Storia e privato si intrecciano nella dolente messa in scena di un'implosione una e trina (quella di una famiglia patriarcale, quella dei retaggi di un pezzo della società giapponese del dopoguerra e quella di un uomo che non riesce a realizzarsi nell'ambiente in cui si è ritrovato a vivere). Lo schermo diventa teatro di sentimenti reconditi, che Oshima rende a volte impalpabili, altre volte tangibili, altre volte ancora polisemici. In filigrana si intravede il credo di un regista che guarda alla vita come a un continuo ping-pong tra eros e thanatos (di cui le cerimonie rappresentano il sunto), mentre in superficie emerge una grande sapienza tecnica nello sfruttare gli spazi come contrappunto alle vicende (straordinarie le scenografie di matrice espressionista). Due ore di sano cinema d'autore che fa bene al cervello e agli occhi.
Voto: 7,5
Dan, grazie per l’ennesima chicca.
Messaggio modificato da François Truffaut il 15 November 2007 - 05:42 PM