Fei, il Oct 1 2008, 10:15 PM, ha scritto:
Hou in un'intervista pubblicata sul suo sito web, ha definito "Cape No. 7" "il miglior film taiwanese che ho mai visto da dieci anni a questa parte".
Affermazione un tantino discutibile.
Semmai andrebbe detto che è proprio vero che i film fatti di buoni sentimenti hanno facile presa sul pubblico e fanno guadagnare bene ai produttori che badano solo al proprio tornaconto con espedienti facili. Prova ne è questa commediola agrodolce edificante che passerà alla storia solo per aver staccato più biglietti al botteghino di Taiwan dopo Titanic. La formula utilizzata per raggiungere cotanto successo è simile a quella adoperata da James Cameron nel suo polpettone pluri-oscarizzato: una storia d'amore impossibile, d'altri tempi, che si riverbera nel presente. Naturalmente c'è dell'altro: la difficoltà a comunicare tra la generazione dei padri e quella dei figli, il desiderio di riconciliarsi con un passato travagliato (privato o collettivo che sia), la crisi del senso di appartenenza ad una comunità. Wei Te-sheng (ex assistente del grande Edward Yang) spinge i cuori del pubblico a palpitare per gli innamorati protagonisti (un rocker autoctono ed una impresaria giapponese in crisi) con una miscela esplosiva di romanticismo, umorismo e suspense in una confezione commerciale accattivante, e fa arrabbiare la Cina pensando ai rapporti con il Giappone in modo benevolo e un po' nostalgico. Sentimenti a buon mercato è quello che ci offre. Gli ingredienti sono quelli giusti per passare un paio d'ore di emozioni appassionanti, ma riducono il film ad una mera macchina di commozioni a comando. Si poteva (e si doveva) fare di più. Non è il cinema taiwanese che vorrei vedere.