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[RECE][SUB] The Rebirth

 foto Shimamura 07 May 2010

The Rebirth
(La rinascita)

Titolo originale: Ai no yokan [愛の予感 (Il senso dell'amore)]
Nazione: Giappone
Anno: 2007
Genere: Drammatico
Durata: 103 '
Regia: Kobayashi Masahiro
Traduzione: Shimamura81
Revisione: battleroyale


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Chiunque abbia mai amato porta una cicatrice
“Lettera a Lamartine”
Alfred De Musset

L'odio è di gran lunga il più durevole dei piaceri;
gli uomini amano in fretta, ma detestano a tutto loro agio

Lord George Gordon Byron

Ogni vero dolore viene scritto su lastre di una sostanza misteriosa al paragone
della quale il granito è burro. E non basta una eternità per cancellarlo

Dino Buzzati



Kobayashi Masahiro (小林 政広 ).

Kobayashi nasce a Tokyo, il 6 febbraio del 1954. Ben presto inizia la sua carriera nel mondo dello spettacolo, come cantante folk. Successivamente scopre il cinema di François Truffaut(1), di cui diviene grande ammiratore. È in seguito alla visione dei capolavori del maestro francese che Kobayashi decide di imbracciare la macchina da presa ed incomincia così la sua folgorante carriera.
Nel 1996 il suo primo lavoro: Closing Time (クロージング・タイム), che gli fa vincere, primo giapponese nella storia, lo “Yubari International Fantastic Film Festival” (ゆうばり国際ファンタ スティック映画祭).
L'attenzione ricaduta su questo esordiente catalizzò l'interesse di un attore all'epoca molto noto in patria, cioè Shiina Kippei (椎名桔平)(2), già interprete di Gonin [ゴニン (5人), (The Five)], di Ishii Takashi, con Kitano Takeshi. Shiina chiede a Kobayashi una sceneggiatura appositamente per lui, e il giovane regista lo accontenta in soli tre giorni.
Il risultato è Kaizokuban Bootleg Film (海賊版), road movie del 1999(3), girato totalmente in bianco e nero. Il film, un omaggio al cinema europeo, infarcito com'è di citazioni e rimandi, specialmente al cinema di Truffaut, esce in sordina, ma viene notato da Gilles Jacob(4), allora direttore del Festival di Cannes, che ne rimane folgorato e decide di includerlo nella sezione “Un Certain Reguard”. Il film ottiene un certo successo di critica e fa di Kobayashi un pupillo di Jacob, oltre che un habitué del Festival, cui parteciperà anche l'anno successivo, con Koroshi [殺し (Film Noir)], e, di nuovo nella sezione “Un Certain Reguard”, nel 2001, con Aruku, hito [歩く、人 (Man Walking on Snow )].
Il successo internazionale di Kobayashi non è tuttavia esente da alcune critiche. Indipendentemente dalla notevole qualità dei suoi film, il regista era ancora ben lontano dal trovare una propria cifra stilistica, anzi, talvolta le citazioni e gli omaggi ai suoi maestri e numi tutelari erano tali da rasentare il plagio. Il regista continuò comunque a mietere successi internazionali, anche nel Bel Paese, quando nel 2003 incantò la platea del Festival di Locarno, vincendo il premio della giuria, con Kanzen-naru shiiku: onna rihatsushi no koi [完全なる飼育 女理髪師の恋 (Perfect Education 5: Amazing Story)].

Bisognerà aspettare però il 2005 affinché Kobayashi maturi una propria consapevolezza d'autore indipendente, non privo sì di rimandi al cinema dei “Maestri”, ma dotato comunque di un linguaggio personale. Il film di cui parliamo è Bashing (バッシング)(5), presentato nel 2005, guarda caso di nuovo a Cannes.
Bashing narra del ritorno in patria di una volontaria che, durante la guerra in Iraq, era stata presa in
ostaggio dalle armate presidenziali. Il suo ritorno a casa sarà irto di difficoltà, in quanto dovrà poi scontrarsi con l'indifferenza ed il rimprovero dei suoi connazionali. Rinviando ad ogni modo, per approfondimenti sul punto, alla futura recensione del film(6), mi preme sottolineare che Bashing ottenne un clamoroso successo di pubblico e di critica e che probabilmente rappresenta il capolavoro del regista.
Due anni dopo Kobayashi gira Ai no yokan, presentato in concorso a Locarno nel 2007.


