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[NEWS] SPARROW, di Johnnie To
...un Simon Yam borseggiatore si presenta alla 58a Berlinale...
Iniziato da paolone_fr, Jan 10 2008 01:03 PM
81 risposte a questa discussione
#10
Inviato 15 February 2008 - 02:58 AM
Alla stampa italiana è piaciuto molto.
Qualcuno parla addirittura di capolavoro:
"Sparrow" (Cultured Bird), nel linguaggio comune di Hong Kong, identifica i borseggiatori di strada, alludendo alla destrezza e alla velocita’ di esecuzione del colpo, richiesti per non lasciare traccia. Ancora un capolavoro statificante di linee e geometrie, di vortici del cuore: ritorno per sempre alle vertigini sensoriali che il cinema “difende” con la vita. Ancora un capolavoro che perde i suoi confini, paradossalmente nostalgico perche’ mai terribilmente superficiale: si cosparge di quella flebile speranza del movimento continuo, del turbinio di azione scalfita e levigata dagli angoli della citta’, dagli spigoli della visione. Quattro uomini vanno in giro a rapinare i passanti, increduli e spensierati. Kei (l’inseparabile Simon Yam) ama, come passatempo, fotografare le strade della sua citta’ e in uno dei suoi scatti si ritrova una donna bellisssima (Kelly Lin), e da li comincia una storia misteriosa e pericolosa, che vedra’ coinvolto anche un pericoloso criminale del posto. Come vivere in un sogno o in mondo sollevato dal resto: al passaggio di Johnnie To tutto sembra paralizzarsi, anche il tempo e lo spazio, tutto appare in tensione e prostrato al suo sgaurdo. Non c’e’ goccia d’acqua che non reciti: resurrezione dell’amorfo e animazione del compatto. Tenere il cinema e i suoi corpi sempre in tensione perché pronti ad esprimere la passione del movimento. Divergere e convergere il suo sguardo, ripassando sulle vibrazioni di generi passati, facendo rivivere impronte impresse, ma attraversando la fiction e sconfinando nella realtà. Non è cinema parallelo ma cinema di preparazione e azione, dove i mondi si muovono nello stesso spazio. È lo spazio desiderato, angusto, agognato che senti di cercare, per una terra che sembra saper far scivolare addosso le ingiustizie, la pioggia insistente, le corse in bici, le foto di una vita. E’ cinema che pulsa nell’istante stesso in cui la realtà si rivela, come quando si muove tra suono, movimento e silenzio, sincretica riproduzione dell’esistenza, ponendo i nostri corpi più vulnerabili, smaniosi di una via di fuga, lontani dai riverberi mestamente estetizzanti. Tra le altezze dello spirito e gli abissi della bestialità, Johnnie To scopre il suo angolo visuale, alchemia di stupore, magia e desiderio. E questo cinema, inteso come creazione continua, come azione magica totale, obbedisce a questa necessità. Un cinema in cui non esistesse, visibile in ogni gesto e in ogni atto, e nell’aspetto trascendentale dell’azione, questa volontà, questo cieco appetito di vita, capace di superare ogni cosa, sarebbe cinema inutile e mancato. (Leonardo Lardieri)
Alcune dichiarazioni rilasciate da To:
"Hong Kong è una città profondamente cinese, ma che ha risentito molto dell'influenza inglese. Una commistione unica, alla base di forti contrasti che ho vissuto in prima persona e ho cercato quindi di fotografare nel film. Soprattutto negli ultimi anni Hong Kong è cambiata moltissimo. Tanti edifici che rappresentavano la memoria storica sono stati rimpiazzati da modernissimi grattacieli. Un cambiamento che ho voluto fotografare, insieme al declino degli stessi borseggiatori. Anche loro, che prima appartenevano in qualche modo alla cultura della città, stanno pian piano scomparendo dalle nostre strade".
"A questo film stavo lavorando da ben quattro anni. Alla fine i finanziatori si stavano spazientendo, così ho dovuto accelerare i tempi. Per raggiungere l'obiettivo che andavo inseguendo, avevo però bisogno proprio di questo. Non potevo riuscire a restituire la complessità di Hong Kong, comprimendo le riprese in pochissime settimane".
"Per questo film, tra i consulenti tecnici, ho ingaggiato anche un ex-borseggiatore. Quando ho iniziato Sparrow, avevo molto chiari in mente stile e contenuti, ma mi mancavano ancora i dettagli. Invece il risultato finale del prodotto è andato al di là di ogni mia più rosea aspettativa".
