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[RECE][SUB] The Professor and His Beloved Equation


13 risposte a questa discussione

#1 Cignoman

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Inviato 07 January 2012 - 05:12 PM

THE PROFESSOR AND HIS BELOVED EQUATION


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Regia di Takashi Koizumi


Titolo originale: Hakase No Aishita Sushiki (博士の愛した数式)
Anno 2006
Durata 117' (1h 57')

Tratto dal romanzo di Yoko Ogawa "La formula del professore",

edito in Italia da Il Saggiatore Tascabili, 2010.


Sceneggiatura di Takashi Koizumi
Montaggio di Hideto Aga
Fotografia di Hiroyuki Kitazawa e Masaharu Ueda
Musiche di Takashi Kako

Cast artistico: Akira Terao (il professore), Eri Fukatsu (Kyoko, la collaboratrice domestica), Takanari Saito (Radice da bambino), Hidetaka Yoshioka (Radice da adulto, professore di matematica), Ruriko Asaoka (la cognata del professore).

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Trama: La prima lezione dell'anno del nuovo professore di matematica è un racconto autobiografico, una somma di flashback che diventano spunti per scoprire la bellezza nascosta nei numeri. Figlio di una ragazza madre che fa la donna di servizio, trova nell'uomo di cui la madre si occupa per lavoro un maestro non convenzionale, una figura paterna. Si tratta di un anziano professore di matematica affetto da un handicap che da 10 anni lo obbiga a vivere solamente 80 minuti per volta, dato che il suo cervello, a causa di un incidente, non riesce più a raccogliere nuovi ricordi. Il professore, nonostante questo, vive con grandissima dignità, giorno per giorno, circondato dall'armonia dei numeri, dalla divina bellezza che pervade l'universo e che attraverso di essi diviene intelleggibile.


Vedere un mondo in un granello di sabbia,
E un paradiso in un fiore selvatico
Tenere l’infinito nel cavo della mano
E l'eternità in un'ora.


"Gli auguri dell’innocenza" di William Blake


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La sceneggiatura si discosta abbastanza dal romanzo, esplicita i riferimenti al buddhismo zen, abdica ai temi sociali che il romanzo in parte sviluppa, se vogliamo prende una piega più buonista e forse più fiabesca. In ogni caso consiglio la lettura del romanzo della Ogawa che costituisce a mio avviso un eccellente esempio di letteratura giapponese contemporanea.

PUNTI FORTI DEL FILM:
- Eccellente interpretazione di Akira Terao (al solito)
- Spunti intelligenti ed originali per approfondire il fascino della matematica
- Capacità di trasmettere serenità unita ad un certo humor
- Tecnicamente pulito, una piacevolissima visione

PUNTI DEBOLI DEL FILM:
- Un certo grado di compiaciuto buonismo
- Tempi a tratti eccessivamente dilatati


SOTTOTITOLI:

Allega file  The.Professor.And.His.Beloved.Equation.2006.AsianWorld.zip   31.81K   72 Numero di downloads

Versione: 2 cd 701 699


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Takashi Koizumi prende spunto dal bel romanzo di Yoko Ogawa per narrarci una storia delicata e colma di saggezza zen. Chi preferisce gustarsi il film per se stesso e casomai (giustamente) approfondire solo in seguito, forse è opportuno che non legga oltre, attenzione! Mi scuso sin d'ora per le mie limitate capacità di riassumere la vastità di implicazioni culturali e filosofiche che sottostanno alle numerosissime metafore più o meno nascoste nella sceneggiatura.

