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[RECE][SUB] Day Dream

Traduzione di Shimamura81 - Revisione di Battleroyale

10 risposte a questa discussione

#1 Shimamura

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Inviato 11 January 2010 - 12:27 PM

Day-Dream

(Sogno ad occhi aperti)

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"Colui che sogna ad occhi aperti sa di molte cose che sfuggono a quanti sognano solo dormendo."

Edgar Allan Poe

(Lenore) Allega file  Daydream.Ita.rar   4.71K   86 Numero di downloads

Introduzione. In un periodo storico molto complesso, in un Giappone non ancora ripresosi dalla sconfitta, in un Giappone oramai sottomesso alla potenza americana, comincia quasi inconsapevolmente a prender forma quel movimento di ribellione che nel corso del decennio successivo avrebbe sconvolto l'arcipelago nipponico. Siamo alla fine degli anni 50, quasi 60, ed il rinnovo del trattato nippo-americano sulla presenza delle basi militari statunitensi nell'arcipelago scatena la rabbia popolare e comporta l'ascesa politica della sinistra nazionale: il PCJ (che comunque alle elezioni non andrà mai oltre un discreto 10%). Si tratta di quegli anni splendidamente raccontati, anche se in modo "indiretto", nella tetralogia di film realizzati da Oshima Nagisa per la Shochiku nei primi anni 60 (basti ricordare l'ultimo: Notte e nebbia del Giappone [ Nihon no yoru to kiri ( 日本の夜と霧 )]. In tale contesto la ribellione investe il cinema anche nella sua forma, portando alla nascita di un nuovo genere: il pinku eiga ( ピンク映画 ). Il pinku più o meno potrebbe essere definito come un film soft-core a basso costo, soggetto alle regole di censura imposte dall'Eirin (映倫) [Eiga Rinri Katei Jinkai (映画倫理管理委員会), codice dell'etica cinematografica della commissione amministrativa, una sorta di commissione di autocensura, padroneggiata dalle major cinematografiche nazionali). I primi segni di questa rivoluzione "sessuale" si hanno con il film del 1964, Il portale della carne [Nikutai no mon (肉体の門)], del grandissimo Suzuki Seijun, che però non ha nulla a che vedere con il genere pinku, in quanto la presenza, per la prima volta su schermi nipponici, di un nudo, ha per lo più finalità narrative (sic!), ed il film era rivolto ad un pubblico popolare. Il primo vero pinku è attribuito invece a Kobayashi Satoru, che con due anni di anticipo su Suzuki affronta il tema dell'erotismo nel cinema nazionale, con l'opera Il mercato della carne [Nikutai no ichiba (肉体の市場)], che non lascia il segno, a dir la verità, ma sprona altri autori a continuare nella stessa direzione (1). Ne venne fuori un'ondata di pinku eiga, spesso inguardabili, altre volte di grande impatto, in quanto ascritti di pieno diritto a quel genere di film di carattere sovversivo\reazionario appartenenti alla nouvelle vague. Fu per questo che ben presto anche le major si interessarono al genere. La Shochiku fu la prima di esse a capire la portata di un genere filmico che, a tutt'oggi, rappresenta 1\3 della produzione cinematografica nazionale e decise, nel 1963, di finanziare un pink film ad alto budget. Il compito di scriverlo e dirigerlo venne affidato ad uno dei massimi esperti di teatro classico dell'epoca: Takechi Tetsuji.

