Inviato 28 February 2012 - 06:02 PM
Rondi si è dimesso, intanto Muller muove i primi passi da direttore ancor prima della sua nomina tra mille polemiche e avversità (alcune giustificate).
Amelio "Müller vuole uccidere
il Torino Film Festival"
Il direttore: un atto di arroganza, le date di Roma coincidono con le
nostre
FULVIA CAPRARA
roma
Cancellare il Torino Film Festival. Se il piano di date annunciato per la kermesse romana dal prossimo direttore Marco Müller dovesse essere messo in atto, il risultato sarebbe questo. La nuova edizione del Festival di Roma è fissata dal 15 al 21 novembre, il Tff 2012, come da comunicati diffusi in questi giorni, inizierà il 23 per concludersi il primo dicembre. La distanza tra le due rassegne è di un solo giorno. E nei prossimi anni dovrebbe andare ancora peggio, con l’ultima settimana di novembre puntualmente occupata da Müller. Nel grido di dolore del direttore del Tff Gianni Amelio, al suo ultimo anno di mandato, non c’è alcun segno di resa, ma anzi, la precisa intenzione di non arrendersi.
In che modo la nuova collocazione del Festival di Roma influirà sul Tff?
«Periodi così ravvicinati determinano l’impossibilità di diversificare le fonti a cui attingere film. Mi metto prima di tutto nei panni del pubblico, di chi ama il cinema, se lo scopo principale di un festival è informare, mostrare delle opere, dare visibilità a film che altrimenti non l’avrebbero, è ovvio che in questo modo tutto questo diventerà impossibile. Anche perché il Festival di Roma è una corazzata carica di soldi, mentre noi andiamo avanti in una condizione dura. Ci mangerebbero in un boccone».
A informarla delle nuove date è stato proprio Müller, può dire esattamente come è andata?
«Venerdì scorso, intorno alle 17, ho ricevuto una mail in cui non solo mi venivano confermate le date della prima edizione, ma erano indicate quelle dei prossimi anni. Cosa piuttosto singolare, visto che il mandato di Müller, il quale per altro non è stato ancora ufficialmente nominato, credo sia di 4 anni. Nella lettera, invece, sono elencati i periodi in cui si svolgerà il Festival di Roma fino al 2018 compreso. Tutti coincidenti con l’ultima settimana di novembre. Altro particolare, Müller mi ha chiamato per dirmi che la mail era diventata pubblica. Ma in quale modo, visto che io non ne avevo ancora parlato con nessuno?».
Lei che reazione ha avuto?
«Mi ha inquietato subito il tono, che non era interlocutorio, ma perentorio, contrario a qualunque spirito da “gentlemen agreement”, in assoluto contrasto con i rapporti che abitualmente esistono tra realizzatori di manifestazioni di questo tipo. Anche con la precedente direzione del Festival di Roma c’erano stati confronti sulle date, ma erano stati risolti con quei toni di cui parlavo. E poi loro non si sono mai buttati aggressivamente su di noi».
Che cosa ha pensato di fare?
«Ho ovviamente avvertito della cosa le maggiori autorità cittadine che sostengono il Festival, dal Museo del Cinema, nelle persone del presidente Ugo Nespolo e del direttore Alberto Barbera, agli interlocutori di Regione e Comune, gli assessori Coppola e Braccialarghe. Mi sento aggredito, devo consultarmi con i miei collaboratori, in modo da poter prendere decisioni collegiali».
Con Müller ha parlato?
«Sì, ci siamo visti brevemente, gli ho detto che mi trovavo nella condizione di dover prendere atto e basta, perché nella sua mail non c’era nessun punto interrogativo. Il comportamento era da prendere o lasciare, ma io non ho intenzione di subire. È come se fossimo andati a teatro, avessimo acquistato i posti migliori, poi, dopo di noi, fossero arrivate altre persone decise a sedersi su quelle stesse poltrone».
Quindi ora la guerra è inevitabile.
«È una guerra che non vorremmo, ed è anche una guerra impari. Lo scontro tra Venezia e Roma era in qualche modo nell’ordine delle cose, noi, invece, siamo un Festival di struttura piccola che viene trattato in un modo che ci offende, non considerato, come se non esistessimo. E invece ci siamo da 30 anni, abbiamo una nostra identità, e tutto il diritto di continuare ad esserci».
Questo è il suo ultimo anno di mandato, pensa che la vicenda potrebbe allontanarla definitivamente dalla città?
«Non sto facendo questa lotta per conservare il mio posto, il mio non è un problema personale. Penso che il Festival e la città di Torino non meritino questo disprezzo, questo atteggiamento di superiorità e di arroganza, e non voglio che venga sminuito il valore di una rassegna che tutto il mondo ci riconosce. Che cosa vorrebbero che facessimo? Sparire, dimenticare le nostre date, andarcene chissà dove? No, io non mi arrendo».
Come pensa che il mondo del cinema stia reagendo alla vicenda?
«Sento intorno sconcerto, dispiacere, autentica incredulità, e non vedo nessuno allineato sull’idea dell’accettazione, del “va bene così”...».
Cosa chiede in questo momento?
«Il diritto di continuare a esistere, il sostegno e l’aiuto della città di Torino, non voglio prendere decisioni da solo. Il punto non è solo quest’anno, ma i sei a venire. Vorrei che il mio successore non si trovasse in condizioni peggiori delle mie, vorrei lasciare un’eredità non compromessa».