Il professore ha le caratteristiche tipiche del maestro taoista: vive discosto e all'apparenza sembra un vecchio svitato (come Socrate, se vogliamo) con la sua logora giacca coperta di foglietti, non si cura per nulla dei riconoscimenti sociali e posside un alto grado di umiltà: non riconosce a se stesso alcun merito, quello che fa per sua ammissione è solo "sbirciare nel blocknotes di Dio". Il suo amore per la matematica è l'amore fine a se stesso per la bellezza nascosta dell'universo che attraverso i numeri si manifesta. Il mondo invisibile (immanente) sostiene quello tangibile. Non esiste la casualità, esiste una molteplicità incommensurabile di relazioni causa-effetto, un meccanicismo karmico che a tratti, grazie alla matematica e grazie soprattutto all'intuito, diviene almeno in parte intelleggibile. Tale bellezza si riflette da ogni singola unità (convenzionale, che è forma vuota) al tutto e dal tutto all'unità: per questo il professore rimane affascinato nel guardare Kyoko che cucina, perché nelle cose semplici vi è la totalità della bellezza e dell'armonia, se la si sa vedere (chiaramente un tratto del buddhismo zen e delle più classiche arti giapponesi che si sono sviluppate a partire da questo atteggiamento).

Il professore dunque possiede la sensibilità, la chiave per leggere la realtà (sa scorgere la prima stella che appare in cielo) e trasmette questa sua ricchezza a Kyoko, la domestica, e al figlio, soprannominato Radice. In questo senso il film è la storia di un rapporto umano che arricchisce. Illuminazione della quotidianità alla portata di mano degli umili. Il rapporto tra il professore e Kyoko è speciale: 9 domestiche prima di lei sono passate per quella casa e sono state cacciate, non hanno saputo vedere: i numeri amici (vedi nota relativa) infatti sono rari. Ma un presagio, un segnale che Kyoko e il professore sono legati si manifesta sin dal principio attraverso proprio due numeri amici, 220 e 284. Non esiste il caso, l'armonia nasce dalla complessità e si manifesta a chi la sa cogliere. Il piccolo Radice, figlio di Kyoko, riceve questo soprannome per via della sua testa un po' appiattita, simile dunque al simbolo del radicale, ma per il professore (che ha l'inuito del maestro zen) è soprattutto l'indizio della capacità del bambino di accettare gli altri, di essere sincero e generoso: il tratto orizzontale del simbolo di radice è come un braccio che si allarga sulle spalle di ciascun numero, che accoglie sotto di sè, protegge, si prende cura, rifiuta la discriminazione, il dualismo. Una metafora, se vogliamo, dell'infinita compassione che è inscindibile nel buddhismo dall'infinita saggezza. Persino quando la fiducia di Kyoko nel professore vacilla, Radice non dubita mai di lui.

