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[NEWS] L'arte erotica giapponese al British Museum


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#1 Îshta

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Inviato 10 October 2013 - 04:22 PM

Il British Museum di Londra ospiterà fino al 5 gennaio 2014 una mostra sulle stampe erotiche giapponesi intitolata “Shunga – Sex and pleasure in Japanese art” (Shunga – Sesso e piacere nell’arte giapponese), la più completa mostra sull’arte erotica giapponese mai allestita.

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L’immagine di una donna in estasi raffigurata nel bel mezzo di un rapporto orale con un polpo, sembrerebbe un soggetto adatto ad una corrente artistica underground. Eppure si tratta di una delle più famose stampe di Hokusai (1760-1849), forse il più grande artista di stampe giapponesi del suo e di altri tempi.
Rembrandt realizzò alcune incisioni di coppie intente in un rapporto sessuale. Picasso disegnò alcune pitture erotiche, come fecero Degas, Toulouse Lautrec e Rodin. George Grosz è l’autore di acquarelli decisamente stravaganti. Tuttavia l’arte erotica in Europa non venne mai considerata arte colta, come invece accadde in Giappone. Anche nell’antica Grecia non assurse a tali livelli. Quasi tutti i maggiori artisti del Giappone del XVII e XVIII secolo raffigurarono atti sessuali, con protagonisti uomini, donne, volpi, scimmie, fantasmi, e perfino animali del mondo marino.
Non si trattava di opere minori destinate a ristretti gruppi di libertini. Piacevano alle donne tanto quanto agli uomini. E sebbene a volte non erano viste di buon occhio dai funzionari governativi, erano acquistate in grandi copie dai cittadini di tutte le classi sociali.
Le “immagini della primavera”, o “shunga” (春画), erano numerose come le stampe dei paesaggi naturali, delle bellezze famose, o degli animali. Le shunga non erano confinate al modo dei quartieri di piacere: artisti della nobile scuola pittorica Kanō dipingevano anch’essi scene erotiche. Il sesso non era un vizio, anche se rompere dei tabù sociali poteva anche avere serie conseguenze. E questi tabù poco avevano a che vedere con le preferenze sessuali: molte shunga in mostra al British Museum raffigurano scene di sesso tra due uomini. Una delle prime pitture erotiche risalente al XV secolo, raffigura un monaco buddhista che lancia sguardi bramosi al suo giovane accolito. Inoltre, tra alcuni samurai l’amore omosessuale era considerato superiore a quello eterosessuale: le donne erano necessarie per produrre bambini ed eredi, ma l’amore tra uomini era più puro, più raffinato.
La domanda è: perché i giapponesi erano più aperti nel raffigurare il sesso in tutte le sue sfaccettature? Una risposta la si potrebbe trovare nella natura della religione giapponese. Lo Shintō, la religione autoctona, come quasi tutti i culti antichi, è una forma di culto della natura, che pone enfasi sulla fertilità, sulle divinità femminili, e così via. Da qui il culto degli stessi genitali, sia maschili che femminili. Mentre in altre culture le tradizioni patriarcali – Cristianesimo, Confucianesimo, e anche Buddhismo – seppellirono gli antichi culti legati alla fertilità, il culto per la natura in Giappone non è mai scomparso. Ci sono ancora in Giappone santuari dove le donne accarezzano falli di legno nella speranza di rimanere incinte al più presto. In alcune festival rurali, oggetti di forma fallica vengono portati in processione lungo le strade per essere uniti ad oggetti raffiguranti vulve provenienti da altri santuari.
Questa potrebbe essere anche la spiegazione per una convenzione artistica che molti ritengono curiosa: le dimensioni esagerate e a volte grottesche degli organi sessuali sia maschili che femminili nelle shunga. Questa è una citazione da un testo del XIII secolo:

Guardate queste immagine erotiche dipinte dagli antichi maestri. Raffigurarono “quel coso” troppo grande. Nella realtà come potrebbe mai essere così grande? Se fosse raffigurato con le sue dimensioni reali, il dipinto non sarebbe poi così interessante. Per questa ragione non si dice che l’arte è fantasia?

