e Wakamatsu, anche se chi scrive fatica non poco a comprendre le accuse di scarsa umanità alle opere degli autori di cui sopra...
7 Edito in Italia sempre da Neri Pozza.
8 Pietra miliare della narrativa del Novecento, questo straordinario capolavoro è stato pubblicato in Italia da Guanda. 9 Tutte le informazioni riportate nel seguente paragrafo sono tratte dai due volumi ufficiali: The Games of the XVIII Olympiad, Tokyo 1964, The Official Report of the Organizing Committee, entrambi reperibili online all'indirizzo "http://olympic-museu.../report1964.htm".
10 The Games of the XVIII Olympiad, Tokyo 1964, cit., pag. 479ss.
11 Proprio a tale impostazione di Ichikawa si deve la scelta della Commissione di tagliare il film dai 170' originari ai 70' definitivi, in quanto sorse la preoccupazione che non venisse appieno compreso dal pubblico l'intento celebrativo dell'amministrazione nipponica.
Messaggio modificato da fabiojappo il 25 March 2020 - 11:55 AM