Les Maîtres Fous
1956 (250.97)
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Regia: Jean Rouch
Genere: Documentario etnografico
Francia, 1955
Jean Rouch è una figura di primo piano per quel che riguarda l'utilizzo dei mezzi audiovisivi nella ricerca antropologica. Dal secondo dopoguerra fino al 2004, anno della sua morte, il suo è stato un impegno continuo, sia dal punto di vista produttivo, realizzando più di 120 filmati, sia in merito alla riflessione sul linguaggio cinematografico e il rapporto tra osservatori e osservati.
Jean Rouch realizza Les Maîtres Fous tra il '54 e il '55 in Ghana (che all'epoca si chiamava Costa D'Oro) documentando un rito di possessione della setta songhai degli Hauka. Questo culto, nato in Niger nel 1925, ha la particolarità di contenere nel proprio pantheon gli spiriti dei rappresentanti del potere coloniale occidentale che nei momenti di ritualità entrano nel corpo dei fedeli facendoli cadere in uno stato di transe che porta ad atteggiamenti violenti e nettamente distinti dal normale comportamento sociale, in una sorta di grottesca rappresentazione delle dinamiche di potere tipiche dell'Occidente conquistatore. Per le sue caratteristiche il culto degli Hauka ha trovato repressione da parte dell'amministrazione coloniale, che vedeva in esso il manifestarsi del disagio e dell'opposizione al regime. La ritualità Hauka è presente anche nei luoghi dove si sono stabilizzati i migranti songhai, ed è in uno di questi, Accra, che Rouch realizza il suo documentario.
Dalla visione di Les Maîtres Fous emerge fortemente l'approccio di Rouch al cinema etnografico.. La sua è la scelta di rendere evidenti tutte le particolarità della tecnica di registrazione audiovisiva, rifiutando qualsiasi tentativo di visione distaccata che punti ad una scientificità dell'immagine. Un riprendere per molti versi emozionale, spesso intuitivo. La telecamera Bell and Howell usata da Rouch d'altronde doveva essere ricaricata ogni 20 secondi e quindi l'arte del regista consiste anche nella sua capacità di cogliere l'attimo. Gira sempre con la macchina a mano, riuscendo così ad effettuare rapidi movimenti, progressivi avvicinamenti, dando l'idea dell'umanità dell'occhio che filma, la telecamera non è altro che un'appendice di Rouch, un suo prolungamento ad è quindi uno strumento in mano alla sua soggettività. La troupe è ridotta all'osso, una costante nella produzione del cineasta francese che si avvale di un numero sparuto di collaboratori, quasi sempre appartenenti al mondo culturale che si prefigge di cogliere con la sua arte. E' sempre lui in prima persona che si immerge nella cultura filmata. In Les Maîtres Fous i progressi della tecnica non permettevano ancora la registrazione dell'audio in presa diretta e quindi la sonorizzazione fu fatta successivamente alle riprese, aggiungendo pure un commento del regista, altra costante della sua produzione, che contribuisce a spiegare la sua visione che è tutt'altro che oggettiva e universale. Una visione che è frutto del dialogo, e che quindi non è mai un dato certo, ma uno dei tanti discorsi che si possono fare su un tema. Le alterne reazioni che nel tempo hanno accompagnato le proiezioni del suo documentario sugli Hauka non fanno altro che evidenziare la natura soggettiva e pure ambigua della visione. Quando Les Maîtres Fous fu mostrato per la prima volta a Parigi al Musée de l'Homme da Marcel Griaule, ad un pubblico composto anche da alcuni studenti africani, l'indignazione fu generale, fu ritenuto lesivo della dignità degli africani. Le forti immagini del rito, pur se accompagnate dalle parole di Rouch, che non le presentava come disumane bizzarrie provenienti da una cultura "primitiva" da mercificare per appagare un pubblico di curiosi, ma che anzi le contestualizzava e le ricollegava pure a pratiche tipicamente occidentali nella sostanza non molto diverse, vennero quindi ritenute offensive. Successivamente la stessa pellicola fu letta con altri occhi, fu interpretata come un'impattante documentazione della rappresentazione della violenza coloniale riprendendo quello che è esplicito fin dal titolo. I maestri folli sono sì gli Hauka che penetrano nel corpo degli appartenenti alla setta ma sono pure i rappresentanti del potere occidentale sulle cui caratteristiche gli spiriti sono modellati.
Con la possibilità della registrazione dell'audio sincronizzato alle riprese Rouch potenzierà la sua idea di "cinema diretto", rendendolo ancora di più un prodotto dell'interazione, del dialogo con i soggetti filmati, inseguendo un rapporto sempre più immediato tra cinema e realtà, pur con la costante consapevolezza che non esiste una verità filmica universale. Il suo stile sarà un'influenza non solo per l'ambito della documentazione etnografia ma pure per quello del cinema più in generale. La Nouvelle Vague francese porrà infatti come suo pensiero fondante la cosiddetta politique des auteurs, la responsabilità del discorso filmico e dei significati che veicola poggiante tutta sulle spalle del regista, tratto che emerge chiaramente nella produzione di Rouch.
Messaggio modificato da JulesJT il 21 December 2014 - 01:41 PM
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