Naissance Et Maternité
Titolo: Naissance Et Maternité
Titolo Originale: Tarachime
Titolo Alternativo: Birth/Mother
Produzione: Giappone, 2006
Regia: Naomi Kawase
Con: Naomi kawase, Uno Kawase, Natsuki Kawase
Genere: Documentario- Drammatico- Corto
Durata: 38'
imdb: 6.7/10 (42 voti) http://www.imdb.com/title/tt0867447/
Versione: allzine
Traduzione: battleroyale
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Breve film della Kawase, che continua a raccontare la sua vita ad ogni film. In questo "Naissance", la regista affronta il duro colpo della morte della nonna che l'ha cresciuta in tenera età, in corrispondenza con la nascita e l'infanzia di suo figlio
Naomi Kawase continua a sfruttare l'arte del cinema come se fosse il suo stesso destino, fotografando ogni film some se fosse una diapositiva, un frammento della sua vita. Naomi in ogni suo film parla di sè, quasi come se il cinema fosse il suo stesso cuore e, anche nelle sue opere con una trama che si discosta dalla realtà per addentrarsi nell'invenzione (Mourning Forest, Nanayo, Shara) emerge l'anima di una regista che pare ispirarsi a caposaldi come Ozu o Hou Hsiao Hsien, ma sempre in grado di offrire una sua panoramica nella settima arte.
LA DONNA. L'OCCHIO. IL CINEMA.
Fulcro di questo film è senza dubbio l'amore verso la nonna (prozia) della regista, un punto di riferimento per una donna che ha sempre sofferto la mancanza di genitori e di una famiglia, tant'è che il film inizia proprio con uno scontro tra generazioni.
Parole dimenticate che feriscono e vengono riportate a galla solo dopo decadi di assoluto silenzio.
La Kawase filma tutto. Anche ciò che non dovrebbe (un parto materno ben in vista), ma non affonda mai nel vertice del disgusto riuscendo a creare un'opera estremamente coinvolgente, in grado di creare un abbraccio attorno allo spettatore.
Per ora è il suo miglior film che vedo, diretto, spettrale e così tremendamente intimo e realistico da pervadere il cuore.
Così come tutto il cinema di Naomi, anche qui più che star di fronte ad uno schermo, ad una barriera si ha la netta sensazione di conoscere quella gente in scena, di stare con loro.
Per loro si prova affetto. Uno strano affetto, perchè il cinema di Naomi è "casalingo", riprende la vita quotidiana e ne fa arte, incutendo malessere, timidezza, romanticismo, inquietudine, dolcezza, disperazione, amore, tutto insieme.
E il risultato è eccezionale.(rece scritta da me, dal mio blog di cinema asiatico fotolog.com/cinema_asiatico)
(da un articolo su Naomi Kawase della rivista cineforum, scritto da Maria Roberta Novielli)
Cresciuta senza genitori naturali, allevata da due anziani prozii in una natura apparentemente incontaminata e ricca di segni panteistici, Kawase soffre di un'assenza: le manca il tormento della generazione- quella di suo padre e di sua madre- che ha rifiutato l'autistico abbandono alla tradizione per ridefinire invece il mondo come ipertecnologica scatola di risonanza dei sentimenti. Incapace di esprimersi con agilità per mezzo delle icone coniate dai più giovani, attraverso il cinema tenta di riguadagnare il senso della "parola". La definizione del visibile nella dimensione del quotidiano, soprattutto, che per la sua ricchezza quantitativa è composto ormai da nomi per lei incomprensibili, viene riesplorato, rivalutato e ludicamente rinomato attraverso quelle immagini che conosce meglio, quelle della natura a lungo osservate con i suoi anziani tutori. Il suo è quindi un cinema senza artifici, a parte l'unica, generale, alterata visione della realtà, di una verità indotta che l'autrice tenta di sovrapporre a quella in cui è malgrado calata. Con in più l'ingenuità di aver aderito fino a oggi al tema assegnatole nel 1988 dal suo insegnante, ovvero di mettere "bene a fuoco ciò che le interessa": da lì la ricerca della propria identità , la ricostruzione minuziosa di un passato che non conosce, la caccia al padre che l'ha rifiutata e infine l'utilizzo abbondante di fotografie della sua infanzia in cui "lei di sicuro, è stata". Da lì, ancora, la sua presa di possesso dell'immagine quando tra sè e la macchina da presa inserisce una mano, la sua ombra, la sua stessa figura imprigionata in una foto.
(Pensieri Di Naomi Kawase)
LA MUSICA- Ricorro alla musica quando un personaggio è apparentemente fermo e sta interiorizzando qualcosa. Solo in quel momento intervengo, un po' per dimostrare che gli esseri umani utilizzano la musica quando non sono in grado di esprimere.
IL NON VISIBILE- Sarà contraddittorio sostenere che un film possa mostrare ciò che non è visibile, ma io credo che sia vero. Prendiamo per esempio il vento: è un elemento non raffigurabile, ma se ne può intuire la presenza da tutti gli effetti che genera, da tutti i movimenti che determina. E' possibile proprio perchè un film non è un riquadro a sé stante nel flusso della realtà, ma uno dei suoi tanti momenti, collocato proprio nello scorrere stesso della realtà.
COLORE- In realtà, più che il cinema in bianco e nero, mi interessa l'immagine di un pennello mentre scrive un ideogramma sulla carta di riso giapponese. La carta di riso non è mai bianca, ha una grana particolare, piuttosto porosa, assorbe il colore, ma lo lascia diffondere anche con facilità; con un pennello e un bell'inchiostro, si può rendere la tinta della carta, quella del colore in cui è stato intinto il pennello, ma anche tutte le varie sfumature che sfuggono alla scrittura, perchè l'inchiostro si dilata sulla carta. Vorrei girare un film fedele a quest'immagine!
Per concludere devo fare un enorme grazie ad asturianito per avermi incoraggiato in questa traduzione. Grazie
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Messaggio modificato da fabiojappo il 31 January 2015 - 02:19 PM