AUTOHYSTORIA
Regia: Raya Martin
Sceneggiatura: Raya Martin
Cast: Lowell Conales
Nazione: Filippine
Anno: 2007
Un giovane cammina all'altro bordo della strada senza fermarsi, percorrendo due viali di Manila. Noi lo seguiamo dall'altro lato senza mai avvicinarci, un piano sequenza di 37 ininterrotti minuti, in bassa qualità, in bianco e nero, simile a un banalissimo video di sorveglianza. Chi è, cosa fa, dove si sta recando, perché, non ci è dato di saperlo. Fra noi e lui, il flusso freddo e anonimo del traffico nella capitale, ogni tanto qualche passante svogliato. A un certo punto raggiunge la sua meta, un'abitazione qualsiasi, entra, le luci si accendono, noi restiamo fermi a osservare dall'altro lato della strada. Non succede nulla di particolare.
A un certo punto un messaggio compare per qualche secondo sullo schermo: "L'altra notte ho letto qualcosa su Andrés Bonifacio. Lo assassinarono con Procopio Bonifacio". Chi era Andrés Bonifacio? Probabilmente faremmo fatica a trovare un abitante delle Filippine che non lo sappia. E che non lo consideri un eroe nazionale. È stato un rivoluzionario di quella nazione, probabilmente il più importante, il fondatore e capo del Katipunan (l'organizzazione anticoloniale sorta nel 1892 che aveva come obbiettivo la liberazione delle Filippine dal dominio spagnolo). Per molti è stato il primo vero presidente delle Filippine, ma la realtà dei fatti è che non ha mai avuto la possibilità di diventarlo. Perché l'hanno ammazzato prima. A seguito di una divisione nelle forze rivoluzionarie, Andrés Bonifacio venne giudicato colpevole e giustiziato come cospiratore assieme al fratello Procopio Bonifacio. Un processo-farsa, con una giuria niente affatto imparziale, composta esclusivamente dagli uomini di Emilio Aguinaldo (un altro dei leader della rivoluzione) che successivamente assunse il comando dell'organizzazione e divenne in seguito il primo presidente della storia delle Filippine.
Stacco. Ora nell'inquadratura vediamo uno snodo stradale di Manila, il traffico intenso che continua indefinitamente a girare attorno alla grande rotatoria. Nel mezzo un monumento nazionale, alcune bandiere che sventolano nella brezza leggera. Le immagini sono a colori adesso, la qualità è migliorata, il flusso umano che continua a ruotare imperturbabile scandisce il trascorrere del tempo, che sembra interminabile, ma acquista un'identità via via sempre più definita. Il peso di quelle parole per pochi secondi rimaste impresse sullo schermo comincia ad avere un senso, Adrés Bonifacio, la Storia, un punto fermo, atemporale, attorno al quale ruota l'esistenza stessa di un'intera nazione. Che nella sua corsa verso la modernità non può prescindere dalle proprie radici.
Un altro cambio di scena, adesso siamo all'interno di un'automobile. Presto capiamo che il mezzo di locomozione è uno fra i tanti che continuavano a muoversi attorno a quella rotatoria. E continua a girare. Adesso non si tratta più di una massa omogenea di individui, celati all'interno delle proprie automobili. Due giovani sono legati, immobilizzati, prigionieri, visibilmente turbati mentre tentano di divincolarsi. La dimensione del privato comincia a subire il peso della Storia. Cos'è, un incubo? Un'allucinazione, una visione? Tutto è terribilmente reale, o quantomeno realistico.
Ancora un cambio di scena, improvviso, brutale, ma ormai perfettamente consecutivo al precedente. I due giovani camminano fianco a fianco, legati ai polsi uno all'altro, nell'oscurità. Una forza misteriosa li sospinge. Soffrono, li hanno pestati, hanno paura, nella foresta, con una luna che fatica a penetrare con la sua debole luce per la volta arborea. Un'idea comincia a farsi strada nella nostra mente: vuoi vedere che quelli sono Andrés e Procopio Bonifacio? Impossibile, qui siamo nell'era moderna, mentre loro appartengono alla Storia. Si, ma a chi appartiene la Storia? La verità è che la Storia non appartiene a nessuno, ma al tempo stesso è parte integrante di ognuno di noi. Raya Martin sta usando il cinema per dimostrare come la Storia continua a rivivere e a circolare (o forse siamo noi che gli ruotiamo intorno) dentro di noi, a rinascere e a rivelarsi di continuo nel sociale e nel privato. Si, sicuramente è così, e infatti ecco la conferma: improvvisamente l'unica battuta del film. "Stai andando a spararci"? È il dramma di Andrés Bonifacio e suo fratello che rivive e si trasfigura in quello straordinario mezzo di comunicazione che è il Cinema.
In attesa dell'inevitabile la potenza, l'impassibilità, l'incanto della natura si rivela in un'immagine di straordinaria bellezza. Ma questa volta dura poco. La Storia deve (ri)fare il suo corso. Siamo ai margini di un bosco, i due ragazzi aspettano quel momento per un tempo che sembra non finire mai. Quando ormai tutto pare essersi cristallizzato, un colpo di arma da fuoco spezza l'atmosfera. (Andrés Bonifacio) si accascia a terra. La Storia è (ri)vissuta, in un sogno, in un incubo. Si è trasfigurata in tutta la sua carica drammatica nella sostanza di cui è fatto il presente. Ancora alcune immagini che ci mostrano una natura che sembra impassibile, ma che in fondo è anch'essa una parte di quel fluire nel quale convogliano passato, presente e futuro. E a proposito del passato, un vecchio filmato compare sullo schermo, è la vera armata di Aguinaldo nel 18 Aprile 1902, qualche anno dopo la morte di Bonifacio. La magia del Cinema comincia a dissolversi ma, seppure estenuati da una visione impegnativa e quanto mai distante dal semplice intrattenimento, forse grazie al lavoro di Raya Martin, e al suo originale modo di guardare al passato, potremo anche noi osservare almeno per un istante il presente da una prospettiva leggermente diversa, e vederlo attraverso il velo invisibile e imprescindibile della Storia.
Articolo di Enrico 'Nosferatu' Rottigni