Sbarcato dopo un viaggio durato sei mesi, il capitano di marina Lin viene informato che il figlio 25enne è stato ucciso dalla polizia. Nel tentativo di scoprire che cosa sia successo, si accorge si sapere ben poco su suo figlio. Torna allora nella città di Chongqui, dove viveva anni prima, e lentamente capirà l'impatto della sua costante lontananza sulla vita del ragazzo. (Festival di Cannes)
TITOLO ORIGINALE: Rizhao Chongqing
REGIA: Wang Xiaoshuai
SCENEGGIATURA: Wang Xiaoshuai
ATTORI: Wang Xueqi, Fan Bingbing, Qin Hao
PAESE: Cina 2010
GENERE: Drammatico
DURATA: 105'
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Dopo Shanghai Dreams, Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes del 2005, Wang Xiaoshuai torna in competizione alla rassegna francese: questa volta porterà a casa la Palma d'oro?
"[...]Struggente, a tratti lirico, il film è strutturato secondo la logica delle scatole cinesi, con il protagonista chiamato a scoprire di volta in volta quali fossero le reali emozioni del figlio o il perché di un gesto così estremo quale quello di prendere una donna in ostaggio: saranno anche i testimoni di quell'evento, alla fine, ad avvicinarlo alla verità. Che per lo spettatore arriverà "troppe" volte, in un crescendo di finali che non giova alla tensione emotiva del film, che dimentica verso il traguardo la cifra iniziale del racconto, trasformandosi in qualcosa di già visto, cinematograficamente retorico". (Valerio Sammarco)
"Sebbene sia passato dalla sezione Un Certain Regard al concorso ufficiale, Chongqing Blues non è un notevole balzo in avanti nel reportorio artistico di Wang Xiaoshuai. Scorrevole e riflessivo, ha la stessa pesante cadenza del fiume che domina il film (visivamente e metaforicamente); è un'esplorazione vecchio stile del nuovo volto della Cina". (The Hollywood Reporter)
"La presenza in gara di Chongqing Blues equivale a una sorta di scherzo di cattivo gusto. Tutto qui è involontariamente grottesco: la sceneggiatura è una clamorosa stupidaggine". (Liberation)
"[...]Non mancano gli spunti pregevoli di Chongqing Blues, a partire proprio da una regia in grado di dominare i molteplici piani narrativi, strutturata in modo da servirsi di ogni elemento filmico per caricare emotivamente il racconto. Operazione questa che, di contro, rappresenta però l’aspetto meno convincente. Se, infatti, l’impianto visivo e la costruzione per immagini cattura abbastanza presto (merito ancora una volta della stretta relazione che intercorre tra “ambiente”, urbano in questo caso, e uomo), proprio la narrazione suggerisce una crescita costante ed eccessiva dell’elemento patetico. Ne fa le spese la compattezza di una pellicola che costringe ad affrontare, senza risolverli pienamente, lunghi, ed anche abbastanza stancanti, momenti di stasi narrativa. Buon film ma non così convincente da puntare alla Palma d’Oro di quest'anno". (Salvatore Salviano Miceli)
"[...]Wang Xiaoshuai (quello delle Biciclette di Pechino) ha voluto fare di Chongquing Blues una storia (vera, o tratta da una tale) che avesse cuore e radici nelle passioni silenti e nei patimenti dignitosamente portati del suo protagonista, un uomo costretto ad un lavoro di ricostruzione letteralmente investigativa sul figlio abbandonato anni prima. Se l’universalità e l’efficacia di fondo delle tematiche di Wang e della loro dinamica espositiva riescono a toccare le corde giuste (fatto salvo un retrogusto moralista di incerta origine), il riconoscimento del film cui si è chiamati in parallelo con quello del protagonista è però a tratti eccessivamente forzato e reiterato. E allora lo sguardo, proprio laddove dovrebbe progressivamente mettere a fuoco e guadagnare in nitidezza, si fa al contrario più appannato, sfoca i margini e indistinte le forme, proprio come quando si fissa qualcosa con eccessiva intensità". (Federico Gironi)
"[...] Wang gira quello che potrebbe essere il suo Nella valle di Elah e, come già detto a proposito di In Love We Trust, si conferma “un regista in grado di confrontarsi con una realtà interiore che non prescinde dallo sfondo”. Per lui il racconto individuale è lo specchio di un destino generale, come se la storia privata e quella sociale vivessero di un battito unico. E il suo maggior talento è nell’evidente capacità di mantenere questo doppio sguardo sulla giusta distanza, sul punto di contatto tra il documento e il sentimento. Chongqing Blues trova quasi per inerzia i suoi momenti d’intensità, nell’insistenza del piano fisso, nella profondità trattenuta degli interpreti, nel tocco lieve dell’obiettivo che gioca di sponda tra i personaggi e l’ambiente, tra la grazia naturale dell’oceano e la disgrazia della città. Certo, c’è anche il tentativo di un discorso teorico, la voglia di giocare sulla struttura, di manipolarla fino alla (dis)soluzione. Ed è qui che il film svela i suoi limiti. L’artificio di un congegno narrativo, il primato di una scrittura che soffoca l’immagine, rimandando sempre un po’ più in là l’agognata libertà dell’emozione". (Aldo Spiniello)
Insomma... Sembrava dovesse andare meglio. Non dico mi aspettasi il capolavoro, ma anche altrove ho letto critiche non troppo entusiaste, anche se mai totalmente negative...
