OneDay
(UnGiorno)
Titolo originale:You yi tian
Nazione: Taiwan
Anno: 2010
Genere: Drammatico
Durata: 93'
Regia: Hou Chi-Jan
Traduzione: Shimamura81
Revisione: François Truffaut
Versione: GayGay
"La felicità è una direzione, non un luogo."
Sydney J. Harris
"La speranza è il sogno di chi è sveglio."
Aristotele
Il cinema a Taiwan1.
La prima domanda che viene spontaneo porci è se esiste un cinema taiwanese.
"Che cazzo dici?" Si chiederà il lettore più accorto.
"Hai tradotto o no un film taiwanese? E allora?"
No, dico così perché la storia di Taiwan è curiosa. Prima "in prestito" al Giappone fino al 1949, poi riconosciuta come unica vera Cina dalle Nazioni Unite, infine nel 1971, con il riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese come quella "vera", non solo perde il seggio all'ONU, ma addirittura cessa di avere un riconoscimento internazionale quale Stato indipendente.
Allora, mi chiedo, ma esiste una "Repubblica Democratica Cinese" o no? Ed un suo cinema? Perché se non c'è una nazione, non c'è neanche una cultura nazionale e quindi un suo cinema!
E invece non è così, perché è sicuramente vero che probabilmente la nazione taiwanese non esista ai sensi del diritto internazionale, ma una cultura taiwanese e un suo cinema c'è, eccome che c'è!
Il cinema arriva a Taiwan all'inizio del XX secolo, principalmente importato dal Giappone, ma già negli anni trenta sono numerose le produzioni cinesi che arrivano nell'isola.
In seguito alla Seconda guerra sino-giapponese (1937-1945), il Giappone decide tuttavia di impedire la diffusione sull'isola, che ormai ritiene essere una propria colonia, di qualsiasi manifestazione culturale non proveniente dal Sol levante, impedendo, di fatto, anche la produzione di cinema autoctono fino al 1945.
L'industria cinematografica nazionale ha cominciato a prosperare tra il 1960 ed il 1970. In breve diviene una delle più produttive ed importanti al mondo (la terza a dire il vero), superando anche il Giappone. Venivano prodotti film di genere più disparato, in primis melò, ma anche drammoni strappalacrime e film d'azione. I film incentrati sulla crescita economica e il cambiamento sociale erano comuni, e i film di propaganda sponsorizzati dal governo abbondavano.
Ben presto però la cinematografia taiwanese deve fare i conti con i film stranieri, soprattutto quelli provenienti da Hong Kong, che ottengono un successo di pubblico enorme, incrementato anche dall'introduzione dell'economico mercato dell'Home-Video, che comporta come conseguenza il progressivo svuotamento delle sale nazionali e la prima crisi della sua storia cinematografica.
Ma negli anni ottanta, una nuova leva di giovani registi decide di ridare nuova linfa alla cinematografia nazionale e quattro di essi dirigono, nel 1982 Guang yin de gu shi (In Our Time). Si tratta di Edward Yang, Yi Chang, I-Chen Ko e Te-Chen Tao. Il film a sorpresa si rivela un successo e lancia quella che verrà poi chiamata la "New Wave" del cinema taiwanese. Ne nascono opere che raccontano della gente comune, dotate di un notevole realismo sociale. I registi che le realizzano usano una tecnica narrativa molto introspettiva, sviluppano la trama con lentezza, l'inquadratura è spesso immobile e risente per certi versi di certo stile ozuciano. L'uso di attori poco noti aggiunge a questi film un carattere quasi documentaristico.
Due i più grandi autori del movimento: Edward Yang (già ricordato per essere uno dei direttori di In Our Time) e Hou Hsiao-Hsien.
Yang ritrae in maniera distaccata la vita gli spazi urbani, in opere come Qing mei zhu ma (Taipei Story) del 1985 e Kong bu fen zi (The Terrorisers), del 1986. Al contrario Hou racconta con stile elegiaco i rapporti tra generazioni e l'evolversi di esse come nell'immenso Tong nien wang shi (A Time to Live, A Time to Die) del 1985 e Lian lian feng chen (Dust in the Wind), del 1986.
La lode internazionale al lavoro di questi registi non tarda ad arrivare, ma al contrario non arriverà mai la consacrazione popolare in patria. Il pubblico taiwanese, infatti, preferirà sempre un cinema dotato di maggiori potenzialità di intrattenimento e snobberà sempre i registi della New Wave.
Il movimento si sfascia negli anni ottanta, ma solo per dare spazio ad una nuova leva di cineasti. Si parlerà in proposito di "Seconda New Wave". Questa volta si continua sì a registrare le assurdità della vita contemporanea e a ritrarla con notevole realismo, ma lo stile e di temi vengono "addolciti" così da sembrare e da diventare più abbordabili per le nuove generazioni che affollano i cinema.