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Ai no yokan.

Il senso dell'amore(7), questo il titolo dell'opera che porta Kobayashi a vincere il Pardo d'oro al Festival di Locarno, è un film molto personale. Il titolo inglese “The Rebirth” cioè la rinascita, pur si confà alla trama, che in realtà è molto semplice.
Si parte da un prologo: una giovane studentessa uccide, siamo nella periferia di Tokyo, una sua compagna di scuola. È già successo. Il regista non ha interesse al “fattaccio”. Non è di questo che vuol parlare. Il film incomincia adesso. Siamo in commissariato e la polizia interroga in separata sede i genitori delle due protagoniste del delitto. Da un lato la madre della giovane assassina, Noriko, interpretata dalla bravissima Watanabe Makiko, dall'altro il padre della vittima, Jun'Ichi, interpretato dallo stesso Kobayashi. Lei vorrebbe parlare con lui, chiedergli perdono. Lui non se la sente, non ancora almeno.
Così scappano, lui dal suo lavoro, lei dalla sua vita. Lui va in Hokkaido, la più settentrionale delle isole dell'arcipelago nipponico, e trova lavoro in un'acciaieria ed alloggio in un ostello. Lei torna ai suoi luoghi natii. Cioè nell'isola di Hokkaido, e trova lavoro come cuoca in un ostello. Non c'è bisogno neanche di fare due più due per capire che il destino ha giocato loro un brutto scherzo, facendoli ritrovare. Ma è davvero un terribile scherzo del destino, ovvero si tratta di un'altra possibilità loro offerta?
I due si incontrano, ogni giorno, per i corridoi. Si conoscono, sanno chi è l'uno/a e chi è l'altra/o. Si ignorano, ma poi scoprono di non poter più fare a meno di questi incontri fugaci. Si cercano e si respingono.
Il regista indugia nel raccontarci della loro vita quotidiana. Ogni giorno gli stessi gesti, la stessa routine. Anche a pranzo non cambia nulla. Zuppa di miso e riso per lui e un tramezzino con del succo di frutta per lei! Soli, entrambi con il loro dolore lacerante, mai una parola con i colleghi, mai uno svago, mai un sorriso. Passano così i giorni, la vita, portandosi sulle spalle il peso della propria sventura, con i loro gesti e le situazioni ossessivamente ripetitive.
Tutto si ripete il giorno dopo, quasi in modo identico, e ancora, ancora, ancora. Come un’unica sequenza di montaggio di un’interminabile giornata; dall’immobilità della macchina da presa all’espressione del protagonista, fino alla sua posa mentre si consegna alla visione dello spettatore, di fronte, in un tu per tu muto, imbarazzante. Difficile da reggere per il pubblico, qualcuno si spazientisce, non capisce. Ma quanto durerà? E proprio qui sta il punto. Quanto può durare la sofferenza di un padre che ha perso la figlia? Quando sarà in grado di guardare in faccia chi gli ha procurato tanto dolore?

