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[NEWS] Cina, schiavi delle scarpe - Via al maxi-sciopero


4 risposte a questa discussione

#1 Darkou

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Inviato 23 April 2014 - 01:10 PM

Cina, schiavi delle scarpe

Via al maxi-sciopero e ora Pechino trema

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Rivolta nel polo che rifornisce le multinazionali delle scarpe. La protesta nel 25esimo della scintilla di Tienanmen.


PECHINO Migliaia di operai si sono fermati ieri nel distretto industriale di Dongguan e in tutta la Cina sono scattate misure di sicurezza straordinarie. Ad allarmare la leadership, non solo lo sciopero più vasto da molti anni nel Guangdong, cuore dell’export globale. Le autorità hanno mobilitato esercito e polizia perché quello di ieri, per i cinesi, non era un giorno qualsiasi. Il 15 aprile 1989 morì Hu Jiaobang, che due anni prima era stato costretto a dimettersi da segretario generale del partito comunista. Il delfino di Deng Xiaoping fu stroncato da un infarto, ma tutti collegarono la sua morte all’espulsione dal politburo, a causa delle aperture ai giovani che invocavano riforme democratiche. Nel giorno del funerale, il 22 aprile, migliaia di universitari invasero piazza Tiananmen e rimasero davanti alla Città Proibita fino alla notte del 4 giugno, data tragicamente entrata nella storia del mondo.
Venticinque anni dopo, l’anniversario di Hu Jiaobang, scintilla da cui partì l’incendio delle proteste
represse nel sangue a Pechino, ma non nell’Urss e nell’Europa orientale, in Cina resta un tabù. Perfino la foto dell’ex presidente Hu Jintao, nei giorni scorsi in visita ai famigliari del leader-simbolo dei riformisti, è stata censurata su Internet e media di Stato. Con l’avvicinarsi di una ricorrenza ancora esplosiva, i vertici del potere sono in fibrillazione e le forze dell’ordine hanno ricevuto l’ordine di blindare la nazione. Famigliari delle vittime di Tiananmen, dissidenti e sopravvissuti alle cariche di allora, sono già isolati, messi sotto controllo, o trasferiti con la forza lontano dalla capitale.
E’ a causa di questo clima di repressione preventiva che lo sciopero di Dongguan, in una data ad alta sensibilità politica, ha fatto temere ai dirigenti comunisti lo scoppio di simboliche proteste di massa anche nel resto del Paese. A fine febbraio la metropoli industriale del Sud, vicina a Shenzhen e a Hong Kong, è già stata scossa dall’operazione “Spazzare via il giallo” ordinata dal presidente Xi Jiping. Nel mirino 300 mila prostitute del più grande mercato a luci rosse del pianeta, primo business della regione. Era insorta l’intera città, preoccupata che i sigilli ai bordelli avrebbero messo in ginocchio l’economia. Questa volta a ribellarsi sono invece gli operai della Yue Yuen, colosso mondiale delle scarpe con proprietà a Taiwan, come la vicina Foxconn, gigante dell’elettronica nota come «la fabbrica dei suicidi ». Diecimila dipendenti su 60 mila hanno bloccato due dei dieci stabilimenti per denunciare condizioni di lavoro disastrose e il mancato pagamento dei contributi per sanità, casa e pensione. E’ il nervo scoperto della Cina di oggi: oltre 400 milioni di operai migranti, privi di welfare perché la legge lo assicura solo nel luogo di nascita.
A innescare la rivolta, l’ennesimo infortunio di un giovane operaio. Cui Tiangang, simbolo dello sciopero, solo dopo il ferimento in reparto ha scoperto che l’azienda non versava l’extra per assicurarlo. Il governo da mesi promette di riformare l’odiato istituto dell’ hukou, ma si scontra contro funzionari locali e industriali, che non vogliono costi aggiuntivi. Ieri migliaia di persone hanno marciato per le strade chiedendo «assistenza», «casa» e le condizioni per ricongiungere le famiglie, esplose con l’urbanizzazione forzata. Per arginare le manifestazioni sono intervenuti reparti speciali della polizia e cani anti-sommossa: decine gli operai che hanno denunciato «pestaggi e torture», non verificabili. I vertici della Yue Yuen per tutto il giorno si sono rifiutati di trattare, ma la pressione di partito e mercato globale a tarda sera sembra aver aperto un varco alle trattative.
La multinazionale, che ha stabilimenti anche in Vietnam, Indonesia, Messico e Usa, produce le scarpe sportive per i marchi più famosi, tra cui Adidas, Nike, Puma, Reebok, New Balance, Timberland, Asics e Crocs. Lo sciopero degli operai di Dongguan, dove si cuciono 300 milioni di scarpe all’anno, rischia di lasciare scalzo l’Occidente. A poche settimane dal 4 giugno, per Pechino il pericolo è però prima di tutto arrivare all’anniversario di Tiananmen con una Cina che cresce sempre meno, in rivolta contro la corruzione dei dirigenti e percorsa da rinnovate tensioni sociali. La saldatura tra dissenso politico e rivolte operaie: un’opposizione che i successori di Mao sono decisi ad impedire, ancora una volta a qualsiasi prezzo.