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Il professore ama particolarmente i numeri primi, quelli che stanno per conto proprio, che non hanno divisori, la cui distribuzione è imprevedibile. A mio avviso i numeri primi diventano una sorta di metafora delle persone che sono capaci di seguire il proprio percorso senza lasciarsi influenzare dalle circostanze e dagli altri, le persone che sanno perseguire con coerenza la via della saggezza, con dignità: mi viene subito in mente la poesia "Alla pioggia non si arrende" di Miyazawa Kenji, che viene citata in un altro film del regista Takashi Koizumi, "Letter from the Mountain". L'ideale di una vita zen, dunque.
Quando il maestro aiuta Radice a risolvere i problemi di matematica per scuola troviamo ancora l'atteggiamento del maestro buddhista zen: non importa quanto semplici siano i quesiti e quanto Radice riesca a perdersi in dettagli e vicoli ciechi, il professore lo supporta e lo incoraggia, trova sempre un modo per lodarlo. E questo perché al professore non interessa il risultato, interessa il processo: tipicamente questo nello zen si riassume nell'idea che l'illuminazione è la via stessa, il percorso. Non ci deve essere nessun ansia o tensione verso il conseguimento di qualcosa perché l'illuminazione si manifesti: così nel kyudo, o shado, il tiro con l'arco tradizionale giapponese si insegna a dimenticare il bersaglio e concentrarsi solo sulla pura estetica del gesto e sul respiro. Allo stesso modo quando il professore partecipa ai concorsi proposti dalle riviste di matematica non ha nessun desiderio di vincere, di arrivare primo, di ricevere il premio in denaro, ma solo di rendere manifesta l'armonia divina attraverso dimostrazioni eleganti.
Un altro insegnamento del professore a Kyoko parte dal concetto di retta: nessuno può disegnare una retta, al massimo un segmento e questo perché lo spazio, il tempo, le energie sono limitate. La matematica riesce però a descrivere sinteticamente una retta e questo perché la verità eterna, invisibile e imperturbabile esiste aldilà del mondo fenomenico così come ci appare dal nostro piccolo e parziale punto di vista. Proprio come sostenevano i pitagorici. Analogamente, per il professore è fondamentale il numero immaginario (vedi nota) radice di -1, " i ", che non appare mai nella realtà e che simboleggia tutto ciò che si può vedere solo con l'anima. Sia +1 che -1 al quadrato risultano sempre 1. E allora quale sarà la radice di -1? Un numero immaginario, qualcosa che non si manifesta ma che si percepisce solo con l'intuizione. D'altronde il buddhismo zen non si può conoscere se non per intuizione, non si trasmette che da cuore a cuore, mai con le fallaci parole che scontano il difetti di ogni convenzione e generano il pensiero dualista.
Il vero cuore zen della sceneggiatura però è proprio il particolare handicap del professore: ogni mattina si sveglia, legge il foglietto che ha attaccato alla manica sinistra e scopre che degli ultimi 10 anni vissuti non ricorda nulla. Si scopre inutile. Proviamo ad immaginare l'angoscia di una scoperta simile che si ripete senza eccezione giorno dopo giorno: "La mia memoria dura solo 80 minuti". Alla base del pensiero buddhista c'è la presa di coscienza che il dolore è immanente nella condizione umana perché ogni realtà è transitoria, impermanente. Così il professore che mormora "Sono inutile..." partecipa della limitatissima e dolorosa condizione umana ad un grado superiore. Come dare dignità ad una vita menomata? L'handicap si trasforma quasi in un vantaggio: il professore è COSTRETTO a vivere per il presente, sempre. Valorizzando il presente. Quello che viene anche chiamato l'ideale dello zen di ogni istante. "Continuamente gettate via il pensiero casuale, mentre conservate ogni singolo respiro. A causa del potere delle abitudini accumulate nel passato, si perde di vista il sé presente. A questo punto, uno sforzo al di sopra e oltre il potere delle abitudini acquisite è necessario. Proprio fare questo è la cosa più difficile." scrisse Eihei Dōgen, patriarca del Soto Zen. La focalizzazione sul presente cancella l'angoscia per il futuro e il peso dei fantasmi del passato, "Io non ho niente da perdere", dice il professore staccandosi i foglietti di dosso nell'apice drammatico del film. Come dice la cognata del professore in una scena: "Ogni nuovo giorno si aggiunge agli altri" e quindi solo accettando la propria condizione si può valorizzarla.

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Qual'è infine l'equazione amata dal professore sopra tutte le altre, quella del titolo? La summa, a suo avviso, dell'armonia cosmica è l'identità di Eulero. In essa si trovano collegate l'unità 1 (che se vogliamo è il mondo tangibile della forma, della convenzione dualista), due costanti universali rappresentate da due numeri irrazionali (il pi greco e la " e ", la base dei logaritmi naturali, detta anche costante di Nepero), l'ineffabile numero immaginario " i " (che è quindi ciò che è visibile solo all'anima, all'intuito, alla sensibilità umana, all'amore) e lo zero, interpretabile come una versione dell'enso (円相), il cerchio zen che simboleggia innumerevoli cose, tra cui l'universo, l'illuminazione e soprattutto la vacuità (esistenza priva di noumeno, come dice anche qualcuno per tentare di definirla). Nella scena climax del film il professore gioca questa carta, in silenzio, ed uccide il demone che possiede sua cognata: il demone del desiderio di possesso, nato dal dolore, dal rammarico per un figlio mai nato. La cognata invidia Kyoko perché lei, ragazza madre e povera, ha avuto il coraggio di mettere al mondo Radice, quel bambino così amato dal professore. La cognata, invece, da quello che possiamo intuire dagli accenni della trama, rimasta vedova del marito ha avuto una relazione con il fratello minore di quello, il professore appunto, e, rimasta in cinta, ha preferito abortire, magari per non suscitare uno scandalo (incarna con la sua compostezza da dama elegante e colta i falsi valori della borghesia contrapposti alla dignità dei semplici). Composta la frattura (e qui si discosta molto dal romanzo), ogni cosa trova il suo posto nell'armonia, il professor Radice conclude la sua lezione e torna, con l'immaginazione, a giocare a baseball con il suo mentore-professore, sotto gli occhi benevoli di Kyoko e della cognata del professore.