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Takechi Tetsuji ( 武智 鉄二 ). Nato Kawaguchi Tetsuji, ad Osaka, il 10 dicembre del 1910, figlio di un industriale, si laurea in economia nel 1936. Dopo aver iniziato a scrivere e collaborare per più riviste culturali, nel 1949 Takechi, pseudonimo assunto come tradizione, all'epoca, voleva per chi intraprendeva la carriera "artistica", fonda una compagnia teatrale di kabuki, chiamata: "Takechi Kabuki", che realizzerà varie performance in tutta Osaka fino al 1955. È un periodo molto difficile, questo, per il teatro tradizionale giapponese, sottomesso al giogo della censura americana, pronta a colpire qualsiasi opera culturale in cui fossero presenti richiami all'epoca feudale e\o estrema violenza. Vittima principale fu proprio il teatro kabuki, mentre altre forme, come il noh, il bunraku (teatro delle marionette) e il kyogen (sorta di teatro stile noh, di carattere comico, che fungeva da intermezzo alle rappresentazioni principali) ebbero vita più facile, viste le proprie tematiche. In un contesto simile Takechi apportò una vera e propria rivoluzione al teatro nipponico, influendo sullo stile narrativo, sradicando i confini tra i generi, e portandoli a contaminarsi tra di loro. Inoltre dà una nuova interpretazione ai testi classici e alla tecnica recitativa degli attori, a cui chiede di concentrarsi particolarmente nell'immedesimazione col proprio ruolo, al fine di dare maggior rilievo alla resa psicologica del personaggio. La modernizzazione del teatro tradizionale giapponese operata da Takechi non tarda a mettere in luce l'autore, che non si limita a trasporre testi tradizionali, ma che scrive e dirige personalmente numerosi kyogen, e adatta in lingua giapponese molti testi del teatro europeo, ottenendo il plauso anche di personalità del mondo della cultura come Kawabata, Tanizaki e Mishima. La fama di Takechi cresce fino al punto che la Nippon Television nel 1957, gli affida uno spettacolo tutto suo, della durata di un'ora circa, in cui poteva interpretare classici del teatro a suo piacimento, come il Chushingura. Tali spettacoli si rivelano estremamente innovativi per la televisione nipponica, in quanto Takechi vi affrontava, per la prima volta, anche tematiche come la sessualità. Dalla televisione al cinema, il passo è breve. Considerando sé stesso come un outsider del cinema, Takechi decide di incominciare la propria carriera proprio con i pinku eiga. In effetti l'ostracismo culturale di cui tali film erano vittima gli riportava alla mente quello stesso ostracismo che colpì in epoca Tokugawa il teatro kabuki, accusato di attentare, per così dire, alla moralità dei costumi della popolazione. Il primo film, risalente al 1963 è Una notte in Giappone: storia di una donna [Nihon no yoru: Onna onna onna monogatari, (日本の夜 女・女・女物語), conosciuto in Italia anche come: Le meravigliose donne di un Giappone fantastico. In inglese: A Night In Japan: Woman, Woman, Woman Story. Il film uscì negli Stati Uniti col titolo:Women... Oh, Women!]