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[Fonte: dirittiglobali.it] [Foto: weibo.com]

Messaggio modificato da Kiny0 il 21 June 2014 - 09:38 AM

>>AIUTATEMI, CONSIGLIATEMI DEI FILM!!<<


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Traduzioni "Cinema Asiatico": Legend of the Wolf (Hong Kong; 1997); Shaolin Mantis (Hong Kong; 1978); Crippled Avengers (Hong Kong; 1978); Five Element Ninjas (Hong Kong; 1982); Opium and the Kung Fu Master (Hong Kong; 1984); Rikidōzan (Corea del Sud; 2004); Empress Wu Tse-Tien (Hong Kong; 1963); Shaolin and Wu Tang (Hong Kong; 1983); The Shaolin Temple (Hong Kong; 1982); The Kid from the Big Apple (Malesia; 2016); Slice (Thailandia; 2009); Tiger on the Beat (Hong Kong; 1988); Hand of Death (Hong Kong; 1976);

Traduzioni "L'altro Cinema": Dancehall Queen (Giamaica; 1997); Khadak (Belgio; 2006); Dragon Ball Z: Light of Hope (USA; 2014); Sleeping Dogs: Live Action (USA; 2012); One Love (Giamaica; 2003);


"Escape from Babylon"


#2 polpa

    It’s Suntory Time!

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Inviato 23 April 2014 - 02:49 PM

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#3 Îshta

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Inviato 24 April 2014 - 10:36 AM

Un realtà poco conosciuta....sia in oriente, sia in occidente.
Io non ho visto alcun riferimento all'episodio nei nostri Tg.

Grazie Darkou.


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(l'immagine simbolo della primavera cinese - 1989)


Messaggio modificato da Îshta il 24 April 2014 - 10:39 AM

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Traduzioni: Mai Mai Miracle (di Sunao Katabuchi, 2009) - Happy Ero Christmas (di Lee Geon-dong, 2005) - Flower in the Pocket (di Liew Seng Tat, 2007) - Summer Vacation 1999 (di Shusuke Kaneko, 1988) - Haru's Journey (di Masahiro Kobayashi, 2010) - Otona Joshi no Anime (Special 1, 2011) - Usagi Drop (di Sabu, 2011) - Yellow Elephant (di Ryuichi Hiroki, 2013) - We Were There parte 1&2 (di Miki Takahiro, 2012) - Cherry Tomato (di Jung Young-Bae, 2007) - The Assassin (di Hou Hsiao-Hsien, 2015) - 100 Yen Love (di Masaharu Take, 2014), Fruits Of Faith (di Yoshihiro Nakamura, 2013) - Umi No Futa (di Keisuke Toyoshima, 2015), Close-Knit (di Ogigami Naoko, 2017), Run Genta Run (di Tasaka Tomotaka, 1961)
Traduzioni in Collaborazione: Love For Live (di Gu Changwei, 2011) - Typhoon Club (di Somai Shinji, 1985) - Inochi (di Tetsuo Shinohara, 2002)
Revisioni: Tenchi: The Samurai Astronomer (di Takita Yojiro, 2012)
Drama: Seirei no Moribito (2016-2017), Chang-Ok Letter (di Iwai Shunji, 2017)

FOCUS SOMAI SHINJI: Sailor Suit and Machine Gun (1981) - The Catch (1983) - Moving (1993) - The Friends (1994)








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#4 Darkou

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Inviato 24 April 2014 - 07:38 PM

Aggiornamento del 24/04/2014

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Ventimila lavoratori in piazza da 10 giorni alla Yue Yuen, colosso che copre un quinto della produzione mondiale di scarpe da ginnastica, e rifornisce grandi marchi come Nike e Adidas. Le multinazionali in difficoltà costrette a spostare la produzione



