Champion
(Sky)
La dimensione dell'epica è il pane quotidiano di un regista granitico come Kwak Kyung-tae. Già nel precedente Friend, campione d'incassi stratosferico, il regista (che in questo nuovo lavoro si firma solo con il diminutivo KT Kwak) dimostrava la sua propensione per la rappresentazione di temi quali la gloria, il ricordo, il principio, l'onore e - ovviamente - l'amicizia duratura. Champion, che da Friend prende in prestito uno dei protagonisti - il carismatico Yoo Oh-sung -, parte dalla storia vera dell'unico pugile sud-coreano che sia arrivato vicino a un traguardo importante, il titolo mondiale perso in extremis a Las Vegas, in un incontro dall'esito sofferto e fatale. La parabola di Kim Deuk-gu attraversa gli anni settanta, e ricostruisce il percorso, fatto di sudore, sangue e volontà, di un'icona autenticamente popolare, di un mito cresciuto e coccolato in casa, come un eroe nazionale. Purtroppo precocemente scomparso lungo la folle corsa verso le vette più elevate.
Liquidiamo pure subito il finale allungato, che rischia di (s)cadere nel populismo retorico, e concentriamoci sulla sostanza, che per tre quarti dell'opera ci riporta, intensamente, ad un passato recente ricostruito alla perfezione. Movimenti di macchina concepiti per creare ricordi e momenti salienti, colonna sonora incalzante e memorabile, uno splendido lavoro per quanto riguarda costumi, locations e trasferta americana trasformano l'epopea in realtà, in una quotidianità la cui semplicità (in senso positivo) è disarmante e trascinante. Su tutto e su tutti, poi, troneggia lo statuario protagonista, cui sono occorsi sei mesi per temprare il proprio corpo e per rendersi credibile come atleta. Una prestazione fisica e mentale che va di pari passo con la figura leggendaria cui presta volto e pugni: nel rimpianto del figlio, della quasi moglie e di un popolo intero, rivive una stella che senza essere mai stata particolarmente brillante, rispecchia il coraggio di un piccolo grande universo umano. Champion rappresenta il miglior modo per celebrare un'immagine, senza profanarne la sacralità e senza eccedere nel trionfalismo (stile Rocky), ma sottolineando quegli aspetti romantici inevitabilmente coinvolgenti. Il neo padre Kwak - «Quando avrò un figlio lo crescerò perché diventi un campione» - era l'unico regista in grado di comprendere le motivazioni di un testardo che cerca disperatamente di emergere dalla durezza della povertà e di interpretarne senza timori la mentalità vincente a prescindere dai risultati.
(recensione di Matteo Di Giulio da asiaexpress.it)
Credits
Regia: Kwak Kyung-taek
Sceneggiatura: Kwak Kyung-taek
Durata: 117
Cast: Yoo Oh-sung (Kim Deuk-go), Chae Min-seo (Lee Kyung-mi)
Messaggio modificato da Kiny0 il 22 April 2013 - 09:30 PM