Foto:
Qualcuno parla addirittura di capolavoro:
"Sparrow" (Cultured Bird), nel linguaggio comune di Hong Kong, identifica i borseggiatori di strada, alludendo alla destrezza e alla velocita’ di esecuzione del colpo, richiesti per non lasciare traccia. Ancora un capolavoro statificante di linee e geometrie, di vortici del cuore: ritorno per sempre alle vertigini sensoriali che il cinema “difende” con la vita. Ancora un capolavoro che perde i suoi confini, paradossalmente nostalgico perche’ mai terribilmente superficiale: si cosparge di quella flebile speranza del movimento continuo, del turbinio di azione scalfita e levigata dagli angoli della citta’, dagli spigoli della visione. Quattro uomini vanno in giro a rapinare i passanti, increduli e spensierati. Kei (l’inseparabile Simon Yam) ama, come passatempo, fotografare le strade della sua citta’ e in uno dei suoi scatti si ritrova una donna bellisssima (Kelly Lin), e da li comincia una storia misteriosa e pericolosa, che vedra’ coinvolto anche un pericoloso criminale del posto. Come vivere in un sogno o in mondo sollevato dal resto: al passaggio di Johnnie To tutto sembra paralizzarsi, anche il tempo e lo spazio, tutto appare in tensione e prostrato al suo sgaurdo. Non c’e’ goccia d’acqua che non reciti: resurrezione dell’amorfo e animazione del compatto. Tenere il cinema e i suoi corpi sempre in tensione perché pronti ad esprimere la passione del movimento. Divergere e convergere il suo sguardo, ripassando sulle vibrazioni di generi passati, facendo rivivere impronte impresse, ma attraversando la fiction e sconfinando nella realtà. Non è cinema parallelo ma cinema di preparazione e azione, dove i mondi si muovono nello stesso spazio. È lo spazio desiderato, angusto, agognato che senti di cercare, per una terra che sembra saper far scivolare addosso le ingiustizie, la pioggia insistente, le corse in bici, le foto di una vita. E’ cinema che pulsa nell’istante stesso in cui la realtà si rivela, come quando si muove tra suono, movimento e silenzio, sincretica riproduzione dell’esistenza, ponendo i nostri corpi più vulnerabili, smaniosi di una via di fuga, lontani dai riverberi mestamente estetizzanti. Tra le altezze dello spirito e gli abissi della bestialità, Johnnie To scopre il suo angolo visuale, alchemia di stupore, magia e desiderio. E questo cinema, inteso come creazione continua, come azione magica totale, obbedisce a questa necessità. Un cinema in cui non esistesse, visibile in ogni gesto e in ogni atto, e nell’aspetto trascendentale dell’azione, questa volontà, questo cieco appetito di vita, capace di superare ogni cosa, sarebbe cinema inutile e mancato. (Leonardo Lardieri)
Alcune dichiarazioni rilasciate da To:
"Hong Kong è una città profondamente cinese, ma che ha risentito molto dell'influenza inglese. Una commistione unica, alla base di forti contrasti che ho vissuto in prima persona e ho cercato quindi di fotografare nel film. Soprattutto negli ultimi anni Hong Kong è cambiata moltissimo. Tanti edifici che rappresentavano la memoria storica sono stati rimpiazzati da modernissimi grattacieli. Un cambiamento che ho voluto fotografare, insieme al declino degli stessi borseggiatori. Anche loro, che prima appartenevano in qualche modo alla cultura della città, stanno pian piano scomparendo dalle nostre strade".
"A questo film stavo lavorando da ben quattro anni. Alla fine i finanziatori si stavano spazientendo, così ho dovuto accelerare i tempi. Per raggiungere l'obiettivo che andavo inseguendo, avevo però bisogno proprio di questo. Non potevo riuscire a restituire la complessità di Hong Kong, comprimendo le riprese in pochissime settimane".
"Per questo film, tra i consulenti tecnici, ho ingaggiato anche un ex-borseggiatore. Quando ho iniziato Sparrow, avevo molto chiari in mente stile e contenuti, ma mi mancavano ancora i dettagli. Invece il risultato finale del prodotto è andato al di là di ogni mia più rosea aspettativa".
Foto:
Sottotitoli per AsianWorld: The Most Distant Course (di Lin Jing-jie, 2007) - The Time to Live and the Time to Die (di Hou Hsiao-hsien, 1985) - The Valiant Ones (di King Hu, 1975) - The Mourning Forest (di Naomi Kawase, 2007) - Loving You (di Johnnie To, 1995) - Tokyo Sonata (di Kiyoshi Kurosawa, 2008) - Nanayo (di Naomi Kawase, 2008)
#11
Inviato 15 February 2008 - 08:14 AM
Mi sembra decisamente figo!
#12
Inviato 15 February 2008 - 10:05 AM
Bene! E' sempre magia, Johnnie.
#13
Inviato 15 February 2008 - 10:36 AM
...ma quello là non è lo stesso della recensione delirante fatta di Triangle a Cannes (al ragazzo piacciono le stratificazioni di linee, mi pare di ricordare)? A dire il vero, mi fido di più di Giovannino, e del fatto che ci ha messo 4 anni per realizzare questo film. Qualcosa vuol dire...
#17
Inviato 15 February 2008 - 01:07 PM
...ma, leggere?
...vi fa brutto?
...vi fa brutto?
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