La più grande azienda di produzione di scarpe da ginnastica del mondo, la Yue Yuen, che rifornisce Nike e Adidas, e dalla quale escono circa un quinto delle scarpe da ginnastica del mondo, è stata costretta ad interrompere la produzione della gigantesca fabbrica di Dongguan, nella provincia del Guangdong, in Cina, perché gli operai sono in sciopero da dieci giorni e chiedono migliori condizioni di lavoro.
Circa ventimila operai sono scesi in piazza bloccando la produzione e il sindacato pubblico cittadino ha inviato un documento ufficiale nel quale sostiene le richieste dei lavoratori, spiegando che la società deve pagare le assicurazioni sociali arretrate a tutti i lavoratori, creando così un precedente importante.
Al momento, però, non c'è risposta dalla proprietà, la taiwanese Pou Chen, che aveva promesso di pagare circa 30 euro al mese in benefici sociali se gli operai fossero tornati al lavoro. Cosa che invece al momento non avviene, anche perché i dipendenti non credono a queste promesse, tanto che la società si è riservata il diritto di licenziare gli operai che per tre giorni consecutivi non hanno lavorato.
Le autorità per ora tacciono, c'è stato un minimo intervento da parte della polizia, che ha operato alcuni arresti. Due in particolare di esponenti di organizzazioni non governative che si battono per i diritti dei lavoratori e che sono stati messi sotto la forma della "detenzione leggera".
Secondo il Financial Times, le dimensioni dello sciopero alla Yue Yuen non ha precedenti in Cina. “E' importante semplicemente per la sua ampiezza che lo rende piuttosto inusuale” commenta Geoff Crothall del China Labour Bulletin, gruppo impegnato per i diritti dei lavoratori cinesi.
E in effetti, viste le sue dimensioni, lo sciopero sta creando problemi alle multinazionali, che aspettano i semilavorati dalla Yue Yuen per confezionare le loro scarpe. L'Adidas ha già spostato parte della produzione in un altro stabilimento fuori dal Guangdong.

[Fonte: rassegna.it]

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Traduzioni "Cinema Asiatico": Legend of the Wolf (Hong Kong; 1997); Shaolin Mantis (Hong Kong; 1978); Crippled Avengers (Hong Kong; 1978); Five Element Ninjas (Hong Kong; 1982); Opium and the Kung Fu Master (Hong Kong; 1984); Rikidōzan (Corea del Sud; 2004); Empress Wu Tse-Tien (Hong Kong; 1963); Shaolin and Wu Tang (Hong Kong; 1983); The Shaolin Temple (Hong Kong; 1982); The Kid from the Big Apple (Malesia; 2016); Slice (Thailandia; 2009); Tiger on the Beat (Hong Kong; 1988); Hand of Death (Hong Kong; 1976);

Traduzioni "L'altro Cinema": Dancehall Queen (Giamaica; 1997); Khadak (Belgio; 2006); Dragon Ball Z: Light of Hope (USA; 2014); Sleeping Dogs: Live Action (USA; 2012); One Love (Giamaica; 2003);


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#5 Darkou

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Inviato 29 April 2014 - 07:18 PM