. Il film non aveva contenuti "eccessivamente" scabrosi, e perciò la Shochiku ne favorì anche la distribuzione all'estero (oltre che negli U.S.A., il film si è visto anche in Germania). Le cose cambiano nel 1964, quando Takechi ottiene, grazie al successo del suo primo film, la possibilità di girare un pinku ad alto budget. Ne girerà invero due, Daydream ed Il sogno della camera rossa [ Kokeimu (红闺梦)], che solo di nome è ispirato all'omonima opera della letteratura cinese di Ts'ao Hsueh-Ch'in. Se Daydream fu il primo film della storia nipponica ad essere oscurato tramite textures, a causa della presenza, seppur per pochi secondi, di una scena in cui apparivano peli pubici (ma dove poi?), peggio andò al secondo, che venne mutilato di ben venti minuti di negativo (purtroppo oggi andati perduti) dall'Eirin, nonostante le numerose proteste, anche per vie legali, di Takechi. L'atteggiamento della censura nipponica si giustificava in relazione all'avvio dei giochi olimpici del 1964, che avevano sede proprio a Tokyo. Era chiaro che in tale contesto, siamo ad appena venti anni dalla fine della guerra, il Giappone ci tenesse a fare bella figura con gli stranieri, e non vedesse di buon occhio "certe" provocazioni cinematografiche. Non stupirà, quindi, il clamore suscitato dal quarto film del regista, del 1965: La neve nera [Kuroi yuki (黒い雪)]. Kuroi yuki narra la storia di un giovane la cui madre si prostituisce all'interno di una base militare americana in Giappone. Il climax del film si ha con l'omicidio da parte del figlio della prostituta di un soldato americano e con la morte del giovane ad opera dell'esercito statunitense. Se si tiene conto della presenza di numerose scene erotiche, della presenza di un popolo occupante (gli americani) e del fatto che la vittima è per giunta un afro-americano, facendo due più due non stupisce che non solo il film venne ritirato dalle sale, ma Takechi venne arrestato e processato per oscenità, bollato come razzista e ultranazionalista. D'altronde il film, come ammetterà lo stesso autore alcuni anni dopo, era una metafora del rapporto tra occupato e occupante, e della frustrazione e rabbia che naturalmente il popolo giapponese provava in tale situazione (non dimentichiamo il recente rinnovo, in quegli anni, del trattato nippo-americano!). Dopo un processo conclusosi nel 1967, e che vide attivarsi in difesa di Takechi personalità come Mishima Yukio, Wakamatsu Koji, Suzuki Seijun, Oshima Nagisa e Abe Kobo, il regista venne assolto, ma essendo chiare le motivazioni politiche, più che morali, alla base di esso, lo stesso Takechi, dopo altri tre film, anche a causa della campagna mediatica svolta dalla stampa filo-governativa contro di lui, nel 1968, decide di lasciare la carriera cinematografica e di ritornare al teatro. Nel 1981, tuttavia l'autore ritorna al cinema, proprio con un remake del suo capolavoro: Daydream, con la famosa attrice Aizome Kyōko e nel 1983, con La cortigiana [Oiran (華魁 )]. L'ultimo film è del 1987, un sequel di Daydream [Hakujitsumu zoku (白昼夢2)]. Takechi Tetsuji muore, a causa di un cancro, l'anno dopo, il 26 luglio (2). Immagine inserita