Il suo più esponente più noto è probabilmente Ang Lee2. Esploso con il film Xi yan (The Wedding Banquet), nel 1993 e, un anno dopo con Yin shi nan nu (Eat Drink Man Woman), Ang esplora i conflitti culturali e generazionali della moderna Taiwan. In pochi anni il regista è diventata una star internazionale, chiamata a lavorare anche ad Hollywood, dove nel 2005 Brokeback Mountain gli è valso un premio Oscar alla regia!
Altro esponente di questa corrente è il divino Tsai Ming-liang. Suoi lavori come il bellissimo Aiqing wansui (Vive l'amour), del 1994, o il successivo He liu (The River), del 1997, opere che, insieme a quelle degli altri registi citati, tutt'ora ancora attivi per lo più, non solo accrescono il prestigio ed il riconoscimento internazionale tributato al cinema taiwanese, ma impongono un nuovo stile ed un nuovo modo di fare cinema.
Ciò nonostante la crisi del cinema non ha certo lasciato indenne Taiwan e se negli anni sessanta erano circa 250 i film prodotti ogni anno, con il crescendo delle importazioni (Hollywood stavolta) e con il dilagare della pirateria (Internet, ma anche film pirata), all'alba del nuovo millennio il numero di film realizzati all'anno è sceso a quota 20.
Eppure non è mancata nemmeno stavolta una riscossa.
Parliamo del gruppo di autori noto come "7-Up Generation", che ha prodotto lavori come Lan se da men (Blue Gate Crossing, 2002), di Chin-yen Yee, 17 sui de tian kong (Formula 17, 2004) di Yin-jung Chen, Shuang tong (Double Vision, 2002), di Kuo-fu Chen e Zhai bian (The Heirloom, 2005), di Leste Chen.
In tempi recentissimi grandioso è stato il successo del film di Wei Te-sheng: Hái-kak chhit-ho (Cape No. 7), commedia romantica del 2008 con un cast multietnico di personaggi che vivono in una piccola città e una trama che racconta di due storie d'amore parallele, il tutto condito da una delicata satira sociale sulla vita a Taiwan.
Nel 2010 il cinema Taiwanese continua ad affermarsi con film come il bellissimo Au revoir Taipei di Arvin Chen, Tears di Cheng wen-tan, No Puedo Vivir Sin Ti di Leon Dai e OneDay, di Hou Chi-Jan.
Bel risultato per una nazione che non esiste.
Hou Chi-Jan.
Hou Chi-Jan è nato il 15 novembre 1973 a Taipei e ha studiato presso il Dipartimento di Radio e TV della Chengchi National University (NCCU) dove ha trascorso un sacco di tempo facendo ricerca per il database del cinema taiwanese.
Finora ha realizzato due cortometraggi, tra cui il corto sperimentale Xing Chen 15749001 (Stardust 15.749.001), che ha vinto il Gran Premio al Festival Internazionale del Film di Taipei nel 2003. Nel 2005 realizza il documentario Tai Wan dian hei ying (Taiwan Black Music), una retrospettiva ma anche un tributo al cinema taiwanese degli anni settanta/ottanta.
Taiwan Black Music nasce quando Hou lavora al database del cinema. Qui scopre una serie di film d'explotation apparsi all'inizio degli anni ottanta in patria, molto commerciali e che raccontavano per lo più di crimini violenti e di femme fatale. Il giovane resta affascinato dalla sua scoperta e da un genere cinematografico quasi sconosciuto ai suoi contemporanei, nonostante rappresentasse con notevole realismo quegli anni difficili della storia taiwanese, caratterizzati da una forte repressione politica. Oltre un anno di ricerca per trovare i fondi ed il materiale, in gran parte perduto o mal conservato, frutteranno al giovane un certo successo internazionale e l'attenzione di gente "che conta", come Hou Hsiao-Hsien, che deciderà di produrre OneDay.
You yi tian.
You yi tian aka OneDay, del 2010, è il primo lungometraggio di Hou Chi-Jan.
Niente di più azzeccato per descrivere il film che la famosa frase di Edgar Allan Poe: "All that we see or seem is but a dream within a dream"3. Tutto quello che vediamo o sembriamo è solo un sogno in un sogno. L'avevo già citata a proposito di Daydream4. Tra i due film però non c'è nulla in comune...
