The World
(Shijie)
LiMiTED BIS
Scritto e diretto da Jia Zhangke. Con Zhao Tao, Chen Taishen, Jing Jue.
Durata: 139 minuti - Cina
Trama:
The World è un parco tematico di Pechino, chiamato così in quanto riproduce - in piccolo - le meraviglie delle città più importanti del mondo.
Detto questo, dire che esista un'unica linea nella trama è certamente un azzardo, sarebbe più corretto parlare piuttosto di un vortice di eventi drammatico e lentissimo, al limite del casuale, che vede al suo centro una coppia di dipendenti del parco. Si assiste, in generale, a sprazzi di non vita dell'intero staff.
Precauzioni d'uso:
Questo film è lento e può annoiare/tediare.
Chiunque si avvicini ad esso si prepari psicologicamente.
Che nessuno lo guardi e poi si lamenti delle cose suddette: la conoscenza è responsabilità.
Non assumere in stati d'ansia o in stati di depressione.
Controindicato pure per stati febbrili o di stanchezza cronica (ne ho fatto le spese di persona).
Assumere massimo una volta l'anno(ne ho fatto le spese di persona ). Anche se l'efficacia si ha solo alla seconda visione.
ATTENZIONE: contiene scene d'amore irragionevole/sdolcinato e di stucchevoli sentimenti che possono portare all'odio la persona non preparata a ricevere tale messaggio.
Usare con cautela.
Tenere lontano dalla portata dei bambini con meno di 18 anni o più di 70. I primi già vivono sopraffatti dagli ormoni, i secondi si ammazzerebbero per tornare come i primi.
Purtroppo, in questa traduzione è saltata la tradizionale collaborazione con la sorellina esperta traduttrice (che però guarda caso viene nominata nel film! Credo quindi fosse troppo impegnata nelle riprese per trovare il tempo di aiutarmi). Ciò renderà lo sciroppo ancora più amaro, con qualche incertezza nella formulazione.
Commenti:
"Nessuno ha un cerotto!"
Lo si impara a dire in cinese, volenti o nolenti.
Ma bando alle scians , parto dall'inizio.
L'introduzione del film è una meraviglia e la protagonista la si adora dal primo minuto:
il grande parco si mostra ingombrante in lontananza, quando dal megafono riecheggia lo slogan: "vedere il mondo senza lasciare Pechino!", proprio mentre un contadino col cappello di paglia cammina curvo sulla schiena, piegata dal peso del suo sacco. E appare a caratteri dolci: "un film di Jia ZhangKe".
Se non è simbolico questo! Metteteci dentro il peso della moltitudine contadina contro il privilegio dei pochi, le regole del villaggio contro lo specchio scintillante sparato a tutta forza verso l'estero, il peso della repressione contro la voglia di occidentalizzazione e metteteci pure quella musica e quei colori carichi contro il messaggio critico ridicolizzante, metteteci dentro quello che volete, ma nulla mi toglierà dalla testa che i primi 8' siano grandi!
Sono ottima sintesi di tutto ciò si che vuole comunicare nelle successive immagini: da subito ci si aspetta il capolavoro.
E si prega, soffrendo in silenzio, di non rimanerci troppo male.
Il regista l'impegno ce lo mette tutto: appena la poesia iniziale si dissolve cadendo nell'ennesimo triangolo amoroso, nei soliti giochi di coppia, tra tradimenti e gelosie, eccolo inserire spezzoni a cartone animato, parti di musical e quella colonna sonora che lo salva in più di un'occasione; ma "Signori, mi pare un po' troppo presto per farsi i pompini a vicenda" direbbe Mr. Wolf: c'è da dire che dopo due ore e 20, i suoni così pieni di eco e riverberi stancano e appesantiscono.
Come spesso accade nei film, qui si mette in scena la vita, non una storia; e quella che ci presenta è drammatica: niente più di un concentrato, stitico, confinato e strettissimo mondo surrogato. E c'è sempre, SEMPRE, chi sta ancora peggio.
Perchè alla fine, "The world" è proprio tutto quello che i protagonisti non hanno e sanno di non poter avere mai.
Sognano di visitare il mondo vero, ma ne restano sul bordo, mentre vivono in quello finto.
E una vita vuota viene riempita con altre immaginarie, magari copiate da una rivista di moda: non si è niente e allora per riempire quel barattolo arido, ci si vuole almeno involontariamente distrarre, innamorandosi ad esempio; o - come suggerisce il film - cercando una promozione, o decidendo si sposarsi. Ma è fuoco di paglia. La vita oramai è andata persa, volatile come una fuga di gas.
Jia Zhangke ci presenta lo scontro tra il mondo di facciata - gli spettacoli al parco, che intervallano e frammentano continuamente il film - e il mondo privato, personale: l'intima storia dei protagonisti; che ha decisamente tutto un altro sapore: solo in scena tutto deve essere preciso e appariscente, solo per il pubblico si possono filtrare ed escludere i sentimenti.
“Essere bloccata qui tutti i giorni mi trasformerà in un fantasma”.
Dice la splendida Tao con quel suo fare sempre ostinatamente allegro.Per concludere (non sono stato troppo lungo, vero?), il film è certamente un lento ma poteva anche fare più male, si nota nel regista l'abilità di usare lo stesso segno già visto in Unknown Pleasure e trovare però la scusa per raggirarsi e tagliare corto. La canzone della donna russa alla fine della prima parte ne è solo un esempio.
Non posso dire che il film mi sia piaciuto, devo solo aspettare un anno e rivederlo, per poi capire.
Le cose da ricordare:
- il ragazzo che brucia d'amore, l'ironia sulle torri gemelle e le mutande rosse di Taisheng;
- il fatto che ho capito finalmente da dove ha preso spunto quel gruppo strepitoso chiamato Ulan Bator;
Finisco con un commento frivolo: nei suoi due film che ho visto, le ragazze hanno sempre un problema col sesso, cosa che nella realtà quotidiana che vivo direi essere opposta. Il valore della verginità è da tempo che non viene preso in considerazione dal cinema occidentale: quanto ancora resisterà la grande Cina prima di perderlo? Mi ci trasferisco finchè sono in tempo?
Diventassi regista qui in Italia mi sentirei di girare solo porno.
E questo finale, lo capisco, è davvero infelice, rovina tutto il resto.
Ma è solo misioginia!
Orè
Messaggio modificato da fabiojappo il 21 December 2014 - 08:00 PM