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[NEWS] AsianFilmFestival 2013 (6-11 aprile, Reggio Emilia)


10 risposte a questa discussione

#10 fabiojappo

    Regista

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  • I prefer: cinema

Inviato 13 April 2013 - 11:06 AM

Visualizza MessaggioTanaka, il 13 April 2013 - 12:51 AM, ha scritto:

PREMIO DELLA CRITICA a Japan's Tragedy di Kobayashi Masahiro (Giappone)

Con protagonista anche il grande Tatsuya Nakadai :em69: :)

#11 Tanaka

    L'uomo che non ride mai

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Inviato 14 April 2013 - 06:31 PM

Ecco, come promesso, la cronaca del vostro asianista per caso preferito.
Purtroppo la tardiva comunicazione delle date non mi ha concesso di partecipare all'intero Festival.
Immagino le difficoltà che gli infaticabili organizzatori avranno avuto per racimolare i soldini necessari, i permessi e le pizze digitali e non da proiettare. Non gliene voglio.
Anzi, già il fatto che comunque siano riusciti a produrre l'evento, di questi tempi, è indice di successo.
Bruciavo per aver perso la rassegna birmana e invece, vuoi per disorganizzazione asiatica, vuoi per il regime (democratico?) che non è ancora completamente pronto ad aprirsi, gli scatoloni con le misteriose pellicole non sono giunti in tempo e ora è probabile che giacciano in qualche magazzino della dogana o in tribunale come prova di traffici illeciti dal triangolo d'oro.

Nei miei due unici e ultimi giorni di Festival ho fatto in tempo a vedere:

The Happy Life of Debbie, di FU Tien-yu.
Filmetto taiwanese, pieno di buoni sentimenti, su un figlio adottivo che rischia di essere strappato alla famiglia dal padre naturale. Credo lo voglia Raimovie per riempire il palinsesto dei mattini feriali. Taiwan ama molto il festival reggiano. Sponsorizza. La Acer vuole addirittura chiamare la sua prossima linea di PC 'Herbazzon'. Il festival contraccambia, ovviamente.

Cold Bloom, di Astushi FUNAHASHI.
Bel drammone giappo, strappalacrime, sulla doppia elaborazione del lutto di una giovane vedova e dell'involontario assassino del marito, con complicanze sentimentali tra i due.
Le immagini e la fotografia sono di una bellezza e una cura quasi fastidiose. I protagonisti sono operai ma fighi e
Marika Matsumoto, a parte le orecchie da Scrondo sempre in primo piano, è un amore.

Immagine inserita

Tanto appagamento estetico rende tutto un po' artificioso ma il film funziona e arriva sino alla fine senza che la palpebra si appesantisca.

L'ultimo film e i due della giornata seguente sono dedicati alla regista Emily Tang che solo alcuni esoteristi taoisti come Sobek o Paolone conoscono. Nella mia solida ignoranza ero già pronto a vedere lunghe sequenze di macerie e volti operai di qualche oscura landa del Sichuan e invece ho scoperto una regista con uno sguardo originale, una rabbia politica e una capacità narrativa sorprendenti.
Conjugation, il suo primo film, è un grido di disperazione e di denuncia per come la repressione dei movimenti giovanili degli anni '80 ha azzerato le speranze e i sogni di una generazione e, per conseguenza, il futuro stesso della nazione. Il film racconta la vita e le miserie di un gruppo di reduci del movimento e della loro difficoltà a rapportarsi con la realtà post Tienanmen. Gli interni e le location esterne sono quanto di più squallido e freddo si possa immaginare e non sono casuali. Che differenza dalle immagine patinate della Cina cui i film mainstream ci hanno abituati. Sui contenuti, ammesso v'interessino, lascio la parola a questo piccolo ma significativo saggio di Erik Bordeleau:
http://www.concentri...sues/Bios/4.pdf

Il secondo film della Tang A perfect Life, è il migliore dei tre, a mio avviso.
Vi si narrano le vite parallele, una di finzione e l'altra autentica, di due donne e dei loro sforzi per trovare lavoro, identità e realizzazione.
La regia è più sicura e meno naif, la scrittura solida, acuta, ironica e agghiacciante nello stesso tempo. La denuncia politica, riflessa nella scelta delle location simile al film precedente e nel senso di vacuità che sembra affliggere tutti, rimane (e non a caso questi primi due film sono invisibili in patria). In più troviamo alcuni siparietti della parte fiction che ritraggono la protagonista da un angolo partecipe e particolare, molto femminile, e, in meno, è svanita quella certa vena retorica che appesantiva l'opera precedente. Se volete vedervi un solo film della Tang, questo è quello giusto.

All apologies, che ha vinto il Festival, pur nella sua perfezione di forma e scrittura, colpisce meno.
La storia vera di uno stupro, perpetrato da un padre alla moglie dell'uomo che ha causato la morte del figlio, per ottenerne un nuovo figlio in cambio è completamente su un altro registro narrativo, rispetto i precedenti. Il furore politico è cessato. La storia è ben scritta e raccontata e la regia è forse ancora migliorata, ma il respiro universale degli stati d'animo e desolazione espressi nei primi due film ha lasciato il posto a un'accurata descrizione delle sfumature di sentimento dei due protagonisti (la ragazza rimane effettivamente incinta e decide di donare il figlio allo stupratore come risarcimento) che non hanno, per forza di cose, la medesima portata. Anche i paesaggi si sono addolciti e il film potrà essere distribuito in patria.
Speriamo che la Tang ritrovi in sé le ragioni per continuare a raccontare la storia di tutti e si svincoli dalla vena intimista, molto più sfruttata e rassicurante.
Nel vedere lo sbando e l'assenza di prospettive dei giovani cinesi come non pensare a quelli nostrani?

Messaggio modificato da Tanaka il 15 April 2013 - 06:26 AM






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