È lo stesso Hou a raccontarci la genesi del film: "Quando avevo diciannove anni, ho trascorso alcuni giorni in un centro studi vicino alla stazione di Taipei in vista della preparazione per gli esami. Ho trovato il centro un luogo di studio intrigante e affascinante, tutti erano confinati ai banchi in cubicoli. Gli studenti hanno probabilmente speso più tempo a sonnecchiare che alla scrivania a studiare. Ogni volta che mi alzavo dal mio posto vedevo file di studenti in silenzio a dormire, e non potevo fare a meno di chiedermi cosa stavano sognando in quel momento. Compiuti 22 anni mi è toccato il servizio di leva fui assegnato a servire a Kinmen, una remota isola lontana da Taiwan. Prima di assumere tale incarico, fui inviato in una base militare a Kaohsiung, sulla terraferma, in collina, da dove partivano le navi per Kinmen. Ogni notte, quando ero di sentinella, avrei voluto sgattaiolare fuori per fare una telefonata, una chiamata che non ha mai avuto risposta. Ascoltando il suono del telefono, guardavo la luce abbagliante che proveniva dalla città di Kaohsiung, che si trovava in fondo alla collina. Erano quelli i momenti in cui sentivo la solitudine della giovinezza e la natura intangibile dell'amore... Alla fine sono salito a bordo della barca per Kinmen. A parte il rumore delle onde di notte, i miei unici compagni erano una canzone di A-Mei canzone, Listen to the Sea (Ascolta il mare) e le canzoni di Faye Wong alla radio. Anni dopo, ho cominciato a raccontare storie in cui il centro studi, la base militare, la barca e il mare continuavano a cambiare, di continuo e nei loro particolari più vari.. Alla fine, ho messo tutto insieme, ed è da lì che questo film, OneDay, è nato"5.
OneDay, presentato alla Berlinale 2010 nella sezione Forum, racconta l'amore nelle sue fasi più dolorose e meravigliose allo stesso tempo, racconta della sua scoperta e della sua perdita.
Lo fa attraverso due giovani e bellissimi protagonisti, entrambi molto bravi.
Lei, la giovane Singing (Nikki Hsieh Hsin-Ying), da giorni perseguitata da un sogno che non riesce a comprendere, legata al ricordo del padre scomparso solo da una vecchia bussola, lavora su un traghetto e qui, un giorno incontra Tsung (Bryan Chang), un giovane soldato che osserva, malinconico e intento, una bussola (un'altra?).
Non sa chi sia, e ben presto si renderà conto di non sapere neanche dove sia!
Noi lo sappiamo invece, ce lo dice Tsung.
Siamo in un sogno.
Il confine tra veglia e sogno viene totalmente cancellato da Hou, che con notevole bravura riesce a catturare la nostra attenzione, a confonderci, a meravigliarci e a farci partecipi dei sentimenti più struggenti che caratterizzano l'età dei protagonisti (l'adolescenza) e quel sentimento che è l'amore.
La regia è pacata, quasi minimalista, la fotografia bellissima, coadiuvata da una colonna sonora "furbetta" perfetta per incorniciare l'evento.
L'opera prima di Hou naturalmente non è esente da difetti.
Penso all'introduzione di alcuni personaggi che talvolta sembrano un po' fuori luogo (l'indiano), o ad alcune soluzioni forse un po' troppo semplicistiche. Tuttavia il film rappresenta sicuramente un esordio di tutto rispetto oltre che una delle storie d'amore raccontate nella maniera più originale degli ultimi anni.
Ho apprezzato moltissimo OneDay. È un film che mi ha ricordato alcuni giorni della mia adolescenza, che credevo ormai lontana...
Non che sia vecchio!!
Oh! Non ho manco trent'anni!
Solo che sono sempre stato un tipo con la testa sulle spalle, che non guarda amai al passato, ma solo al presente e se può, ma con timore, al futuro...
OneDay mi ha ricordato quanto possa essere bello sognare e poi credere in quei sogni.
Spero vogliate sognare anche Voi insieme a me...
Colgo l'occasione per ringraziare con affetto il nostro François Truffaut, che nonostante i numerosi impegni che AW, il lavoro e la vita privata gli impongono, è comunque riuscito a trovare il tempo per dare un'occhiata alla mia traduzione. Grazie Francé!!!!!
Un grazie anche al paziente Cignoman!
Solo una nota sulla versione.
Esiste la versione Gay Gay sia hardsubbed che non. Naturalmente io mi riferisco a quella coi softsub.
See ya' soon!
SOTTOTITOLI
OneDay.AsianWold.zip 15.99K
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Note.
1 Lungi da me voler ripercorrere la storia del cinema taiwanese in maniera esaustiva, non ne avrei né le qualità né il titolo. Colgo solo l'occasione per dipanare alcune matasse e per invogliare qualcun altro ad entrare nel mondo di una delle più affascinanti cinematografie contemporanee. Se permettete, colgo anche l'occasione per dichiarare il mio amore al cinema taiwanese...
2 Mi permetto un piccolo sfogo personale: A me Ang Lee non è mai piaciuto. Cioè, grande regista, autore di bei film, figuratevi, chi lo mette in dubbio!! Ma la sua devoluzione da un cinema sì autoriale, ma comunque per tutti, ad un prodotto mainstream stile "Hollywood classic", proprio non riesce a convincermi...
3 Edgar Allan Poe, Lenore, pubblicato in Italia da Mondadori col titolo "Eleonora", in "Opere scelte".
4 Vedi qui su AsianWorld.
5 Il testo è tratto dalla brochure ufficiale dedicata ai film presentati nella sezione Forun della Berlinale 2010, pag. 157-158. La traduzione dall'inglese è di chi scrive.
Messaggio modificato da Shimamura il 09 November 2015 - 12:03 PM