
Visto ieri sera, in beata solitudine, in una sala inaspettatamente affollata. Sono contento per McQueen. Perché il suo è un cinema scomodo, sgradevole, non più di tanto autocompiaciuto, con personaggi che si salvano dal vittimismo onanista solo in grazia di un nichilismo a oltranza, ancora pervaso però di un umanismo disperato.
Ecco, dopo 'sta pletora di sostantivi e aggettivi più o meno a caso, dirò però questo. Che la visione di tale pellicola mi ha involontariamente richiamato alla mente i 3 splendidi lavori di Lodge Kerrigan (che ha fatto molto meno rumore in giro di McQueen, mi par di capire...) e che inevitabilmente ci ha un po' perso. Non dico che è colpa sua, magari sono io. E' che i drammi rappresentati da Kerrigan mi arrivavano tutti, interamente, così com'erano, li trovavo necessari (da raccontare, da vedere). Quello di McQueen è tematicamente senz'altro necessario, ma non so quanto il racconto sia riuscito a evitare momenti di ripetitività e di superfluo, oltre che di scontatezza.
Mi è piaciuto, ma qualcosa non mi è arrivato. Attendo una seconda visione, per (s)conferma.
Posso però senz'altro dire che una delle scene che forse doveva essere un picco emotivo del film, ovvero quando la sorellina canta una laconica "New York, New york", mi ha lasciato freddo, se non un pizzico spazientito. Poi non lo so se era questo l'effetto che l'Omonimo voleva creare.
Insomma, mi è piaciuto, ma...
Messaggio modificato da polpa il 16 January 2012 - 04:28 PM