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Daydream (Sogno ad occhi aperti). Hakujitsumu (白日夢), questo il titolo originale del film, prende spunto da un omonimo racconto di Tanizaki Jun'Ichiro, pubblicato nel 1926. Tanizaki e Takechi si erano conosciuti all'epoca del Takechi Kabuki. Il grande scrittore, in quegli anni aveva realizzato anche alcune sceneggiature per il cinema, ma Takechi, tuttavia, mantenne l'assoluto controllo sulla storia, non permettendo a Tanizaki di collaborare alla sceneggiatura. Il risultato è un film che effettivamente esce un po' fuori dagli schemi del racconto originale, distaccandosene in moltissimi punti. Il film viene presentato a Venezia, nel 1964, ma non viene ammesso in concorso al festival. Otterrà tuttavia recensioni molto positive (Variety parlerà di "un piccolo gioiello"). Importato negli Stati Uniti, il film attirò l'attenzione del regista Joseph Green, che nel 1966 ne girerà, con l'aggiunta di moltissime scene erotiche, un omonimo (quanto anonimo) remake. Nel 1965, invece, fu il coreano Yu Hyun-mok a girarne un remake: Un sogno insignificante [Chunmong (춘몽)], che non venne mai distribuito. Il governo coreano infatti lo ritirò dalle sale e arrestò, sempre con l'accusa di oscenita, ma nascondendo in realtà motivazioni politiche, Yu. Il film è stato mostrato per la prima volta nel 2004, ottenendo recensioni molto favorevoli, in quanto diverso dall'originale. Yu infatti pone l'accento maggiormente sull'aspetto surreale della vicenda, creando un'opera che visivamente tende molto verso, come è stato fatto notare, l'espressioninsmo tedesco. In patria Hakujitsumu ottiene un successo di pubblico insperato, pur attirandosi critiche dai benpensanti, dall'Associazione Nazionale Dentisti Giapponese (poiché il sadico protagonista nel film esercitava tale professione...), e dallo stesso Tanizaki... La trama del film, onirica (giustamente...) e surreale confonde lo spettatore, che non riesce a rendersi conto di cosa è reale e di cosa, al contrario, appartenga al mondo del sogno. In pochi minuti si è trascinati in un incubo, dove la nostra protagonista, Chieko, magnificamente interpretata da Michi Kanako, si ritrova coinvolta in una storia di sopraffazioni e umiliazioni, ad opera del nostro sadico dentista. In tutto questo, naturalmente, non poteva mancare l'eroico principe, Kurahashi (forse l'autore del sogno...), che seppur spesso costretto, non senza un perverso piacere, ad assistere alle violenze subite da Chieko, cercherà fino alla fine di salvarla (ma Chieko, vuole essere davvero salvata?), per poterla, egoisticamente (non tutti gli eroi sono anche altruisti...), averla solo per sé. Il drammatico finale dimostrerà che in fondo per poter salvare qualcuno bisogna essere in due... Ma qual è il finale? Qual è la verità? È stato solo un sogno, o forse un incubo... o forse abbiamo visto quello che sta per succedere, o che potrebbe succedere... Difficile dirlo, perché il regista si diverte a confonderci... In fondo la trama è abbastanza semplice, ma è l'approccio adottato ciò che rende unico il film. Per cominciare, Kurahashi sembra introdursi in questo sogno ad occhi aperti più come un semplice voyeur che come protagonista attivo. Non solo, ma vede se stesso come fosse un eroe impotente per quasi tutta la durata del film. Desidera Chieko, ma non riesce a salvarla dal suo luciferino amante\padrone. Tuttavia, il fatto stesso che Kurahashi sogni sé stesso sempre ad "osservare" le disavventure sessuali della povera (?) Chieko, costituisce una novità per il grande schermo, nonché uno dei punti di forza del film. Il voyeurismo di Kurahashi, infatti, non pone l'accento sulla donna in quanto oggetto del desiderio maschile, ma in quanto figura continuamente umiliata, da un punto di vista soprattutto sessuale, sul grande schermo come nella vita. In tal senso il voyeurismo di Kurahashi richiama l'attenzione sul fatto che noi, in quanto spettatori, non siamo altro che semplici guardoni, non meno colpevoli di chi perpetua tali violenze, perché in fondo la cosa tutto sommato ci piace o ci fa comodo. Altrimenti perché continuare