Beast and the Beauty, The
Hara-kiri: Death of a Samurai
Lavori in corso
Casting Blossoms to the Sky 99%
Seven Weeks 99%
Hanagatami 99%
Switching - Goodbye Me 99%
Chronicle of My Mother 50%
The Motive 50%
Vision 20%
Satan's Slaves 2: Communion 20%
By the time it gets dark 10%
Last Sunrise 10%
Maniac Hero 5%
The Kodai Family 5%
In Our Time 5%
Crickets 1%
Sea of Youth 1%
Hotel Iris 1%
A Long Goodbye 1%
There is a Stone 1%
Hell Worms 1%
Full River Red 0%
%
%
%
%
%
Lista completa
Youth Killer, The
Estratto Top 50
Rashomon
Sansho the Bailiff
Tales of Ugetsu
Goddess, The (China, 1934)
3-Iron
Yi Yi: A One and a Two
Crucified Lovers, The
Unvanquished, The
Raise the Red Lantern
Life of Oharu, The
Old Boy
Kihachiro Kawamoto Film Works
Brighter Summer Day, A
Yearning
Song of the Road
Twenty-Four Eyes
Pastoral - To Die in the Country
Loyal 47 Ronin, The
Hong Kong Express
Scattered Clouds
Angel's Egg
Nobody Knows
Spring, Summer, Fall, Winter...and Spring
Patriotism
Geisha, A
Visualizza la Top 50
Farewell to The Ark
Taxing Woman Return, A
Samaritan Girl
|

A tu per tu con Song Kang-ho
Sotto l’abito blu cobalto nessun accenno di qualche chilo in più, quelli che ti aspetti avendo negli occhi le immagini dei suoi film. La prima sorpresa Song Kang-ho la regala presentandosi in perfetta forma alla conferenza stampa organizzata dal Florence Korea Film Fest che quest’anno ha voluto dedicare un’ampia retrospettiva al grande attore coreano. All’incontro eravamo presenti anche noi di AsianWorld.it. Le nostre domande (qui segnalate con la sigla AW) si mescolano a quelle degli altri presenti. E molte delle loro sono, ovviamente, identiche a quelle che avevamo preparato prima di andare a Firenze. Le risposte, come potrete leggere, sono in perfetto stile Song. Interprete capace come pochi di cambiare registro comico e drammatico. Risate e battute si alternano così a osservazioni serie.
(AW) Ha lavorato, sin dall’inizio della sua carriera, con i più grandi registi coreani degli ultimi quindici anni. Ci può raccontare brevemente la sua esperienza con questi maestri?
«Prima vorrei precisare che gli attori in Corea non sono brutti come me. Anzi sono molto belli. E guarda caso questi registi famosi non amano gli attori belli. Così hanno scelto sempre me! Penso di essere stato davvero molto fortunato ad avere avuto la possibilità di lavorare con grandi registi».
Tre nomi di tre registi coreani importantissimi e amati anche in Italia: Lee Chang-dong, Park Chan-wook, Bong Joon-ho. Che differenze ha trovato nel loro modo di dirigere gli attori?
«I loro metodi per riuscire a tirar fuori la bravura dell’attore sono abbastanza simili. Lee Chang-dong, però, vuole che siano gli attori stessi a far emergere sentimenti ed emozioni. Park Chan-wook è sempre alla ricerca di cose nuove nel modo di rappresentare. Bong Joon-ho è molto difficile. È come l’erba di un prato: varia. Cambia spesso».
Non ha invece mai lavorato con Kim Ki-duk. Casualità?
«Ho avuto un po’ di occasioni in passato di lavorare con lui. Se non ci sono riuscito è perché gira troppo velocemente. Devo adattarmi subito perché appena apri la sceneggiatura ha già finito il film (ride, ndr). Prima o poi magari capiterà l’occasione giusta».
(AW) E lei ha mai pensato di passare alla regia?
«No, no, no. Non ho questa capacità».
Torna adesso a essere diretto da Bong Joon-ho che sta per iniziare le riprese di Snow Piercer. Può anticipare qualcosa sul film?
«Il film racconta di un treno dove vivono dei sopravvissuti a una nuova era glaciale. È ripreso da un fumetto francese, ma la storia è stata completamente rivista. Tutto si svolge in questo treno che rispecchia la società reale. I primi vagoni per i più ricchi, gli ultimi per i poveri senza potere che poi cominceranno a ribellarsi».
Ha lavorato con grandi attrici coreane, come Jeon Do-yeon in Secret Sunshine. Qui si confronterà con un’interprete occidentale di spicco, il premio Oscar Tilda Swinton.
«Innanzitutto confermo che Jeon Do-yeon è una grande attrice. Per quanto riguarda la possibilità di lavorare con Tilda Swinton, famosa in tutto il mondo, sono molto onorato ed emozionato».
Quanto ha influito la formazione teatrale nella sua carriera, nel suo stile di recitazione?
«L’esperienza a teatro è stata importante e credo sia presente, in piccole parti, in tutte le interpretazioni che ho fatto finora».
Nella sua biografia si legge che ha rifiutato diverse parti prima di passare dal teatro al cinema.
