Difficile spiegare le ragioni della sua grandezza. I film parlano per lui. Dopo la laurea in Scienze politiche ed economiche, il giovane Hayao ha preferito dedicarsi alle sue passioni: la letteratura per ragazzi e i cartoni. Entrato alla Toei Animation, ha fatto anni di faticosa gavetta sfornando per la Tv personaggi ancora amatissimi dai bambini di tutto il mondo: Heidi, Lupin III, Anna dai capelli rossi, Marco: dagli Appennini alle Ande. Il segreto? Disegni accurati, ad animazione totale, più belli dei soliti cartoon giapponesi. Però con personaggi sfaccettati e più ricchi di sentimenti dei classici cartoni americani.
Nel 1985, con l’amico Takahata, Miyazaki fonda lo Studio Ghibli e comincia a produrre i suoi film. I primi (Nausicaa della valle del vento, Il mio vicino Totoro, Porco Rosso), poco distribuiti ma amati dai critici, altri (Principessa Mononoke, La città incantata), campioni d’incasso. E sarà così anche per Il castello errante di Howl, che in Giappone ha battuto ogni record.
In un’intervista, Akira Kurosawa ha detto di lui: «Credo che apparteniamo entrambi alla stessa scuola, condividiamo lo stesso rigore e lo stesso gusto. Tuttavia provo un certo fastidio quando i critici accomunano i nostri lavori. Non si può sminuire l’importanza dell’opera di Miyazaki paragonandola alla mia».
Signor Miyazaki, lei è il Kurosawa dell’animazione?
«Ancora non so spiegarmi il perché di tanto onore. Tra noi, credo che la sola cosa in comune sia l’essere giapponesi. Io sono il capo-fabbrica di uno studio d’animazione, solo un artigiano. Forse è vero che i nostri film hanno temi vicini. Anche se cercon ogni volta di fare qualcosa di diverso dal passato, gli amici mi dicono che racconto sempre la stessa storia».
Le dà fastidio se la chiamano il Disney giapponese?
«Non è che mi dia fastidio, però la cosa non ha senso. Conosco Topolino e i cartoni di Disney, ma non sono stati certo quelli che mi hanno spinto a prendere la matita in mano. A esser sincero, mi hanno influenzato di più i cartoon francesi e russi degli anni ’50. E certe cose italiane, come i lavori dei fratelli Pagot. Esprimono di più l’animo umano. E poi Disney era solo un disegnatore produttore. Io animo, dò vita alle mie creature».
Perché non è andato a Los Angeles a ritirare l’Oscar e invece è venuto a Venezia per il Leone d’oro?
«Non mi piace aspettare in sala per sapere se ho vinto o no un premio.
A Venezia ero sicuro di riceverlo e così sono partito subito. Amo viaggiare, conoscere luoghi. Prima della cerimonia ho passeggiato per il Lido».
In Giappone il suo film è stato accolto come una critica al militarismo di Bush...
«Ci sono tutti i temi a me cari. La magia e la forza della natura. La giovinezza e la vecchiaia. L'innocenza e la guerra. Penso molto alla guerra: quando il Giappone era sotto i bombardamenti, avevo solo quattro anni, ma mi ricordo… È colpa di quello stupido di Bush, che ha dato il via alla guerra in Irak, se la gente vede nel film soprattutto l’aspetto antimilitarista! D’altronde, la guerra è una cosa così assurda che è perfetta per il mondo delle fiabe. Sia io sia il pubblico sappiamo che non basta un cartone a far cambiare idea ai potenti. Però io ci provo».
In effetti, bisognerebbe proprio avere il cuore di pietra per non capire. Miyazaki catapulta lo spettatore indietro, ai primi del ’900. In città è tutto un fremito di auto, tram sferraglianti, treni a vapore, macchine volanti, navi armate nel porto: la guerra è imminente… Nessuno sa perché. La giovane Sophie pensa a lavorare per mandare avanti il negozio di cappelli. Ma in città girano gli sgherri della grassa Strega delle Lande a caccia del bellissimo Howl, mago buono che vuol impedire la guerra.
Sophie capita per caso tra i due. La strega la trasforma in una vecchina di novant’anni e lei, tutta traballante, parte verso le montagne e si mette in cerca dell’introvabile Howl perché la liberi dal sortilegio. Ad aiutarla è un elegante spaventapasseri che lei salva per strada. Finalmente, il castello di Howl!
Sorpresa: l’enorme e scricchiolante edificio si sposta continuamente grazie ai marchingegni a vapore mossi dalla forza di Calcifer, demone del fuoco imprigionato nel caminetto da Howl. E la porta magica del castello, al ruotare di un disco colorato, si apre ogni volta su realtà diverse. Riuscirà Howl a bloccare la guerra? E Sophie a ritornare ragazza? Emozioni e sorprese senza fine.
Come mai i suoi cartoni piacciono pure agli adulti?
«Io non lavoro pensando a questo o a quel pubblico, creo storie per chi ha fantasia. E fare qualcosa che piace ai ragazzi è la vera sfida, perché loro hanno un’immaginazione sconfinata. A volte, vedono perfino cose diverse da me. Ci sono però anche adulti capaci ancora di fantasticare».
Non teme che i bambini di oggi, bombardati da immagini, finiscano per confondere mondo virtuale e mondo reale?
«È vero. Ma la colpa è di Tv, computer, dvd, videogame…, non certo del cinema. Il guaio del piccolo schermo è che sottopone troppo i ragazzi a stimoli visivi e grafici senza un vero approfondimento della realtà. Un cartone animato, invece, può essere una guida preziosa verso la vita».
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Famiglia Cristiana - 20 settembre
Messaggio modificato da stevet1998 il 20 September 2005 - 10:42 PM