a guardare? Questa rottura con i classici metodi di interpretazione dei cliché erotici provoca immediatamente un senso di disagio. Come Kurahashi, lo spettatore è impotente, incapace di salvare Chieko. Costantemente esposti al suo dolore ed alla sua sofferenza, noi, come Kurahashi, non possiamo fare assolutamente nulla. Una reazione interiore, questa, molto forte, che tende a sopraffarci, e che, come già detto, prende le distanze da qualsiasi tentativo di strumentalizzazione della figura femminile... Nell'ultima parte del suo sogno, Kurahashi sembra volersi ribellare a tale senso di impotenza, e con un gesto, metafora dell'atto sessuale, pugnala\uccide\possiede Chieko nel bel mezzo della strada, dove un gran numero di persone passa senza prestare alcuna attenzione alla cosa. Anche dopo il suo gesto disperato, eseguito di impulso e non in quanto segno dei suoi reali sentimenti per Chieko, il nostro eroe rimane impotente, incapace di cambiare il mondo intorno a lui. Il film ha un ritmo costante e in realtà le scene erotiche sono presenti sullo schermo in quantità molto minore rispetto alla stragrande maggioranza dei pinku, anche contemporanei ad esso. Chieko viene terrorizzata per tutta la durata del film, ma il climax di tale terrore è raggiunto in specie in quella deliziosa serie di eventi che si verificano in un reparto vuoto di un magazzino, nel cuore della notte. La colonna sonora è adoperata al minimo, ed è straordinaria nel rappresentare le emozioni dei personaggi, ora toccando toni quasi psichedelici (ma qualcuno, un po' forzatamente a mio modo di vedere, parlerebbe di avant-garde) nelle scene più forti del film, ora toccando tonalità jazzistiche nelle malinconiche performance musicali della stessa Chieko, prima davanti ad un microfono, poi dinnanzi ad un piano... Al di fuori di una singola scena, girata a colori per aumentarne l'impatto emotivo (una tecnica, questa, molto apprezzata ed utilizzata dalla Nouvelle vague nipponica capeggiata da Oshima, ma poi riutilizzata con una certa frequenza anche da altri maestri di genere, come Wakamatsu Koji), la fotografia è in bianco e nero, allo scopo anche di porre in risalto il bianco della pelle rispetto all'oscurità dello sfondo nero della notte. Ma ciò che resta di questo film è l'impatto emozionale degli eventi, ed il conflitto interiore di cui abbiamo parlato (eccitazione sessuale contro l'impotenza implicita nell'essere un voyeur) che riescono nell'intento di aumentare vertiginosamente il nostro turbamento interiore. Nel finale di nuovo un rovesciamento della realtà, la telecamera rivela i segni del morso lasciati dal dentista sul corpo di Chieko... La donna copre il segno con un fazzoletto e sorride. Poi la macchina parte... Ma allora il sogno di chi è stato? Sembrerebbe quasi che sia stata la donna a sognare! Ma in tal modo verrebbe ribaltato tutto quello che abbiamo detto finora! Ma in fondo a noi che importa chi ha sognato chi... Un'ultima nota (ancora?) sul remake ad opera dello stesso Takechi del 1981. Il film tratta la stessa storia del primo, con l'unica differenza che in quest'ultimo non solo le scene erotiche sono presenti in maggior numero, ma addirittura trattasi di scene ad alto tasso erotico, al punto che il film, che ad onor di cronaca è posteriore al più noto, più bello, ma altrettanto scandaloso, Ecco l'impero dei sensi [Ai no korida (愛のコリーダ)] di Oshima, del 1976, venne considerato dalla critica giapponese come il primo film pornografico nella storia della cinematografia nazionale! In effetti il film presenta e insiste in scene molto più esplicite di quelle mostrate da Oshima, ed è forse proprio questo che impoverisce l'opera, la quale, seppur migliore di altre, tutto sommato non regge il confronto non solo con i precedenti lavori di Takechi, ma anche con buona parte di altri pinku così detti d'autore (ma non sono poi tutti i film "d'autore"?). Il film venne oscurato in patria nelle scene più scabrose, e tagliato nel resto del mondo, tranne in Olanda, dove circola ancora la versione integrale in cui sono state ripristinate le scene originariamente oscurate tramite textures.

