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[RECE][SUB] Nanayo

 foto François Truffaut 18 Jul 2010

NANAYO




Nanayomachi
(七夜待)
Giappone/Francia, 2008


Regia: Naomi Kawase
Sceneggiatura: Naomi Kawase, Kyoko Inukai
Fotografia: Caroline Champetier
Montaggio: Naomi Kawase, Yûsuke Kaneko, Dominique Auvray
Interpreti: Kyoko Hasegawa, Grégoire Colin, Kittipoj Mankang, Netsai Todoroki
Durata: 90'

Versione: MOC



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Trama. Al suo arrivo in Thailandia, la giapponese Saiko, stanca per il viaggio, si addormenta su un taxi. Quando si sveglia nel mezzo di una foresta, fugge per timore che l’autista, che le parla in una lingua incomprensibile, voglia farle del male. Correndo si imbatte in un ragazzo francese che la calma e la porta nella casa dove vive, insieme a una donna thailandese, al suo bambino e allo stesso tassista, fratello della donna. Insieme a questa famiglia-comunità che vive secondo gli insegnamenti buddisti, Saiko inizia una vita diversa, imparando il massaggio thai e i ritmi della natura, senza un linguaggio comune con cui poter comunicare. Un giorno incontra un gruppo di monaci e uno di loro diventa una presenza costante nei suoi sogni.



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Commento al film. In Nanayo, undicesimo film diretto dalla Kawase e sesto lungometraggio della sua ventennale carriera, la parola viene addirittura svilita, perdendo il ruolo solitamente attribuitogli di veicolare il linguaggio, e venendo relegata a semplice vezzo, inessenziale ma piacevole, da utilizzare al semplice scopo di vivacizzare i pranzi attorno a un tavolo. La parola come suono, dunque, così come di suoni è invasa la foresta nella quale si immergono, estraniandosi dal mondo – più o meno volontariamente, a dir la verità – i quattro protagonisti di una pellicola magmatica, ieratica eppure estremamente vitale, in cui l'atmosfera e il mood si ergono a veri e propri elementi narrativi, giocando un ruolo tutt'altro che indifferente. A rendere ancora più forte e incisivo il messaggio lanciato dalla Kawase interviene una messa in scena visiva annichilente, in cui i movimenti della macchina da presa non si lasciano mai impoverire dalla scrittura narrativa ma intervengono al contrario per rafforzarne il senso, come dimostra in maniera incontrovertibile la splendida sequenza intorno al tavolo, dove ogni personaggio cerca di far comprendere quali parole vengano utilizzate, nella propria lingua, per rappresentare eventi come pioggia, acqua e via discorrendo: in una scena che sembra quasi improvvisata, tale e tanta è l'empatia che gli attori – la giapponese Kyoko Hasegawa, i thailandesi Kittipoj Mankang e Netsai Todoroki, il francese Grégoire Colin – riescono a trasmettere al pubblico, la macchina da presa si fa leggera, mai invasiva eppure del tutto partecipe all'azione. Una prassi, questa, che la Kawase persegue per l'intera durata della pellicola, con il risultato di creare un'opera pressoché inafferrabile, quasi liquida nella sua poesia visiva. I gesti, la ritualità buddista, la millimetrica precisione necessaria per praticare il massaggio thailandese, diventano a loro volta motori dell'azione prima ancora che simboli; la Kawase li immobilizza nel quadro cinematografico senza però tarparne la libertà espressiva. Favola bucolica ed elogio dell'umana condivisione dei sentimenti, Nanayo si concede un finale perfettamente in linea con il resto dell'opera: mentre il villaggio e i nostri protagonisti ballano, suonano e cantano nel condurre il piccolo Toi (Yohei Todoroki, figlio anche nella realtà di Netsai) al monastero dove inizierà la vita che lo farà diventare monaco buddista, la Kawase li abbandona, iniziando a muoversi nel folto della foresta, fino a lasciarsi sedurre dal volo di un uccello che la guida, trascinandola sempre più nel cuore della natura, lontano dai suoni e dalle esigenze del mondo umano. Con lei, anche il nostro cuore si affida alla corrente diseguale del fiume, sgravato da ogni necessità ulteriore. Potere del grande cinema. (Raffaele Meale)



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Commento della regista. Nanayo racconta la difficile situazione che si crea quando persone diverse e di nazionalità differenti si trovano a vivere sotto lo stesso tetto in una casa nel mezzo della foresta. In mancanza di un linguaggio comune, l’arte tradizionale del massaggio thai diventa lo strumento che usano per comunicare e per riuscire, lentamente, a capirsi.





