Ulteriori dettagli (
contiene spoiler):
Ocean Flame, dal romanzo di Wang Shuo («Scherzando col fuoco», Mondadori, ma in originale Metà oceano, metà fiamma) del cinese Liu Fendou (già vincitore a Tribeca con Cappello verde, 2004), prodotto a Hong Kong e interpretato dall'esordiente Monika Mok e da Liao Fan. Nel 2001 quel best seller fu già film da Sundance (Love, the hard way del tedesco Peter Sehr, con Adrien Brody), ma già nel 1989 Xia Gang ne aveva tratto una versione cinese-popolare. Strano, visto che i romanzi dello scrittore di Nanchino, il «cantore dei teppisti», sarebbero definiti «reazionari, volgari, individualisti e depravati» ovunque si detesti Genet e i «ribelli senza causa». Metà mistery, metà noir, questa love story alla Tsui Hark, racconta in flashback il ritorno a casa di Wang Yao, in carcere per un omicidio di 8 anni prima, che ci porta negli angoli più oscuri di una Pechino inedita (ma nel film è Hong Kong), fatta di traffici, magnaccia, gangman, droga e «femme fatale». Come l'ex cameriera Lichuan che, entrata per amore in un giro di semiprostituzione, farebbe di tutto per il suo Wang Yao (il fuoco). Ma, terrorizzato dai sentimenti (l'acqua) «il duro», inventore di un sistema di truffa per i ricchi porconi scoperti a letto con le «sue ragazze», fatte passare per «sue mogli», e ricattati, la sottopone alle più umilianti esperienze, finché lei si vendica, alla cinese. Si concede al nemico più acerrimo di Wang Yao (che lo strangola, da cui la galera), poi ne sposa il miglior amico e partner, e la notte stessa delle nozze, si suicida nel bagno. Il disperato innamorato la seguirà in una scena di suicidio, iniziata nella sequenza d'apertura, e finita sotto la sabbia, come se fossimo sprofondati in un dramma agrodolce di Kitano. (Roberto Silvestri)
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