A volte le immagini erotiche fungevano anche da talismano. Custodite all’interno dell’armatura di un samurai si riteneva che infondessero vigore al guerriero; i mercanti invece le usavano contro gli incendi nei loro magazzini. Questa credenza sembra essere stata importata dalla Cina, dove le “immagini della primavera”, chun-hua, venivano chiamate anche “immagini per prevenire gli incendi”. Tuttavia la Cina è la Cina, e qui lo scopo di questo tipo di immagini era più didattico che edonistico. Le immagini erotiche figuravano principalmente nei manuali di “educazione sessuale”, intensi per istruire gli uomini a conservare la forza o l’energia vitale.
I giapponesi si mostrarono invece meno preoccupati per gli aspetti medici dell’arte erotica, e più interessati nelle possibilità di piacere. Manase Dosan, medico del XVI secolo, tradusse un antico manuale cinese di educazione sessuale, ma come osserva la ricercatrice Ishigami Aki : “Al posto dell’enfasi cinese sul mantenere la salute e la longevità, egli spiegava in dettaglio come godere del sesso”. La stessa cosa accadde nell’arte. Le shunga, all’inizio potrebbero anche aver avuto l’intento di educare, ad esempio, le giovani coppie, oppure ad evitare incendi, ma in pratica erano soprattutto opere realizzare per divertire.
Non sorprende che un altro termine per indicare questo tipo di immagini è “warai-e”, ovvero “immagini per una risata”. C’è una ricca tradizione di satira e commedia nell’arte erotica giapponese. E anche qui si potrebbe rintracciare un punto di vista religioso, che è meglio illustrato da uno dei più importanti racconti della mitologia giapponese.
Un giorno la dea del sole Amaterasu Omikami, imbarazzata ed oltraggiata da suo fratello Susanoo, si ritirò in una caverna, facendo piombare il mondo nell’oscurità. Amaterasu uscì dalla caverna solo perchè incuriosita dalle risate delle altre divinità provocate dalla danza discinta della dea Ama-no-Uzume. E il mondo riebbe la luce.
Un gran numero di pitture erotiche sono parodie di un tipo o dell’altro. Questo era un importante aspetto della cultura dei quartieri di piacere del Giappone pre-moderno. Le prostitute dei bordelli più prestigiosi adottavano i nomi delle dame aristocratiche del romanzo dell’XI secolo “Genji Monogatari”. Antichi imperatori, valorosi samurai e famosi nobili erano rappresentati in ogni sorta di coinvolgimenti erotici nelle shunga. Altre stampe raffiguravano versioni pornografiche dei vari stadi dell’illuminazione buddhista (in ogni caso i preti lascivi erano comunque un soggetto molto popolare).
Dal momento che il Giappone dei Tokugawa (1603-1868) era una società altamente autoritaria, la satira politica era rara, ma non del tutto sconosciuta. E furono le risate ribelli a spese della burocrazia che causarono agli artisti guai con la censura governativa. Le immagini salaci di Nishikawa Sukenobu raffiguranti un governante dell’XI secolo che fa sesso con un famoso poeta erano sufficientemente irrispettose per l’ordine sociale che potrebbero aver provocato la messa al bando nel 1722 delle pubblicazioni erotiche. Più tarsi, il grande Kitagawa Utamaro ebbe problemi per essersi preso gioco del grande Toyotomi Hideyoshi, l’unificatore del Giappone del XVI secolo. Il problema comunque non era il sesso in sé, piuttosto la sovversione politica o sociale.
La stampa erotica ovviamente sopravvisse alla censura, e il gioco del gatto e il topo tra artisti e censori è continuato fino ai giorni nostri. Il caso che ha fatto più discutere è quello sul capolavoro cinematografico “Ecco l’impero dei sensi” di Ōshima Nagisa, e più nello specifico un libro di fotografie tratte dal film. Ōshima venne processato per “oscenità”, ma il vero caso era la sua ribellione: egli era sempre stato un critico di sinistra del sistema politico giapponese. Il caso non riguardava tanto la morale pubblica quanto le sue scelte politiche. O, per dirla alla Oshima, la morale pubblica era una questione altamente politica.
La stessa cosa accadde con il bando del 1722, ma con poche conseguenze. Le pubblicazioni erotiche per un po’ ebbero meno diffusione per poi riprendere almeno fino l 1868, quando il Giappone del periodo Mieji si aprì all’occidente, e ossessionato dal senso di rispettabilità disapprovò di nuovo l’arte erotica. Il più democratico periodo Taishō fu conosciuto invece per la sua cultura ero guro,dove erotismo, grottesco, ed insensato permeano opere di letteratura, cinema, arte. Ma la censura riapparve dopo la Seconda Guerra Mondiale: come in passato i censori era più preoccupati per la sovversione sociale che per il sesso in quanto tale. Prendersela di tanto in tanto contro la pornografia era un modo di mostrare chi comandava. E l’oggetto della censura era il tratto distintivo dell’arte erotica giapponese: i genitali.
Fortunatamente negli ultimi anni la censura si è rilassata in tema di genitali. La tradizione delle shunga rivive in varie forme moderne, come nelle fotografie di Araki Nobuyoshi. E il fatto che la mostra del British Museum è sponsorizzata dalle migliori istituzioni accademiche ed illustrata da eccellenti studiosi provenienti dal Giappone, mostra che le “immagini della primavera” sono state restituite al mainstream culturale-artistico a cui sicuramente appartengono e sono sempre appartenute.


(articolo a cura di newsdalgiappone.com)


Vorrei ricordare altre stampe famose di Hokusai, che spesso colorano le copertine di libri orientali:
(le 36 vedute del Monte Fuji)




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Messaggio modificato da Îshta il 10 October 2013 - 04:26 PM

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Traduzioni: Mai Mai Miracle (di Sunao Katabuchi, 2009) - Happy Ero Christmas (di Lee Geon-dong, 2005) - Flower in the Pocket (di Liew Seng Tat, 2007) - Summer Vacation 1999 (di Shusuke Kaneko, 1988) - Haru's Journey (di Masahiro Kobayashi, 2010) - Otona Joshi no Anime (Special 1, 2011) - Usagi Drop (di Sabu, 2011) - Yellow Elephant (di Ryuichi Hiroki, 2013) - We Were There parte 1&2 (di Miki Takahiro, 2012) - Cherry Tomato (di Jung Young-Bae, 2007) - The Assassin (di Hou Hsiao-Hsien, 2015) - 100 Yen Love (di Masaharu Take, 2014), Fruits Of Faith (di Yoshihiro Nakamura, 2013) - Umi No Futa (di Keisuke Toyoshima, 2015), Close-Knit (di Ogigami Naoko, 2017), Run Genta Run (di Tasaka Tomotaka, 1961)
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#2 fabiojappo

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Inviato 10 October 2013 - 04:53 PM

Sto pensando a un blitz londinese con Ryanair...





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