Aggiornamento del 29/04/2014

Da due settimane i lavoratori cinesi della Yue Yuen, il principale produttore mondiale di scarpe da ginnastica che lavora per committenti del calibro di Nike e Adidas, sono in sciopero. La protesta è motivata dal mancato pagamento da parte dell’azienda dei contributi per l’assicurazione sociale degli operai, che ora chiedono giustizia.
di Marco Zerbino.
Non accenna a fermarsi l’ondata di scioperi di massa che ha investito nelle ultime settimane la fabbrica cinese di scarpe da ginnastica Yue Yuen, di proprietà del gruppo taiwanese Pou Chen e collegata a giganti del settore quali Nike, Adidas, Timberland, Asics e molti altri. Il numero dei lavoratori che hanno incrociato le braccia sembra aver raggiunto attualmente le 48.000 unità, soprattutto dopo che dal complesso produttivo di Dongguan, la città della provincia del Guangdong in cui la protesta è cominciata lo scorso 14 aprile, il blocco della produzione si è esteso lunedì 21 aprile allo stabilimento situato nella provincia limitrofa di Jangxi. Alcuni attivisti hanno ora lanciato una campagna di solidarietà internazionale con gli scioperanti, che negli ultimi giorni si sono trovati a dover fronteggiare la repressione messa in campo dallo Stato cinese, con scontri di piazza, arresti e la sparizione di due membri del centro per i diritti dei lavoratori ChunFeng. Questi ultimi, da quanto è emerso, avevano avuto un ruolo molto attivo nell’aiutare gli operai delle due fabbriche ad organizzare quello che secondo molti è il più grande sciopero di massa verificatosi in Cina dall’inizio, a fine anni Settanta, dell’era delle riforme di mercato.
Lo sciopero nasce dalle richieste dei lavoratori del complesso produttivo di Dongguan, che a inizio mese hanno scoperto che i propri contratti di lavoro erano sostanzialmente fasulli e che l’azienda aveva omesso per quasi vent’anni di pagare i contributi necessari a consentire loro di godere dei benfici dell’assicurazione sociale. Il valore delle quote sottratte dall’azienda al pagamento delle assicurazioni delle maestranze non è stato calcolato con precisione, ma raggiunge verosimilmente cifre da capogiro, e gli operai chiedono sostanzialmente che venga loro restituito tutto l’ammontare sottrattogli negli anni. "La questione che preoccupa questi lavoratori", ha spiegato al Guardian Geoff Crothall del China Labour Bulletin, un’organizzazione non governativa con sede a Hong Kong, "è in realtà molto diffusa in tutto il paese. In questo caso l’azienda almeno pagava una parte dei contributi, anche se non si trattava di tutto il dovuto, ma ci sono altre situazioni nelle quali ci siamo imbattutti in cui non viene pagato nulla".
"L’attuale ondata di scioperi", prosegue Crothall, "è in gran parte motivata dal fatto che molte fabbriche che operano in Cina stanno attualmente chiudendo, delocalizzando o cambiando proprietario … Ancora cinque anni fa gli scioperi in Cina nascevano per lo più in relazione alla richiesta di aumenti salariali. Oggi, tuttavia, l’attenzione dei lavoratori si concentra soprattutto sullo scenario che rischia di verificarsi nel caso in cui la loro azienda chiuda i battenti. ‘Cosa ci verrà corrisposto dopo la chiusura?’, si chiedono in molti. ‘Avremo l’assicurazione sociale a cui abbiamo diritto a norma di legge?’".
La reazione dell’azienda, che è considerata il più grande produttore mondiale di scarpe da ginnastica e lavora per marchi del settore tanto importanti quanto possono esserlo a livello globale Nike e Adidas, non ha finora soddisfatto i lavoratori di Dongguan, in solidarietà con i quali sono scesi in sciopero anche gli operai Yue Yuen della vicina provincia di Jangxi. Il portavoce dell’azienda George Liu ha dichiarato nei giorni scorsi che la ditta è pronta ad innalzare la propria quota destinata al finanziamento del sussidio governativo per i lavoratori di 230 yuan (circa 26 euro) e a far partire dal prossimo primo maggio un piano che contempla nuovi benefit per la sicurezza sociale. Tale proposta non ha comportato la fine degli scioperi e, secondo Xiang Feng, lavoratrice ventottenne della Yue Yuen, essa è destinata ad essere respinta almeno dall’80% dei lavoratori che "rischiano in tal modo di mettersi in tasca alla fine del mese uno stipendio sostanzialmente invariato o forse addirittura minore di prima".
Anche la repressione dello Stato cinese non si è fatta attendere. Intorno allo stabilimento di Dongguan nei giorni scorsi poliziotti in assetto antisommossa hanno tentato di "dissuadere" gli operai in sciopero dal tenere assembramenti. Si sono quindi verificati diversi scontri con le forze dell’ordine, arresti e la sparizione di Zhang Zhiru e Lin Dong, due attivisti del centro per i diritti dei lavoratori ChunFeng ("vento di primavera") che ha sede a Shenzen. Entrambi hanno svolto negli ultimi giorni un ruolo fondamentale nell’aiutare i lavoratori della Yue Yuen ad organizzare la protesta e a formulare le proprie rivendicazioni. Zhang, che è stato più volte fermato e detenuto in passato dalle autorità cinesi, lo scorso 21 aprile aveva incontrato i lavoratori in sciopero insieme ad un avvocato che collabora con il centro ChunFeng. Secondo la moglie di Zhang, raggiunta dalla Reuters, anche Lin Dong, un collega di Zhang che lavora con lui al centro, potrebbe essere scomparso.
Attualmente i lavoratori in sciopero non hanno una rappresentanza formale. La confederazione dei sindacati cinesi, controllata dal regime, ha creato un gruppo di lavoro per seguire la vicenda della Yue Yuen e sta conducendo un’indagine nelle sue fabbriche, i cui risultati tuttavia non saranno resi pubblici. Nel frattempo, alcuni gruppi di attivisti impegnati in difesa dei diritti dei lavoratori che seguono la vicenda da Hong Kong hanno lanciato una campagna di solidarietà internazionale con gli operai della Yue Yuen in sciopero che punta a colpire direttamente, oltre all’azienda, i marchi che ad essa commissionano la propria produzione. La richiesta a tutti coloro che vogliono sostenere i lavoratori in lotta è quella di fare pressione su grandi brand come Adidas, Nike e Timberland tramite lettere, proteste e volantinaggi di fronte ai punti vendita di queste aziende presenti nelle grandi città occidentali. Allo stesso scopo è stato lanciato anche un ashtag, #ChinaSolidarity, da diffondere il più possibile su Facebook e Twitter.

[Fonte: repubblica.it]

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