Intervista a Marco Muller:
Il direttore della rassegna riconfermato per altri quattro anni
La Mostra di Müller
«Vorrei Meryl Streep presidente della giuria a Venezia. Errori sui film italiani in gara, cambierò i selezionatori»
Per la prima volta, da quando la Mostra è stata «rifondata» dopo il ' 68, un direttore del settore cinema è riconfermato per altri quattro anni. Marco Müller cerca di nascondersi dietro le parole, parla in terza persona, ma non può nascondere che il (buon) lavoro svolto fin qui è la ragione della sua riconferma: «Nel primo quadriennio si è messo a fuoco un progetto che il presidente Baratta ha ritenuto importante continuare. È un progetto che aveva preso forma con la gestione Pontecorvo e che poi ha avuto bisogno di pochi aggiustamenti per continuare ad invogliare registi e attori a frequentare sempre di più il Lido: Venezia come trampolino di lancio verso l' Europa per film dall' alto potenziale artistico-innovativo».
Quali le novità per il futuro?
«Nel nome del settore, che al cinema affianca anche lo spettacolo televisivo, c' è già tutto il percorso che dobbiamo fare: abbattere gli steccati che a volte in maniera artificiosa favorivano esclusioni. Sarebbe bello ipotizzare un futuro dove cinema, arti visive e architettura si accompagnino lungo un unico percorso di lavoro. Per questo sarebbe importante poter avere in giuria alcuni dei grandi artisti contemporanei, da Marina Abramovic, a Douglas Gordon»
In passato le giurie di Venezia hanno fatto molto discutere...
«L' idea di giurati duri e puri si è rivelata sbagliata. Se il festival ha tante anime bisogna che anche le giurie abbiano tante anime, intrecciando registi, attori, artisti e gente di spettacolo»
Ha già pensato al presidente 2008?
«Quando aveva presentato Il diavolo veste Prada, Meryl Streep mi aveva detto che le sarebbe piaciuto tornare a Venezia. Io ho rilanciato: sì, ma come presidente della giuria. Se gli impegni per il lancio di Mamma mia! glielo permettessero, lei è in cima ai nostri sogni».
Altre innovazioni?
«Sarebbe bello pensare a una sigla della mostra fatta da Francesco Vezzoli oppure poter mostrare i lungometraggi che Steve McQueen o Shirin Neshat stanno finalmente finendo».
In concorso...
«In concorso no, piuttosto nella sezione Orizzonti, ma come necessaria tappa di un avvicinamento all' edizione 2011 che finalmente avrà a disposizione il nuovo palazzo e i nuovi spazi».
Su che finanziamenti può contare?
«La risposta spetta al presidente Baratta. Io posso solo aggiungere, come ha ribadito anche Scaparro, che nel quadriennio precedente i direttori di settore non hanno mai visto né un preventivo né un consuntivo».
L' anno scorso aveva fatto molto discutere la selezione dei film italiani.
«Le polemiche sui film di casa nostra ci saranno sempre ma alcuni aggiustamenti saranno necessari. Ad esempio per quello che riguarda la commissione di selezione. Sono trent' anni che "fabbrico" festival: a me spetta soprattutto un compito compositivo mentre i selezionatori dovrebbero essere capaci di reagire ai rischi della mia routine. E con il presidente Baratta abbiamo concordato sulla necessità di svecchiare la commissione».
E i rapporti con Hollywood?
«Le date della Mostra sono il nostro vero asso nella manica: in questi anni produttori e distributori americani si sono accorti che Venezia è fondamentale per aprirsi sui mercati europei d' autunno e insieme come passarella verso i grandi premi di fine anno. È così che la Mostra ha aumentato la propria forza. Certo che una maggior presenza di stampa nordamericana potrebbe aumentarne ancora il peso».
Quanta paura le fa la Festa di Roma?
«Paura nessuna. Anzi sono contento che esista. Certo mi farebbe ancora più piacere se esistesse una grande festa a Massenzio in giugno/luglio, sfruttando i titoli in uscita l' estate e poi in autunno un momento più di riflessione condito con alcuni straordinari gala sul tappeto rosso. Perché anche il pubblico deve essere accontentato».
Ma non invidia niente a Roma?
«Stando alle ultime dichiarazioni di Bettini i 16 milioni di budget. E poi una persona intelligentemente attiva come Diamara Parodi, che ha saputo tener vivo il significato di una parola abusata come industry office».
A proposito di mercato, Venezia ha ammainato ogni ambizione.
«Ci sono già due mercati fondamentali, Cannes a maggio e l' America Film Market in ottobre. Tutti gli altri non possono nemmeno sperare di scalfire la loro supremazia. A meno di investire cifre inimmaginabili».
Adesso parliamo dei sogni. Un nome che vorrebbe in concorso
«Quando ho incontrato Scorsese mi ha detto: pensa alle condizioni per un mio ritorno a Venezia. E il film che sta girando adesso a Boston, su Méliès, potrebbe essere il titolo giusto. Sfortunatamente solo per l' edizione 2009».
E gli italiani?
«Spero che non si decida di offrire a Cannes insieme Garrone e Sorrentino: la loro successiva uscita finirebbe per farli cannibalizzare. Sarebbe bello se uno dei due aspettasse Venezia. E per settembre dovrebbe essere pronto anche il nuovo Ozpetek». (Paolo Mereghetti)
Ozpetek?