The World Sinks Except Japan
Titolo originale: Nihon igai zenbu chinbotsu
Riferimento sottotitoli: AXiNE
Produzione: Giappone, 2007
Genere: Demenziale, Drammatico
Regia: Minoru Kawasaki
Sceneggiatura: Minoru Kawasaki, Masakazu Migita
Musiche: Masako Ishii
Cast: Kenji Kohashi, Shuuji Kashiwabara, Masatoshi Matsuo, Blake Crawford,Hiroshi Fujioka, Arthur Kuroda, Takashi Matsuo, Takenori Murano, Ryôji Okamoto, Gregory Pekar, Dave Spector, Yasutaka Tsutsui.
Durata: 98'
Trama:
Anno 2011, dieci anni dopo l'11 settembre l'America si trova ad affrontare la peggior catastrofe della sua storia, tutto d'un tratto l'intero continente sprofonda sotto il livello del mare. Non passa molto che, uno dopo l'altro, anche tutti gli altri continenti seguono la stessa funesta sorte. Proprio tutti? Non proprio, miracolosamente rimane a "galla" giusto il Giappone. Cosa succederà ora nel paese del Sol Levante?
Commento: (Lastblade)
Uno spasso, questo film è un vero spasso! Già dal titolo si intuisce che questo è un film assurdo, ma questo non vuol dire che debba essere anche superficiale. Lo spunto della parodia fortunatamente non si ferma al solo "sfottò" dei film a cui si ispira (Submersion of Japan, 1973 - Japan sinks, 2006), ma serve a dare vita a un'opera satirica fanta-politico/fanta-sociale davvero gustosa
Il tema centrale del film sta proprio nel giocare con gli effetti che tale evento potrebbe avere sulla società Nipponica, a volte davvero grotteschi ma che non sono poi così lontani da quello che effettivamente potrebbe succedere.
Con simili premesse era un peccato non infarcire il film con una bella dose di cinismo, e il geniale Kawasaki ci riesce con grande stile, e soprattutto, non risparmia davvero nessuno
Dai politici ai personaggi famosi, dai Cittadini Giapponesi ai "Gaijin" (stranieri), prende in giro la xenophobia, il militarismo, il mondo dello spettacolo, la scienza...
Le gag sono divertenti, le citazioni idem, le chicche si sprecano, insomma: è un must per ogni amante del genere (ma non solo).
Commento: (Paolone_fr)
Ancora una volta, Minoru Kawasaki non realizza un film, ma trascende il linguaggio narrativo cinematografico per spaziare in un mondo di pupazzi, che però stavolta non sono prigionieri di un corpo che gli è estraneo, o di una cerniera lampo… stavolta a tenerli incatenati sono i lacci dello stereotipo, la convenzione e l'abitudine, che a volte sono anche più duri da sconfiggere del pregiudizio volontario.
C'è una parte, in ogni uomo, che è naturalmente restia al nuovo, un'inerzia ancestrale che confina con gli istinti di sopravvivenza e la pigrizia; <i>Kawasaki </i>la mette davanti allo schermo di un Giappone che, rimasto solo e isolato, per un attimo padrone del mondo, perde i suoi scrupoli di buon vicinato, azzera i filtri nei rapporti con lo straniero, si fa motore di una nuova globalizzazione non più americocentrica, ma nipponicamente fiera e consapevole.
Dunque, gli scienziati non sono più cassandre della ragione, ma gaudenti e sapienti, l'uomo medio, quello del fare e non del parlare, diventa visionario comandante in capo di una milizia anti-occidentale (si rifletta sui ruoli di Hiroshi Fujioka) e i governanti si tramutano da guide in zimbelli. Non si tratta tuttavia solo della natura parodica dell'operazione fatta con The World Sinks Except Japan, poiché i cambiamenti rispetto alla situazione che aveva dato i natali all'illustre predecessore Japan Sinks, del 1973, sono vivi e colpiscono nella società nipponica degli ultimi trent'anni, e la dimensione non si ferma al solo Giappone, ma assume proporzioni global.
Infatti, gli strali morali …sì, perché è di moralità che si parla qui, di etica… di Kawasaki non risparmiano nessuno: l'inettitudine di un sistema che ha elevato l'industria dello spettacolo a pane quotidiano viene gettata nel fango di personalità di Hollywood ridotte al raccattare il pane con comparsate, avanspettacolo, pornografia e prostituzione. E' una nemesi nipponica contro chi non guarda più i film giapponesi perché "sono roba dozzinale", ma subito trova la sua contro-nemesi nella moglie americana del giapponesissimo giornalista protagonista, la quale diviene estranea in casa propria e da là se ne va, per ricongiungersi con i profughi suoi conterranei, finendo per trovandovi l'amore e la felicità.
Questo è solo un esempio di come il linguaggio del film non sia solo per orecchi giapponesi; per l'ennesima volta, e i numi Calamaro e Koala fanno capolino, il regista parla dell'Uomo e all'Uomo, senza frontiere, quasi in un afflato mistico che alla fine si conclude, sfumando, con quella fioca luce di candela del bellissimo epilogo, mesto eppur sereno…
Messaggio modificato da fabiojappo il 06 June 2014 - 04:35 PM