"Nella crescita economica abbiamo perso i valori". Incontro con Wang Xiaoshuai
Il regista cinese, che proprio qui a Cannes ha vinto il Gran Premio della giuria nel 2005 per Shanghai Dreams, ha presentato in concorso il suo ultimo Rizhao Chongqing in cui si è soffermato sul tema centrale che attraversa il film, il rapporto padre-figlio, sul ruolo determinante della città e sulla necessità di rintracciare la verità ma non attraverso la suspence
Qui a Cannes nel 2005 aveva vinto il Premio della Giuria per Shanghai Dreams dopo essersi imposto alla ribalta internazionale nel 2001 per Le biciclette di Pechino nel 2001. Poi nel 2008 ha presentato in concorso a Berlino In Love We Trust mai uscito nelle sale italiane prima di tornare sulla Croisette con quest'ultimo Rizhao Chongqing. Nel cinema del cinese Wang Xiaoshuai la città assume sempre una fortissima importanza e ciò è evidente dalla presenza di quella dio Chongqing, già presente nel titolo.
Che ruolo ha questa città nel film?
Chongqiing è una città amministrata direttamente dal 1997 e il suo sviluppo urbanistico è stato molto rapido, simile a quello per esempio di New York o Shanghai. La amo molto e penso di volerci girare altri film. E' caratterizzata da enormi grattacieli, ma come in tutti i casi di queste città cresciute troppo rapidamente, ci sono varie fasce di popolazione che sono sfavorite. E' poi è molto comoda per girarci un film.
Il padre ha scoperto quello che aveva fatto il figlio attraverso un video. Perché ha scelto questo sistema e non un altro mezzo, per esempio la tv.
Innanzitutto il padre era assente da tempo quindi mi interessava mostrare l'evento attraverso internet perché è un sistema d'attualità oggi attraverso il quale si viene a sapere cosa accade nel mondo. Inoltre mi interessava molto il rapporto padre-figlio e questo non lo faccio vedere soltanto con le due figure principali ma anche con quelle dell'amico del protagonista e il figlio adolescente.
In effetti nel film c'è un malessere che sembra coinvolgere indistintamente tutte le età.
Mi interessava far vedere le forme diverse di ribellione nell'infanzia, l'adolescenza e l'età adulta. Ma con ciò non volevo raccontare solo una parte di realtà della società cinese ma piuttosto far vedere questa forma di rapporto che regola le relazioni tra gli individui in tutti i paesi del mondo.
Da un punto di vista narrativo, come voleva giungere a mostrare la verità dei suoi protagonisti?
Ho voluto evitare la suspence. In questo modo la gente vuola sapere subito la verità e come va a finire. Invece uno dei miei scopi è stato quello di far emergere sentimenti reali e naturali fino alla fine del film. Per esempio, il padre voleva avvicinarsi alla verità ma non l'ha trovata affatto. Alla fine crede di ritrovare una parte di verità ma in realtà rivede il figlio piccolo.
Uno dei temi di cui si parla è anche la perdita dei valori.
Si, è un punto molto importante nascosto nel film. Del resto, quando ci si trova davanti a questi boom economici, i valori tradizionali sono i primi ad essere messi in crisi. Io cerco di farlo vedere attraverso la figura del padre che cerca di conoscere il figlio ma in questo percorso scopre di aver perduto tutto. (Simone Emiliani)