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Note.
  • Sui pinku eiga, vedi questo interessante link.
  • Sull'universo di Takechi Tetsuji, vedi anche a quest'indirizzo.
Desidero inoltre ringraziare Battleroyale, non solo per la sua paziente revisione, ma anche per le preziose immagini. Grazie di cuore, amico mio. :em69: La versione sottotitoli è la "Cult movie", di circa 920 MB Allega file  Daydream.Ita.rar   4.71K   86 Numero di downloads




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Messaggio modificato da fabiojappo il 05 June 2014 - 08:04 PM

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AsianCinema: Laura (Rolla, 1974), di Terayama Shuji; Day Dream (Hakujitsumu, 1964), di Takechi Tetsuji; Crossways (Jujiro, 1928), di Kinugasa Teinosuke; The Rebirth (Ai no yokan, 2007), di Kobayashi Masahiro; (/w trashit) Air Doll (Kuki ningyo, 2009), di Koreeda Hirokazu; Farewell to the Ark (Saraba hakobune, 1984), di Terayama Shuji; Violent Virgin (Shojo geba-geba, 1969), di Wakamatsu Koji; OneDay (You yii tian, 2010), di Hou Chi-Jan; Rain Dogs (Tay yang yue, 2006), di Ho Yuhang; Tokyo Olympiad (Tokyo Orimpikku, 1965), di Ichikawa Kon; Secrets Behind the Wall (Kabe no naka no himegoto, 1965) di Wakamatsu Koji; Black Snow (Kuroi yuki, 1965), di Takechi Tetsuji; A City of Sadness (Bēiqíng chéngshì, 1989), di Hou Hsiao-hsien; Silence Has no Wings (Tobenai chinmoku, 1966), di Kuroki Kazuo; Nanami: Inferno of First Love (Hatsukoi: Jigoku-hen, 1968) di Hani Susumu; The Man Who Left His Will on Film (Tokyo senso sengo hiwa, 1970), di Oshima Nagisa.
AltroCinema: Polytechnique (2009), di Denis Villeneuve ; Mishima, a Life in Four Chapters (1985), di Paul Schrader; Silent Souls (Ovsyanky, 2010), di Aleksei Fedorchenko; La petite vendeuse de soleil (1999), di Djibril Diop Mambéty; Touki Bouki (1973), di Djibril Diop Mambéty.
Focus: Art Theatre Guild of Japan
Recensioni per AsianWorld: Bakushu di Ozu Yasujiro (1951); Bashun di Ozu Yasujiro (1949); Narayama bushiko di Imamura Shohei (1983).

#2 feder84

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Inviato 11 January 2010 - 01:43 PM

:em41:
Grazie Shima...

Messaggio modificato da feder84 il 11 January 2010 - 01:45 PM

In una notte della tarda primavera del quinto anno dell'era Meiwa, finisco di scrivere quest'opera, accanto alla mia finestra, mentre, cessata la pioggia, è apparsa la luna appena velata; perciò, nell'affidarla al tipografo, la intitolo Racconti di pioggia e di luna.


Firmato: Seishi kijin
Sigillo: Shikyo kojin
Yugi Sanmai

#3 battleroyale

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Inviato 11 January 2010 - 02:13 PM

Ottimo film.
Ma le immagini che ti avevo mandato per la rece ? :em41:

Le posto qui tra un po', poi modifica il topic :em41:
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L'altro Cinema: Drawing Restraint 9 , La Concejala Antropofaga, Subjektitüde

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#4 battleroyale

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Inviato 11 January 2010 - 02:33 PM

Daydream: Sogno ad occhi aperti. Il capostipite del cinema pinku, quel cinema di rottura nella settima arte giapponese nato negli anni '60 e genere portante di veri e propri geni del cinema nipponico come Koji Wakamatsu o Hisayasu Sato, entrambi appartenti a quella splendida prima fase del genere: quella dorata e artistica, vero e proprio abbraccio tra bieco cinema erotico/pornografico e cinema artistico,altissimo ed intellettuale, lontano da nuovi pinku ("Lunchbox" e "Glamorous Life Of Sachiko hanai" esclusi) rozzi e con il solo pretesto di mostrare tette e culi a volontà e con destrezza.

"Daydream" è il precursore del lato artistico dei pinku: è un film sfacciato, silenzioso, notturno, macabro e inquietante, in grado di scioccare anche oggi. Un incredibile spaccato sulla perversione urbana, fredda e borghese, fotografata in un bianco e nero scuro che esplode in un flusso improvviso e vulcanico di colore nella scena apice di dolore e passione.

