Models
Regia: Ulrich Seidl
Paese: Austria
Anno: 1999
Durata: 117 min.
Genere: Drammatico
Cast:
Viviane Bartsch (Vivian)
Tanja Petrovsky (Tanja)
Lisa Grossmann (Lisa)
Trama. ll film segue la vita sessuale e la carriera di tre modelle ambiziose. Vivian farebbe davvero di tutto pur di apparire sulla copertina di una rivista, Lisa spende il suo tempo tra la cocaina e i ritocchi estetici, mentre Tanya, amante dello yoga e dei tarocchi, condivide per gli animali una passione morbosa.
Recensione di battleroyale
Per quanto Ulrich Seidl sia riuscito ad uscire dalla sua nicchia di ammiratori verso un pubblico più ampio con la trilogia del Paradiso, non dobbiamo dimenticare che l’autore austriaco è prima di tutto un documentarista. Anche nei suoi lavori di fiction il metodo di lavorazione documentaristico è preponderante: improvvisazione, immedesimazione totale degli attori nei confronti dei personaggi, case vere come set… allo stesso modo, anche nel documentario il confine realtà/finzione è sempre molto labile. La verità documentaristica viene sfalsata dalla composizione architettonica dell’inquadratura, ad una scelta maniacale e geometrica del quadro che congela i personaggi in ritratti di grande impatto visivo. “Models”, a questo proposito, sebbene sia ricordato dai soli ammiratori del regista, è un punto importante per ciò che è la poetica di Seidl: il rapporto che si instaura tra occhio-macchina e personaggio messo a nudo. Se il segreto della messa a nudo di personaggi scomodi (pensiamo ai controversi “Animal Love” o l’ultimo, bellissimo, “Im Keller”) sta non tanto nell’essere sé stessi, ma nell’interpretare sé stessi, distaccandosi dal proprio io pur restandoci e ponendo la finzione come arma per essere sinceri e senza vergogna, in “Models” anche questo vacilla. Seidl dimostra come, di fronte a persone che vivono di sole apparenze, l’essere il proprio io sia impossibile. Le modelle di “Models” sono ciò che appaiono: belle e piene di vizi (sesso, droga, sigarette, ossessione per il proprio corpo). Donne che non temono l’occhio della cinepresa perché riescono ad essere ciò che sono solo se vi è un osservatore esterno, qualcuno che doni loro l’autostima necessaria affinché il loro lavoro di belle e impossibili trovi compimento. L’unico film di Seidl dove la messa a nudo non è sincera, dove il patto tra spettatore e opera entra in crisi: la finzione è qui palese, pur trattandosi di realtà. Quando un soggetto si abitua ad apparire, allora è sincero solo quando mente. Il tutto sotto il taglio freddo, asettico e chirurgico di Seidl: qui più umano che mai, compiaciuto e psicologico. Un occhio che non giudica, mostra, cerca di aiutare. Un occhio amico che dona senso di esistere a queste ragazze semplicemente mostrandole. E assicurandoci che, sotto sotto, tutti noi sentiamo di vivere solo come immagini negli altri.
SOTTOTITOLI
(versione: 1,36)
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Traduzione: Grace de Kerouàc
Messaggio modificato da fabiojappo il 28 December 2014 - 04:17 PM