Ma dopo il loro incontro/rincontro qualcosa sembra cambiare.
La loro routine quotidiana sembra cambiare. Prima solo piccoli gesti, poi anche l'ora di pranzo diventa più variegata, ma soprattutto il cambiamento si evidenzia dal loro rapporto con i mezzi di comunicazione, il cellulare in primis. Spento, immobile, senza vita per quasi tutto il film, diventa improvvisamente l'oggetto degli sguardi di Noriko e Jun'Ichi. Oramai sempre acceso, sembra essere l'unica loro speranza di rinascita, una rinascita che, probabilmente è in una parola.... E nel rapporto unico che viene a crearsi tra chi deve concedere il perdono e chi lo aspetta, nell'angoscia che non arrivi mai...
Noriko e Jun'Ichi si muovono davanti alla macchina da presa, come automi, privi di vita, o no, forse non è così.
No, è diverso... Sono vivi.
Ma che cos'è rende davvero un uomo vivo?
Ce lo dice Noriko, attraverso la sua intima ribellione al desolante insostenibile vuoto da assenza di comunicazione e di intimità. Lei che, mentre sopporta il peso del dolore, non smette di sentirsi responsabile anche per quello dell’altro, e continua a ricercare l’incontro che solo potrà preludere ad un perdono. Interesse sincero che dà calore, mostrando alla lunga tutta la sua forza rigenerante.
La solitudine, l'odio, la disperazione, piano piano lasciano il posto ad una speranza seppur flebile.
Uno spiraglio di luce, il desiderio di perdonare, la voglia forse di riavvicinarsi alla vita e forse all'amore... Dopo tanto dolore lacerante, la rinascita è (forse) davvero possibile.
Pura poesia in 103 minuti scanditi dal silenzio, dialogo quasi inesistente (ma a che servono le parole?) e volti segnati dalla sconfitta.

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Ancora alcuni spunti...

Il film mi è piaciuto moltissimo, questo l'avrete capito, ormai. Tuttavia credo sia giusto porre in evidenza alcuni limiti del cinema di Kobayashi che non rendono il suo un prodotto fruibile a tutti.
Non c'è dubbio che tagliato di circa 10-15 minuti il film sarebbe potuto essere un capolavoro. La continua insistenza del regista sulle situazioni quotidiane e la quasi totale assenza di parlato, rischia invece di stancare lo spettatore meno paziente, poco abituato ai ritmi narrativi di certo cinema.
Se non vi piacciono i film così, allora non guardatelo, vi fareste solo del male e poi finireste per
giudicarlo nella maniera sbagliata. Non è un film per tutti.
Ma se comunque vorrete vederlo, ricordatevi che l'ossessiva ripetizione di certe scene, quella che prima abbiamo definito routine, non ci viene mostrata così a caso, ma ha un suo fine, fondamentale all'evoluzione del film stesso. Se è vero che Kobayashi avrebbe anche potuto tagliare di qualche minuto, è pur vero che tagliando troppo avrebbe finito per rovinare l'opera dandogli un non so chedi affrettato(8).
È invece inutile negare un certo mestiere nell'opera di Kobayashi. Visto infatti il notevole apprezzamento che parte della critica (spesso fin troppo favorevole) gli ha frequentemente tributato, non deve stupire che il regista indugi in certi trucchi e in certo “stile” di maniera, o meglio, in certo stile tipicamente “festivaliero”.
Spero possiate comunque apprezzarlo così come ho fatto io.

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Alcuni ringraziamenti ed altre note(9).

Grazie a battle per il suo lavoro di revisore: semper fidelis!!!!
Grazie a Kitano che mi ha ricordato di sto' film che avevo da tempo nel cassetto.
Grazie a Cignoman per la sua disponibilità. Dimentichiamo spesso quanto possa essere difficile coordinare più folli che hanno in comune la stessa folle passione. Per farlo bisogna essere o degli eroi o, probabilmente, ancora più pazzi!

Il film era già stato tradotto dal sottoscritto per altri lidi, ma comunque ho rivisto quasi tutta la precedente traduzione, dato che si trattava di un lavoro oramai un po' vecchiotto. Ho dovuto, al contrario, rideterminare totalmente il timing per adattarlo alla versione attualmente in commercio.

La versione dei sub è la VH-PROD.

Per qualsiasi problemi a reperire il film, non esitate a contattarmi via PM.

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Note alla recensione.