- - - N O T E - - -



NUMERI PRIMI
Un numero primo è un numero naturale maggiore di 1 che sia divisibile solamente per 1 e per sé stesso.

NUMERI AMICI
Un giorno chiesero a Pitagora: "Chi è un amico?"
Egli rispose: "Colui che è l'altro me stesso."
E portò come esempio i numeri 220 e 284. Sono due numeri amici perché ciascuno di essi è uguale alla somma dei divisori propri dell'altro.
Un divisore proprio di un numero è un divisore minore del numero stesso.
I divisori di 220 sono 1,2,4,5,10,11,20,22,44,55,110
1 + 2 + 4 + 5 + 10 + 11 + 20 + 22 + 44 + 55 + 110 = 284
I divisori di 284 sono 1,2,4,71,142
1 + 2 + 4 +71 + 142 = 220
I numeri 200 e 284 sono la più piccola coppia di numeri amici.

NUMERI PERFETTI
Un numero si dice perfetto quando è uguale alla somma dei suoi divisori propri.
Ad esempio, il numero 28, divisibile per 1, 2, 4, 7, 14 è un numero perfetto (28 = 1 + 2 + 4 + 7 + 14): lo stesso per 6 che è divisibile per 1, 2 e 3.
6 = 1 + 2 + 3
28 = 1 + 2 + 4 + 7 + 14

NUMERI IMMAGINARI
Per definizione, l'unità immaginaria i è una soluzione dell'equazione:
x^{2} + 1 = 0
Le operazioni sui numeri reali possono essere estese ai numeri complessi considerando i come una quantità incognita durante la manipolazione delle espressioni, e poi usando la definizione per sostituire i^{2} con -1.

NUMERI IRRAZIONALI
In matematica, un numero irrazionale è un numero reale che non è un numero razionale, cioè non può essere scritto come una frazione a / b con a e b interi, con b diverso da zero. I numeri irrazionali sono esattamente quei numeri la cui espansione in qualunque base (decimale, binaria, ecc) non termina mai e non forma una sequenza periodica.

ENATSU

Nel film viene citato il giocatore di baseball preferito dal professore, il numero 28 (numero di maglia perfetto) Yutaka Enatsu (江夏 豊), uno dei più grandi lanciatori giapponesi di tutti i tempi.

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Nella stagione 1968 raggiunse il record di 401 strikeout (eliminazione diretta del battitore ottenuta con tre strike), ancora imbattuto. Dal 1967 al 1965 militò della famosissima squadra degli Hanshin Tigers.




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Messaggio modificato da Cignoman il 26 January 2012 - 08:48 AM

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#2 fabiojappo

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Inviato 26 January 2012 - 08:57 AM

Da fan della scrittrice Yoko Ogawa, avevo un certo timore di vedere la trasposizione del suo bel libro "La formula del professore". La visione non mi ha deluso. Pregi e difetti sono ben elencati da Cignoman nella recensione. Il film non è eccezionale, ma è sicuramente piacevolissimo. E fa provare una certa simpatia per i numeri anche a chi, "uomo di lettere" come me, fatica a far di conto e ha sempre pensato che "i numeri non si possono amare".

