Inviato 19 May 2011 - 05:59 PM
finalmente l'ho visto. ed è un filmone. jiang wen cuore grande.
cina, anni 20, periodo tumultuoso di sicnori della guerra, imperatori instabili, rivoluzioni fragili e rivolte in piazza tienanmen: la storia è quella del bandito zhang il butterato che, dopo aver rapinato un treno che trasporta il burocrate dalla lingua dorata tang verso la città di goose city, decide di fingersi il nuovo governatore e di entrare lo stesso in città, accompagnato da tang, dalla moglie del vero governatore e dai suoi compagni di brigantaggio, con l'obiettivo di far soldi. diventa subito chiaro però che zhang non ha alcuna intenzione di far soldi al modo convenzionale per i politici del tempo (solo per quelli, eh...), e cioè alleandosi coi potenti per estorcere denaro ai poveri sudditi, e questo gli crea da subito qualche problemino con huang che smercia oppio in giro per la cina e in realtà a goose city non si muove foglia che lui non voglia. le cose precipitano quando il figlioccio di zhnag muore per seppuku in seguito all'ingiusta accusa degli scagnozzi di huang di aver mangiato una doppia porzione di noodles senza averla pagata, e zhang promette al morto di vendicarlo nel modo peggiore possibile: umiliare, e anzi annientare nello spirito, lo stesso huang.
let the bullets fly (e la spiegazione del titolo ce la si ha nella scena di incipit ed è meravigliosa) comincia dove aveva lasciato the sun also rises (jiang wen ha detto del resto che in questi anni lui ha girato un solo film: the sun also rises, e che bullets è in un certo senso il veicolo per fare arrivare quel film al pubblico cinese), con un treno e le musiche di hisaishi e prosegue in una comemdia stravagnate fatta di battaglie verbali (i dialoghi tutti incentrati sull'uso di sentenze e "proverbi" sono stupendi e cinesissimamente sublimi) e balistiche, di doppi e tripli giochi, di incontri tra personaggi con la faccia più bronzea del culo di bronzo di una statua di mao, di allegorie politiche a multi-interpretazione, di rapporti di amicizia e rispetto e rivalità che sembrano un po' la stessa cosa quasi fossimo in un film di woo. insomma, il calderone è pieno e satollo. e gustosissimo.
la regia tiene la mano ferma, il montaggio è travolgente, le interpretazioni quasi incredibili. non che il film non abbia difetti, chiariamoci. ne ha alcuni, in primis una cg un poco sgrausa e forse gratuita, ma vengono sommersi da ritmo e sostanza della storia, spazzati via da una narrazione che funziona a livelli alti e bassi, come il cinema popolare deve saper fare.
western, commedia nera, rivoluzione, arti marzaili, violenza, sensualità, tanto del bello del cinema che si muove tra coordinate che si chiamano tarantino, kusturica, kurosawa, leone, tsui hark, stephen chow, john woo, jeff lau, zhang yimou e solo per mettere davanti i più evidenti, ma con una compattezza tutta sua che ti fa capire dal minuto 1 che questo film lo poteva fare solo jiang wen: il carisma fatto attore, regista e uomo.
e la triade di protagonisti maschili, ai tempi della (prima) rivoluzione cinese, insieme con il finale, sono uno dei più begli omaggi al film dei film sulla rivoluzione e la cina, quello con protagoniste tre donne che ha il titolo inflese che finisce con blues e comincia per peking.
lunga vita a jiang wen!