Chronicle of a Disappearance
Segell ikhtifa
di Elia Suleiman
Anno: 1996
Durata: 88 min.
Paese: Israele, Palestina
con:
Elia Suleiman (se stesso)
Nazira Suleiman (la madre)
Fuad Suleiman (il padre)
Ula Tabari (Adan)
Il film ha vinto il premio Luigi de Laurentiis per la migliore opera prima
alla 53ª edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia
Il regista palestinese Elia Suleiman torna a Nazareth in occasione di un funerale dopo 12 anni passati negli Stati Uniti a studiare cinema e realizzare cortometraggi. Passerà qualche giornata con amici, conoscenti e visiterà anche Gerusalemme. Osserverà la quotidianità dei luoghi a lui familiari e sarà il pretesto per uno sguardo spietato, comico, cinico e severo sulle persone che abitano quella terra senza pace.
È interessante leggere l’anno di realizzazione del film: 1996. Prima della seconda intifada e durante il periodo dei fallimentari trattati di pace di Oslo. Un fallimento che si respira durante tutta la pellicola anche se il regista è bravo a non cadere nella tentazione del facile “j’accuse”. D’altronde la serie di “scenette” simboliche e grottesche alle quali assistiamo fanno pensare ad un diario personale, politico e culturale di morettiana memoria ma senza la verbosità del regista romano e con il keatoniano e silente regista che testimonia di un popolo privo di identità e stabilità che compie azioni a volte inspiegabili e a volte che ripiegano in una routine ammorbante senza però come detto puntare il dito contro nessuno in particolare. Nessuna costruzione narrativa. Solo la cronaca, scandita dai vari capitoli, della sparizione di un popolo e di una cultura che contempla i luoghi sacri nelle risibili cartoline e souvenir per i turisti. Quegli stessi luoghi come le acque sulle quali ha camminato Gesù che ora fanno da pista a mirabolanti esibizioni di turisti sugli acqua scooter. Quei luoghi pieni di alberghi e kibbutz dove poco tempo prima c’era il deserto e un sacro colle da contemplare. Anche i genitori dell’autore sembrano aver raggiunto il livello più totale di rassegnazione. Che siano veramente loro l’ultima patria?
L’ultima osservazione la dedico all’inizio di “Il tempo che ci rimane” girato 13 anni più tardi e fortemente legato al film in questione. Appena arrivato a Gerusalemme, Elia (che si vede fuori fuoco come una fantasmatica presenza) sale su un taxi e l’autista si perde non riconoscendo più i luoghi che per lui dovrebbero essere familiari mentre fuori si scatena un temporale biblico. Ecco, questo senso di spaesamento (che trasporterà pari pari nella Cuba finta-idealista e labirintica del suo splendido corto in “7 days in Havana”), è la sua risposta più potente e simbolica della condizione israeliana vista da uno dei più grandi autori cinematografici internazionali.
SOTTOTITOLI
(versione: 699)
Chronicle.of.a.Disappearance.AsianWorld.zip 15.98K
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Traduzione: GraziaSS
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Messaggio modificato da JulesJT il 15 October 2014 - 05:31 PM