Presente sei giorni sui nove del festival, ho visto in totale 22 film (media giornaliera bassa rispetto ai veri maratoneti fareastiani). Ovviamente... perso i vincitori, perché non ancora a Udine (Close-Knit), non convinto dalla trama (Split), programmato la mattina come primo film di giornata e saltato per non alzarsi presto (Canola). Nel complesso direi una buona edizione. Non vai a cercare al Feff il capolavoro d'autore epocale, ma ti aspetti di trovare nel mucchio delle diverse cose proposte una buona parte di film piacevoli. Secondo lo spirito di festa del festival.
Queste le mie impressioni, in due righe, sui film visti (in ordine cronologico di visione):
Vanishing Time: A Boy Who Returned di Uhm Tae-Hwa (Corea del Sud)
Fantasy dimenticabile, ma con alcuni spunti interessanti, in particolare per la riflessione sullo scorrere del tempo. Un finale gestito meglio avrebbe giovato.
Mr. Zhu's Summer di Song Haolin (Cina)
Piccola storia basata su un insegnante e i suoi allievi. Non lascia molto, ma il protagonista è simpatico e non mancano alcuni momenti davvero divertenti.
Bluebeard di Lee Soo-Youn (Corea del Sud)
Thriller psicologico che funziona abbastanza bene nella prima parte, ma quando c'è da tirare le fila si perde un po' tra i cliché, con cose già viste in tanti altri film del genere.
Over The Fence di Yamashita Nobuhiro (Giappone)
Storia di “perdenti”, quei personaggi ai margini ai quali Yamashita guarda sempre con affetto e sono un po' il marchio di fabbrica del suo cinema. Brava Yu Aoi nel ruolo di una donna problematica.
Mrs K di Ho Yuhang (Malesia/Hong Kong)
Una sorta di omaggio al western, a Tarantino, agli action di Hong Kong. Non male, ma sarebbero servite un paio di scene di grido, quelle che danno spessore a questo tipo di cinema.
Hirugao – Love Affairs in the Afternoon di Nishitani Hiroshi (Giappone)
Storia di un amore travagliato che riprende quella di un dorama. Poca roba e peggiora costantemente con l'andare dei minuti, dopo un'introduzione tutto sommato anche interessante.
Scoop! di One Hitoshi (Giappone)
Dinamico film ambientato nel mondo dei giornali di gossip. Ottimo tutto il cast e gran duetti tra la giovane reporter Fumi Nikaido e il navigato fotografo Masaharu Fukuyama.
Love And Other Cults di Uchida Eiji (Giappone)
Cinema interessante quello di Uchida che tratta diverse problematiche con uno stile pop e un occhio sempre attento, anche affettuoso, nei confronti dei suoi personaggi.
My Uncle di Yamashita Nobuhiro (Giappone)
L'altro film di Yamashita in competizione. Scanzonato, molto divertente, con un Ryuhei Matsuda inedito in un ruolo così buffo. Risate di gusto per tutto il film.
I Am Not Madame Bovary di Feng Xiaogang (Cina)
Storia di una contadina coraggiosa, ricca sul piano dei contenuti (con elementi di satira) ed elegante visivamente, con un'audace scelta fotografica circolare per gran parte del film.
Policeman And Me di Hiroki Ryuichi (Giappone)
Film tratto da un shojo manga e con tutti cliché del genere. Talmente poca roba che non riesci nemmeno a volergli male, ma da Hiroki mi aspetto altro.
Extraordinary Mission di Alan Mak, Antohony Pun (China/Hong Kong)
Film alla Infernal Affairs, con agenti infiltrati nella malavita, ma molto lontano da quei livelli. Nella seconda parte diventa una fracassonata tra le più esagerate che abbia mai visto.
Hamon: Yakuza Boogie di Kobayashi Shotaro (Giappone)
Non ci avrei scommesso due lire con quel titolo, invece è un buddy movie piacevole grazie soprattutto al riuscito personaggio dello yakuza protagonista.
Siam Square di Pairach Khumwan (Thailandia)
Ghost story che regala qualche scena di stampo horror riuscita, inquietante, ma con una trama inutilmente incasinata che alla fine penalizza il film nel suo complesso.
Someone To Talk To di Liu Yulin (Cina)
Bella opera prima di una giovane regista cinese da tenere d'occhio. Un divorce drama, sull'incomprensione e l'incomunicabilità, diretto in maniera matura.
Mad World di Wong Chun (Hong Kong)
Altro regista esordiente che firma un'opera di rilievo. Rapporto padre-figlio e convivenza con sindrome bipolare in un racconto ben calibrato e ben interpretato da Shawn Yue ed Eric Tsang.
Mon Mon Mon Monsters di Giddens Ko (Taiwan)
La sorpresa folle del festival. Mix di generi, ragazzi cattivissimi e un paio di scene cult. In particolare la sequenza di un massacro di studenti su un autobus, sulle note di My Way di Sinatra.
Soul Mate di Derek Tsang (Hong Kong/Cina)
Storia di un'amicizia femminile tra alti e bassi in cui si versano lacrime su lacrime. Con un'invadente colonna sonora che sottolinea ogni momento.
Die Beatiful di Jun Robles Lana (Filippine)
Convincente ritratto di una transgender costruito con una narrazione temporale, basata flashback, molto ben gestita. Lungo applauso finale, me lo aspettavo tra i premiati.
Hide And Seek di Liu Jie (Cina)
Thriller accattivante e teso fino a quando non viene rivelata l'identità dell'assassino. Da lì in poi perde completamente d'interesse e lo sviluppo finale sfiora il ridicolo.
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Rivisto inoltre due grandi film in versione restaurata:
Made In Hong Kong di Fruit Chan (Hong Kong, 1997)
Il momento più bello del festival, immergersi su grande schermo tra le strade di Hong Kong grazie all'emozionante capolavoro di Fruit Chan. Con l'autore in sala.
Branded To Kill di Suzuki Seijun (Giappone, 1967)
Non potevo mancare alla proiezione del film più noto di Suzuki. Geniale, spiazzante (anche nelle sue ingenuità), innovativo, omaggiato negli anni successivi da grandi registi.
Messaggio modificato da fabiojappo il 01 May 2017 - 01:38 PM