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Spero sia di vostro gradimento. L'unico grande limite che ho riscontrato è l'ossimoro della scelta della protagonista, Kyoko Hasegawa, brava, ma anche fin troppo sensuale per un film che vuole essere etereo.
Mi raccomando: restate incollati allo schermo fino alla fine, perché vi aspetta uno dei finali più poetici che mi sia capitato di vedere.

Buona visione! :em67:


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Messaggio modificato da Kiny0 il 11 March 2013 - 10:21 AM
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 foto Cignoman 19 Jul 2010

Grazie infinite Francois ! ! ! Scusate il ritardo, ieri non sono riuscito ad accendere il pc, ma oggi sono qua.
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 foto battleroyale 19 Jul 2010

Ennesimo splendido film di una delle più grandi registe donne che il cinema abbia mai avuto. Probabilmente meno riuscito di enormi epopee della bellezza come "The Mourning Forest", o ancora "Shara", ma "Nanayomachi" resta un film imprescindibile e indimenticabile. Questo fatto è forse dovuto al fatto che "Nanayomachi", o "Nanayo" che sia, sia in verità il film più accessibile di questa straordinaria regista, meno personale, ma sempre intimo e ricco di significati e di una potenza visiva mai tanto efficace.

Così come in "Shara", la Kawase descriveva il disagio nato dalla perdita di una persona cara, in "Nanayomachi" descrive, invece, il disagio nato dalla perdita delle proprie origini e dalla paura di non essere più compresi.
Naomi riesce, come sempre, a delineare un ritratto psicologico verosimile della protagonista (interpretata da una bellissima quanto talentuosa Kyoko Hasegawa) , identificandola come un'anima persa in un mondo sconosciuto: una giapponese sola in Thailandia, circondata da persone che non la capiscono e che non si fanno capire.

Un dramma cristallino e poetico come solo la Kawase è in grado di confezionare, diretto magnificamente, fotografato con un uso calibrato di luci, ombre e di colori accesi e recitato alla perfezione da un cast mai così eccellente, tra cui spicca, ovviamente, come già detto, la Hasegawa, talmente brava che sembra interpreti la sua stessa vita. Ma d'altronde il cinema di Naomi non parla forse di vita vera? Già. Così come nei suoi corti le storie sono reali e per questo fanno male, così anche nelle sue storie di fiction, si ha la sensazione di vivere accanto ai personaggi perduti, di avere voglia di guidarli e donar loro la forza per continuare a vivere, di abbracciarli per dir loro che tu ci sei.

Un film bellissimo e, con un finale talmente splendido che è difficile da dimenticare.
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 foto François Truffaut 19 Jul 2010

Visualizza Messaggiobattleroyale, il 19 July 2010 - 10:24 AM, ha scritto:

Così come nei suoi corti le storie sono reali e per questo fanno male, così anche nelle sue storie di fiction, si ha la sensazione di vivere accanto ai personaggi perduti, di avere voglia di guidarli e donar loro la forza per continuare a vivere, di abbracciarli per dir loro che tu ci sei.

:em41:
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 foto fabiojappo 19 Jul 2010

Grazie :em41:

"Mi raccomando: restate incollati allo schermo fino alla fine, perché vi aspetta uno dei finali più poetici che mi sia capitato di vedere"

Curiosità alle stelle !!!
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 foto battleroyale 19 Jul 2010

Visualizza Messaggiofabiojappo, il 19 July 2010 - 11:11 AM, ha scritto:

uno dei finali più poetici che mi sia capitato di vedere"

Il finale è una freccia nel cuore. :em41: :em69:
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 foto Nataku 19 Jul 2010

questo mi va in endovena stasera stessa >_<
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 foto Barka77 19 Jul 2010

Grazie!! :em41:
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 foto Giangi 19 Jul 2010

senza parole...
solo un ENORME ringraziamento
Messaggio modificato da Giangi il 19 July 2010 - 03:45 PM
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