"Daydream" non è un pinku, è il pinku, ma al contempo si allontana dal genere offrendo riflessioni profonde e d'alto livello. E' un film inspiegabile, lontano dal capolavorissimo, ma comunque bello e importante anche culturalmente parlando. Sicuramente da vedere, grazie ai suoi odivaghi surreali e ascettici e ad una regia di prim'ordine e ad una recitazione veramente notevole. Ottimo.


Visualizza MessaggioShimamura81, il 11 January 2010 - 12:27 PM, ha scritto:

Desidero inoltre ringraziare Battleroyale, non solo per la sua paziente revisione, ma anche per le preziose immagini. Grazie di cuore, amico mio. :em41:

Di Niente! :em41: :em41:
Piuttosto grazie a te per aver tradotto questo film pilastro di un genere che, fa pur parte del cinema giapponese. :em41: :em41:
Rece-capolavoro, come ti avevo già detto :em41:

[Mi sono permesso di togliere le foto dal tuo post perché finalmente Shimamura81 le ha aggiunte al suo, tutto è bene quel che finisce bene! Mille di questi SUB! Cignoman]

Messaggio modificato da Cignoman il 11 January 2010 - 05:24 PM

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#5 Cignoman

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Inviato 11 January 2010 - 02:37 PM

Grazie infinite ! ! ! Ancora tanti complimenti per la cura messa nella recensione e a presto per nuove traduzioni!

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#6 Shimamura

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Inviato 11 January 2010 - 08:09 PM

Grazie a tutti!
Takechi è una figura quasi dimenticata dalla storia del cinema, e solo recentemente la sua opera è stata oggetto di studi approfonditi.
Mi è sembrato giusto tributargli questa traduzione e questa recensione.

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AsianCinema: Laura (Rolla, 1974), di Terayama Shuji; Day Dream (Hakujitsumu, 1964), di Takechi Tetsuji; Crossways (Jujiro, 1928), di Kinugasa Teinosuke; The Rebirth (Ai no yokan, 2007), di Kobayashi Masahiro; (/w trashit) Air Doll (Kuki ningyo, 2009), di Koreeda Hirokazu; Farewell to the Ark (Saraba hakobune, 1984), di Terayama Shuji; Violent Virgin (Shojo geba-geba, 1969), di Wakamatsu Koji; OneDay (You yii tian, 2010), di Hou Chi-Jan; Rain Dogs (Tay yang yue, 2006), di Ho Yuhang; Tokyo Olympiad (Tokyo Orimpikku, 1965), di Ichikawa Kon; Secrets Behind the Wall (Kabe no naka no himegoto, 1965) di Wakamatsu Koji; Black Snow (Kuroi yuki, 1965), di Takechi Tetsuji; A City of Sadness (Bēiqíng chéngshì, 1989), di Hou Hsiao-hsien; Silence Has no Wings (Tobenai chinmoku, 1966), di Kuroki Kazuo; Nanami: Inferno of First Love (Hatsukoi: Jigoku-hen, 1968) di Hani Susumu; The Man Who Left His Will on Film (Tokyo senso sengo hiwa, 1970), di Oshima Nagisa.
AltroCinema: Polytechnique (2009), di Denis Villeneuve ; Mishima, a Life in Four Chapters (1985), di Paul Schrader; Silent Souls (Ovsyanky, 2010), di Aleksei Fedorchenko; La petite vendeuse de soleil (1999), di Djibril Diop Mambéty; Touki Bouki (1973), di Djibril Diop Mambéty.
Focus: Art Theatre Guild of Japan
Recensioni per AsianWorld: Bakushu di Ozu Yasujiro (1951); Bashun di Ozu Yasujiro (1949); Narayama bushiko di Imamura Shohei (1983).