#3 Tyto

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Inviato 26 January 2012 - 12:41 PM

In pochi possono scrivere una recensione così lunga e mantenere il mio interesse fino alla fine... Complimenti e grazie!
file:///C:/Users/Francesco/Desktop/Francesco/Personale/inkan/Inkan.jpgImmagine inserita

#4 Asaka

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Inviato 26 January 2012 - 02:36 PM

Grazie mille, splendida recensione :)

#5 Shimamura

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Inviato 27 January 2012 - 05:12 PM

Grazie mille Cignuzz!!!!

Hear Me Talkin' to Ya




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AsianCinema: Laura (Rolla, 1974), di Terayama Shuji; Day Dream (Hakujitsumu, 1964), di Takechi Tetsuji; Crossways (Jujiro, 1928), di Kinugasa Teinosuke; The Rebirth (Ai no yokan, 2007), di Kobayashi Masahiro; (/w trashit) Air Doll (Kuki ningyo, 2009), di Koreeda Hirokazu; Farewell to the Ark (Saraba hakobune, 1984), di Terayama Shuji; Violent Virgin (Shojo geba-geba, 1969), di Wakamatsu Koji; OneDay (You yii tian, 2010), di Hou Chi-Jan; Rain Dogs (Tay yang yue, 2006), di Ho Yuhang; Tokyo Olympiad (Tokyo Orimpikku, 1965), di Ichikawa Kon; Secrets Behind the Wall (Kabe no naka no himegoto, 1965) di Wakamatsu Koji; Black Snow (Kuroi yuki, 1965), di Takechi Tetsuji; A City of Sadness (Bēiqíng chéngshì, 1989), di Hou Hsiao-hsien; Silence Has no Wings (Tobenai chinmoku, 1966), di Kuroki Kazuo; Nanami: Inferno of First Love (Hatsukoi: Jigoku-hen, 1968) di Hani Susumu; The Man Who Left His Will on Film (Tokyo senso sengo hiwa, 1970), di Oshima Nagisa.
AltroCinema: Polytechnique (2009), di Denis Villeneuve ; Mishima, a Life in Four Chapters (1985), di Paul Schrader; Silent Souls (Ovsyanky, 2010), di Aleksei Fedorchenko; La petite vendeuse de soleil (1999), di Djibril Diop Mambéty; Touki Bouki (1973), di Djibril Diop Mambéty.
Focus: Art Theatre Guild of Japan
Recensioni per AsianWorld: Bakushu di Ozu Yasujiro (1951); Bashun di Ozu Yasujiro (1949); Narayama bushiko di Imamura Shohei (1983).

#6 Cignoman

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Inviato 27 January 2012 - 07:36 PM

Troopo buoni!

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#7 ~Loony~

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Inviato 27 January 2012 - 09:56 PM

Grazie mille, penso proprio che lo guarderò. ♥

#8 Picchi

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Inviato 27 January 2012 - 11:31 PM

Eccolo! Faccio parte di coloro che mettendo la curiosità e la tentazione da parte, posticiperanno la lettura della recensione a visione effettuata.Grazie mille Cigno, lo aspettavo tanto :em41: :em41:

"猿も木から落ちる" (Anche le scimmie cadono dagli alberi)





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#9 Umberto D.

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Inviato 28 January 2012 - 11:11 AM

grazie Cignoman e complimenti per l'ottima recensione!
la figura paterna che incontra il ragazzino mi ricorda la parte di Russell Crowe in "a beautiful mind", una mente brillante affetta da un male che la sta degenerando, anche se qui sembra avere l'effetto opposto, l'handicap che gli ha causato l'incidente va visto come un dono che gli permette di valorizzare il presente. Grazie ancora!

Messaggio modificato da Umberto D. il 31 January 2012 - 10:20 AM

La maggior parte dei film segue lo stesso schema: azione, cut, azione, cut.

Si limitano a seguire una trama. Ma la storia non è solo nelle azioni umane,

tutto può essere storia. Un uomo che aspetta in un angolo può essere una storia." Béla Tarr






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