Inviato 26 November 2013 - 10:23 AM
Un saluto a tutti, grazie per l'apprezzamento e gli interventi.
Purtroppo ho poco tempo, e mi limito ad una nota per The Tattooed Swordswoman: non è certo un grande film, ma in mezzo a molte cose mediocri secondo me spiccano decisamente l'inizio e il finale che sono tutt'altro che tali.
Nella battaglia inziale c'è una unione con la musica che è notevole: in una opinione su un sito avevo scritto:
"La magnifica sequenza di battaglia iniziale al rallenty con stop di fotogrammi, mentre scorrono i titoli sulle note di un motivo malinconico di una sesta minore insistita, è diventata per me quasi musica visiva, una scena che ho ripassata molte volte."
Certo, bisogna amare questa musica e l'unione con le immagini, altrimenti rimane una semplice battaglia.
Anche nel finale, nel momento culminante che naturalmente non svelo (anche se poi ci sarebbe poco da svelare), torna questa figurazione musicale, come fosse una reminiscenza dell'inizio: lo trovo un momento perfino commovente, ma sempre a patto di badare alla musica ed amare quella particolare figurazione come l'amo io. A conti fatti, una maledizione esiste: Akemi/ Meiko Kaji, sembra prigioniera del suo ruolo impostole dalla nascita, e che l'atto di aver tolto la vista ad una persona innocente le pesi sull'animo mi sembra ampiamente testimoniata dal primissimo piano subito dopo aver inferto il colpo.
E' di questo gesto che deve rendere conto alla fine e che, secondo me, carica il finale emotivamente.
Per chi l'avesse già visto, e fosse interessato alla mia lettura del film (che è completamente soggettiva, priva di valore critico come del resto tutto quello che scrivo), riporto l'opinione intera qui di seguito. Chi non l'avesse visto, tenga presente che ci sono SPOILERS anche del finale.
Divido arbitrariamente il film in tre parti: il bell'inizio, il mediocre svolgimento, il bellissimo finale.
Non sono l'unico a non trovare logica in questo mix dihorror/yakuza/samurai/camere della tortura/esseri deformi movies. Ho data una occhiata un po' sommaria in giro, e sembra che siano tutti concordi.
Tralasciando lo svolgimento, vorrei accennare ai due motivi per cui sono contento di averlo visto (è la terza volta).
La magnifica sequenza di battaglia iniziale al rallenty con stop di fotogrammi, mentre scorrono i titoli sulle note di un motivo malinconico di una sesta minore insistita, è diventata per me quasi musica visiva, una scena che ho ripassata molte volte.
Il clan di Akemi Tachibana (Meiko Kaji), che ha come segno distintivo il tatuaggio di un drago equamente ripartito tra i vari componenti, attacca il clan Gouda per costrizione d'onore.
Sotto la pioggia, all'arma bianca, la scontro culmina nell'intervento di una ragazza che scongiura Akemi di non ucciderle il fratello, il boss: il colpo è già partito, e la spada ferisce gli occhi della giovane, che si accascia al suolo tenendosi il viso.
Primo piano del volto di Akemi che osserva impotente il risultato del suo gesto, un gatto nero come apparso dal nulla che lecca il sangue della ragazza a terra e salta, miagolando rabbiosamente, verso Akemi e noi spettatori con un balzo improvviso.
Salto temporale, siamo in prigione, dove Akemi si è appena risvegliata da un incubo.
Nello svolgimento, appare una misteriosa spadaccina cieca, insieme ad un gatto nero e ad un uomo deforme che arriva a strappare la pelle dalla schiena di una ragazza appartenente ai Tachibana.
La spadaccina cieca si rivela essere naturalmente la vittima del gesto di Akemi, ed aspetta che questa regoli i conti con un clan avversario per sfidarla.
E questa sfida è, a mio avviso, il secondo motivo valido per vedere il film; anche questa scena l'ho rivista molte volte e talvolta mi ha portato ad un certo grado di commozione.
Lo sfondo è volutamente fantastico, cielo scuro con nuvole a forma di spirale.
I lievi rumori della campagna giapponese rompono il silenzio.
Aiko, la spadaccina cieca, si basa sugli odori e sui rumori per capire la posizione dell'avversaria. Il gatto nero salta improvvisamente, come dal nulla, verso Akemi che lo colpisce con la spada, fermo immagine del gatto nero colpito al volo e poi di Akemi, e successivo fulmineo attacco di Aiko.
Akemi rimane a terra, il colpo l'ha ferita superficialmente alla schiena, sfregiando la testa di drago tatuata, all'altezza degli occhi, che ora sembrano piangere lacrime rosse. Aiko tiene la spada tesa verso la schiena dell'avversaria e sembra in ascolto. Torna la musica appena sussurrata in pp, fatta di una sesta minore che insiste su se stessa.
Quest'ultima scena mi emoziona sempre, per una associazione di idee molto soggettiva, attraverso le lacrime piante dal drago, termina la maledizione cui soggiace il clan Tachibana. Quella maledizione oscura doveva essere colpita, non Akemi, e proprio per mano della ragazza che cercava vendetta su di lei.
Ci vedo una lettura della realtà superiore all'usuale “murder and revenge”. E' divenuta simbolo, per me, di una visione “profonda”.
Colpire – o meglio, “capire” - “l'origine del male”, che riguarda entrambi i contendenti e non uno dei due solamente, è l'unico atto liberatorio.
Akemi chiede ad Aiko di completare l'opera, per coronare cinque anni spesi in faticosi addestramenti con la spada, ma la ragazza "in ascolto" rimane colpita dalla lealtà dell'avversaria e conclude il film con le uniche parole sensate possibili:
Ho speso la mia vita stupidamente.
Raccoglie il gatto ferito e si allontana, lasciandoci insieme a Meiko Kaji e alla canzone cantata dalla stessa attrice.

"Come puoi vedere, sono una nullità. Nient'altro che una vagabonda senza casa."