«Ormai non è più così, ma vent’anni fa gli attori teatrali in Corea erano considerati più importanti e comunque erano molto orgogliosi del loro lavoro. Anche io da attore teatrale ero orgoglioso di recitare sul palco e rifiutavo di girare film. Era un pensiero sbagliato».
(AW) Lei è un attore fortemente poliedrico. Ma si trova più a suo agio in ruoli comici o drammatici?
«Mi sembra di preferire le parti drammatiche».
(AW) E a quale personaggio, tra i tanti che ha interpretato, si sente più legato?
«Se proprio devo sceglier un personaggio, direi quello di The Foul King. Perché il protagonista, con i suoi modi di fare, un po' mi assomiglia».
Il teatro e il cinema sono stati per lei una forma di riscatto come il wrestling per il protagonista?
«Tutti noi abbiamo dei sogni e in qualche modo subiamo l’oppressione della società. Il personaggio penso possa rappresentare questo. Per me è stato molto importante questo lato del film. La ricerca continua per quanto sia difficile o impossibile arrivare al risultato, all’obbiettivo. Per questo l’ho trovato molto simile alla mia vita come alla vita di tutti quanti».
(AW) In una scena di culto di Memories of Murder sfoggia un calcio volante che sembra quasi un retaggio di The Foul King. Quando colpisce, sul bordo della strada, un uomo che pensa essere un molestatore mentre in realtà è un suo collega poliziotto arrivato da Seul per cercare di rivolvere il caso. Fu un’idea del regista o improvvisò lei?
«Una mia idea. Era il primo giorno delle riprese e sino alle fine del film non ho avuto un buon rapporto con l’altro attore (Kim Sang-kyung, ndr)! Anche Bong Jooon-ho si è spaventato, però non è che si fosse fatto male veramente! Comunque sì, penso di essere stato influenzato dagli allenamenti per The Foul King».
Com’è stato tornare a lavorare con Kim Jee-woon, diversi anni dopo, per The God, the Bad, the Weird?
«È stata una collaborazione molto interessante. Kim Jee-woon è un regista che pretende sempre cose nuove, che ama sperimentare, che stravolge la sceneggiatura durante le riprese. Per questo avevo un certo timore a lavorare con lui, non sai mai cosa aspettarti».
Il film è anche un omaggio a un regista italiano, Sergio Leone. Lei conosce il nostro il cinema?
«Molti registi coreani sono stati influenzati da registi europei e soprattutto Kim Jee-woon è appassionato di cinema italiano. Io sinceramente non ho avuto grandi possibilità di avvicinarmi molto al cinema occidentale. Generalmente posso dire di essere stato anche io influenzato dai pochi film europei che ho visto da piccolo. Ma non conosco abbastanza, tanti registi per fare un nome, per dire il mio preferito».
Il suo personaggio sembra ricordare un po’ Jackie Chan. Si è ispirato a lui o a qualche altro attore?
«Potrebbe in effetti far venire in mente Jackie Chan. Però non sono stato lì a pensare di ispirarmi a un attore e anche il regista non mi ha detto niente a riguardo».
A fine anni Novanta e inizi Duemila ha preso preso parte, nel giro di poco tempo, a due film che trattano il tema della divisione delle due Coree: Joint Security Area e Shiri. Come li ricorda?
«In Joint Security Area faccio parte del Nord, nell’altro del Sud. Non è che mi sia preparato in chissà quale modo a fare ruoli così diversi in poco tempo. Ho avuto qualche difficoltà magari in più in “JSA” perché dovevo usare il dialetto della Corea del Nord».
(AW) In un altro film, The President’s Barber, racconta attraverso gli occhi di una persona semplice anche un periodo della Corea importante, in cui il paese è cambiato molto. Com’ è stato calarsi nel ruolo del narratore di una storia di cui non ha avuto una diretta conoscenza?
«Il passato, quella società, influenza comunque anche il presente. Penso sia un film più diretto alle generazioni precedenti, a quella di mio padre per esempio. Però credo di essere riuscito anche non avendo esperienze dirette a riprovarle attraverso la storia».
(AW) Tra i suoi film non si può infine non ricordare un grande successo come The Host. Com’è stato girare le scene con il mostro?
«Ero il più indicato. Chi mi vedeva pensava: "Guarda quello che scemo. Fa quei strani movimenti, combatte da solo nel fiume…", ahahaha».
(AW) Su internet girava voce della possibilità di un seguito.
«Ho sentito dire che c’è una pre-produzione, però non è un lavoro che mi interessa».
Lei è il simbolo del cinema coreano che soprattutto nella prima parte degli anni Duemila ha acquisito grande importanza. Com’è la situazione oggi?
«Per quanto la Corea sia un paese piccolo spero e credo possa andare avanti, migliorare come società e come cinema».
Discutiamone qui
1.4.2012 - 23:07:39Articolo di Fabio 'Fabiojappo' Canessa e Massimo 'Sobek' Volpe
|
|
Acquista DVD import
Shinjuku Incident
Recensioni film asiatici inediti
Madeleine
|