A & A2 di Tatsuya Mori (1998-2001)
I due famosi documentari di Tatsuya Mori sul culto di Aum.
C'è una premessa da fare, questi due documentari non vogliono parlare di Aum e degli attacchi terroristici a loro legati, questa scelta deriva dal fatto che in quel periodo si era già detto tutto e il contrario di tutto sulla setta, quindi sarebbe stato superfluo. Mori sceglie una strada più 'umana', lui stesso realizza il documento con l'intenzione di cercare di capire che tipo di persone sceglie di entrare a far parte di un culto simile e che tipo di vita vi viene condotto all'interno.
Prima di vedere i documentari consiglio cmq di leggere qualcosa sulla vicenda se non si sa nulla a proposito, le pagine inglesi su wiki a proposito del culto e di Asahara possono bastare.
Nel primo documentario Mori si concentra soprattutto sulla figura di Araki, uno dei rappresentanti di Aum, quello che ci mette la faccia in poche parole e la vicenda copre il periodo post-attacco Sarin a Tokyo. Il secondo continua da dove è finito il primo, ma stavolta vengono mostrare le piccole comunità Aum formatesi dopo l'abbattimento delle sedi principali e il loro difficile rapporto con i locali.
Quello che ne esce fuori è che è troppo facile pensare che tutte le persone che entrino a far parte di simili culti siano costrette o subiscano il lavaggio del cervello (si pensi al successo di Scientology), ma anzi, molte di queste persone è gente normalissima che semplicemente non riesce (o non vuole) ad inserirsi nella società e nelle sue regole, e visto che parliamo del Giappone sappiamo bene quanto lì le regole della società siano fondamentali. Araki è un comunissimo giovanotto che non farebbe del male ad una mosca, educato, timido, che appare sinceramente turbato da quello che è successo, nel suo viso si scorge con chiarezza una certa confusione che si diventa via via più insicurezza, come se avesse smarrito la strada che aveva trovato con Aum.
Anche gli altri membri di Aum che la telecamera accompagna sono lontani dai mostri che dovrebbero essere, scherzano, hanno autoironia, Mori molte volte fa battute su alcuni meccanismi del loro culto e loro stanno tranquillamente al gioco. Queste scenette fanno capire quanto siano esseri umani normalissimi. O meglio, che come al solito, quelli al piano di sotto non hanno nulla da nascondere, quelli che comandano invece sì.
Ma i documentari mostrano anche uno spaccato della società giapponese, dalla polizia che usa metodi fascisti (nel primo c'è un arresto scandaloso) passando per i nazionalisti, dai commenti delle casalinghe ad un gruppo di studenti universitari che protesta contro il tentativo di legge da 1984 che ha cercato di far passare il governo. Non è una apologia di Aum, ci mancherebbe, Mori non si schiera mai (tranne nel caso dell'arresto), ma è normale provare una certa empatia per delle persone che non hanno fatto nulla di male. Così come è bello notare come in una piccola località i membri Aum abbiano fatto amicizia con i loro sorveglianti, a dimostrazione ancora una volta che non si parla di mostri. L'intento di Mori credo sia quello di non dare facili risposte ad una questione complicata, di far capire che non basta usare questa setta come capro espiatorio per risolvere tutti i problemi della società giapponese.