#7 besciamella

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Inviato 11 January 2010 - 08:32 PM

Che respiro di sollievo quando vedo tradotto del "gran cinema".
Caro Shima complimenti per la scelta.
Sottotitoli per Asian: Golden Swallow (1968); Lady Hermit (1971)



#8 paolone_fr

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Inviato 13 January 2010 - 05:09 PM

Visualizza MessaggioShimamura81, il 11 January 2010 - 08:09 PM, ha scritto:

Grazie a tutti!
Takechi è una figura quasi dimenticata dalla storia del cinema, e solo recentemente la sua opera è stata oggetto di studi approfonditi.
Mi è sembrato giusto tributargli questa traduzione e questa recensione.
sembra interessante. bello lo sforzo per la recensione, sui contenuti non mi pronuncio.
domanda: quanto c'è di oshima in questo film?

#9 Shimamura

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Inviato 13 January 2010 - 05:53 PM

Grazie. :)

A guardarlo, caro paolone, forse può ricordare un po' l'Oshima dei tempi alla Shochiku, ma molto alla lontana, anche perchè il genere narrativo usato è molto diverso. Pensa appunto ai moti di rivolta di quel periodo, che seppur poco interessano i protagonisti dei primi film di Oshima, comunque sono sempre presenti sullo sfondo, mentre in Takechi la critica al sistema viene raccontata non con la critica politica, bensì con quella sociale.
In effetti, l'unica cosa che li accomuna è la critica al Giappone loro contemporaneo ed anche certe scelte stilistiche, dichiaratamente ispirate alla Nouvelle Vague. È da premettere, tuttavia, che Takechi non fu mai un esponente dichiarato di tale corrente, anzi, egli teneva a ribadire la sua assoluta autonomia da qualsiasi "corrente".
In questo senso fu ancora di più di Oshima, un "outsider" nel panorama cinematografico nipponico.

Se riesci, guarda il film. Sono molto interessato al parere degli utenti di Asian World su Day Dream.

Messaggio modificato da Shimamura81 il 13 January 2010 - 07:19 PM

Hear Me Talkin' to Ya




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AsianCinema: Laura (Rolla, 1974), di Terayama Shuji; Day Dream (Hakujitsumu, 1964), di Takechi Tetsuji; Crossways (Jujiro, 1928), di Kinugasa Teinosuke; The Rebirth (Ai no yokan, 2007), di Kobayashi Masahiro; (/w trashit) Air Doll (Kuki ningyo, 2009), di Koreeda Hirokazu; Farewell to the Ark (Saraba hakobune, 1984), di Terayama Shuji; Violent Virgin (Shojo geba-geba, 1969), di Wakamatsu Koji; OneDay (You yii tian, 2010), di Hou Chi-Jan; Rain Dogs (Tay yang yue, 2006), di Ho Yuhang; Tokyo Olympiad (Tokyo Orimpikku, 1965), di Ichikawa Kon; Secrets Behind the Wall (Kabe no naka no himegoto, 1965) di Wakamatsu Koji; Black Snow (Kuroi yuki, 1965), di Takechi Tetsuji; A City of Sadness (Bēiqíng chéngshì, 1989), di Hou Hsiao-hsien; Silence Has no Wings (Tobenai chinmoku, 1966), di Kuroki Kazuo; Nanami: Inferno of First Love (Hatsukoi: Jigoku-hen, 1968) di Hani Susumu; The Man Who Left His Will on Film (Tokyo senso sengo hiwa, 1970), di Oshima Nagisa.
AltroCinema: Polytechnique (2009), di Denis Villeneuve ; Mishima, a Life in Four Chapters (1985), di Paul Schrader; Silent Souls (Ovsyanky, 2010), di Aleksei Fedorchenko; La petite vendeuse de soleil (1999), di Djibril Diop Mambéty; Touki Bouki (1973), di Djibril Diop Mambéty.
Focus: Art Theatre Guild of Japan
Recensioni per AsianWorld: Bakushu di Ozu Yasujiro (1951); Bashun di Ozu Yasujiro (1949); Narayama bushiko di Imamura Shohei (1983).





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