1 Kobayashi, all'età di soli 24 anni, infatti si arrischiò addirittura a volare fino in Francia, alla ricerca di Truffaut, cui
voleva chiedere di assumerlo come assistente alla regia (sic!). Non riuscì in alcun modo però a parlare con il regista
francese.
2 Shiina si farà poi notare soprattutto nello splendido Kin'yû fushoku rettô: Jubaku [ 金融腐蝕列島 呪縛
(Spellbound)], di Harada Masato (原田眞人), regista poco noto in occidente, nonostante abbia diretto un film come
“Bounce ko gals” (バウンス ko GALS), del 1997, se non per le sue uniche comparse da attore in film come
“Fearless”, con Jet Lee e “The Last Samurai”, con Watanabe Ken e Tom Cruise.
3 In realtà girato nel 1997.
4 E non certo fortuitamente. È merito infatti dell'audacia di Kobayashi, che inviò il film allegato ad una cartolina
postale a Jacob, se quest'ultimo ebbe poi l'occasione di vederlo.
5 Presto su questi lidi, spero...
6 Vedi nota 5 ^__^.
7 Lo yokan è un dolce tipico giapponese, quindi la traduzione letterale è in realtà un gioco di parole, che andrebbe
inteso più o meno come: “La dolcezza dell'amore”...
8 Sarebbe stato come chiedere a Tsai Ming-liang (altro regista che molto deve a Truffaut) di tagliare qualche minuto
alla scena finale di Vive l'amour. Sarà pure stancante, molti non l'hanno capita né apprezzata, ma se la tagli il film
perde un terzo del suo fascino!
9 Incomincio a temere che la mia prolissità in queste recensioni possa costarmi in futuro l'esilio dal sito...


See ya' soon! :em41:


Sottotitoli

Allega file  The Rebirth AWita.zip (6.02K)
Numero di downloads: 82



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Messaggio modificato da Cialciut il 07 May 2010 - 02:35 PM
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 foto battleroyale 07 May 2010

Bel film, peccato solo da una prolissita spesso inutile e da un ripetersi estenuante degli eventi. Resta comunque una visione imprescindibile e di rara potenza.
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 foto battleroyale 07 May 2010

 Shimamura81, il 07 May 2010 - 11:04 AM, ha scritto:

Grazie a battle per il suo lavoro di revisore: semper fidelis!!!!

Grazie a te per aver tradotto questa chicca! :em83: :em11:
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 foto Dan 07 May 2010

Masahiro.. Dio ve ne scampi! Un non-regista, o semplicemente uno che ha sbagliato mestiere.


PS: Truffaut l'avrebbe preso a calci ******* :em83:
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 foto Kitano 07 May 2010

Ma grazie a te :em83:

Il Dvd sta ancora "arrivando". Poi finalmente potrò vederlo!!
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 foto Shimamura 07 May 2010

 Dan, il 07 May 2010 - 01:24 PM, ha scritto:

Masahiro.. Dio ve ne scampi! Un non-regista, o semplicemente uno che ha sbagliato mestiere.


PS: Truffaut l'avrebbe preso a calci ******* :em83:

concordo sull'impossibilità di un confronto con Truffaut (che comunque seppure idolatrato da molti è un regista tutt'altro che perfetto e non privo di pecche, prima tra tutte la sua eccessiva dipendenza dal cinema di Renoir), ma dubito che abbia sbagliato mestiere, altrimenti sarebbero in molti (troppi) ad averlo fatto...
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 foto Giangi 08 May 2010

grazie! Non vedo l'ora di spararmelo...
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 foto Cignoman 08 May 2010

Presto lo vedrò!!! Grazie a Shimamura81 per le sue traduzioni ineccepibili e la celerità con cui ce le propone!!! Grazie ancora per la cura che mette nelle recensioni, fornendoci tutti gli strumenti per vivere queste opere con lo spirito dei veri cinefili integralisti. Ci fa tutti più ricchi, fa la community ancor più preziosa.
Messaggio modificato da Cignoman il 08 May 2010 - 02:02 PM
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