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[RECE][SUB] Even If You Walk And Walk

 foto Oda 02 Apr 2009

Even If You Walk And Walk


(Still Walking)


Immagine inserita


Giappone, 2008. 114 minuti


Cast

You, Kiki Kirin, Abe Hiroshi, Harada Yoshio, Natsukawa Yui




Commento personale
A mio personale modo di vedere, questo non è un film adatto a tutti.
Il cinema di Kore-eda è molto particolare, se vogliamo possiamo anche definirlo di "vecchio stampo".
L'accezione del termine non nasconde nessuna critica negativa, bensì ne sottolinea un'ideale continuazione di una certa cinematografia classica. In altre parole, se c'è un regista giapponese il cui stile si avvicini a quello di Ozu Yasujiro, quello è sicuramente Kore-eda Hirokazu.
Fatta eccezione per la parentesi "jidai-geki" di "Hana yorimo naho", tutta la sua filmografia è incentrata sul ricordo (spesso, della morte di qualcuno), sulla funzione di esso e sulla sua capacità di influire (quasi sempre in maniera negativa) sulle vite degli altri.

Anche "Even if you walk and walk" segue il filone tematico iniziato con "Maboroshi" e proseguito poi con "Wonderful life" (Afterlife) e "Distance"(film che amo).
Al centro del racconto c'è nuovamente una famiglia (analogamente a Maboroshi e Nobody Knows), che se brevemente analizzata, è composta a sua volta da altri piccoli nuclei familiari. Ci sono gli anziani genitori con i loro figli Ryota e Chinami. C'è il trio formato da Ryota, la sua compagna ed il figlio di lei, avuto da un matrimonio precedente (madre e figlio possono essere ulteriormente visti come un altro – ed estraneo – nucleo familiare) ed infine Chinami, il marito Nobuo e i loro due figli. Tale varietà, porta inesorabilmente al cambiamento della "struttura di base della famiglia Yokoyama".

Infatti, Chinami ed il marito desiderano trasferirsi nella grande casa sul mare dei genitori, andando a minare la tranquillità degli ultimi anni di vita degli anziani e lo stesso Ryota è fonte di preoccupazione per la madre, per essersi preso come compagna una donna già sposata e con un figlio a carico.

Ma il vero nucleo dell'intera storia è il rapporto tra Ryota ed il padre.
L'anziano è ormai un medico in pensione che vorrebbe ancora esercitare la sua amata passione, ma l'età glielo impedisce.
Ryota, aspirante medico, (non) è un restauratore di opere d'arte che vive gli sporadici incontri con i genitori come una sofferenza.
Il suo malessere (e quello del padre) deriva dalla morte del fratello maggiore Junpei, futuro medico e ereditario designato della clinica Yokoyama.

La sua morte, avvenuta 15 anni prima, sconvolge le speranze del padre che si rassegna ad usare le stanze, ormai inutilizzate, del suo ambulatorio solo come uno spazio per la riflessione e per la dolorosa reminiscenza dei ricordi.
Ryota, per un non ben chiaro motivo (per un’aspirazione differente oppure per l'inadeguatezza a tale ruolo) decide di cambiare vita e abbandonare il sogno di diventare medico, cancellando definitivamente le ambizioni del padre. Da qui, lo scontro tra i due: da una parte il vecchio Kyohei, che non digerisce il fatto che il suo unico figlio maschio non porti avanti la tradizione medica familiare, dall'altra Ryota, che contesta il comportamento del padre.

Il tocco di Kore-eda dà un’aura di realismo eccezionale al film. La storia è terribilmente realistica ed è facile immergersi nelle situazioni vissute dai personaggi.
Mi ha ricordato una vecchia domenica d'estate, tra i giochi all'aperto con i miei cugini, i profumi della cucina di mia nonna, gli zii che parlavano di lavoro, le zie che sparlavano dei vicini. Provare per credere.

"Aruite mo aruite mo", tradotto in inglese con "Even if you walk and walk" ovvero "anche se cammini e cammini".
Il significato sta tutto qui. La vita è una lunga camminata, anche se cammini e cammini non saprai mai dove arriverai e cosa potrà succedere; gli eventi che segnano, sono spesso quelli inaspettati e la loro preventiva programmazione (quando è possibile) alla lunga si riduce ad essere solo un passo, spesso insignificante, di una lunga camminata.

Anche per questo film ho tradotto direttamente tutto dal giapponese, sperando di essermi attenuto il più possibile ai dialoghi originali.
Ho ignorato i sottotitoli inglesi che spesso riportavano frasi tradotte in maniera diversa da quelle originali.
Per dovere di informazione ho lasciato invariati termini come "daikon" (una specie di rapa giapponese), "Obon" (una festa simile ai nostri Santi) e pochi altri, e ho adattato, alla meno peggio, espressioni pressoché intraducibili come "Itte irasshiai"(suonerebbe come "sono contento che tu esca, vada fuori) e "Gochisou sama" (dopo un pasto, "grazie per l'ottimo pasto, cibo).

Un grazie a François Truffaut per la revisione dei sottotitoli.



Kore-eda Hirokazu
Kore-eda ha una spiccata fascinazione per l'essenza della memoria: in qualche modo tutti i suoi film sono esperimenti sulla realtà, sull'apparenza, sulla rappresentazione dei ricordi e delle illusioni e, collegato a tutto ciò, sul rapporto tra la vita e la morte. La sua opera diventa così una sorta di trattato filosofico di questo complesso, in cui queste stesse questioni vengono analizzate continuamente, ma da punti di vista sempre differenti.
Kore-eda ha dichiarato che questo suo interesse deriva dal fatto che suo nonno soffriva di Alzheimer e che quindi aveva dovuto osservare costantemente le sue continue dimenticanze e la sua continua “rimisurazione della realtà". Malattie come queste ci ricordano che non viviamo in un unico spazio-tempo, bensì in diverse dimensioni temporali parallele – e che tutte le strutture temporali sviluppate dalla tecnica come dall'arte, sono semplici principi ordinativi che possono creare illusioni o verità.
La filmografia di Kore-eda è un continuum doppiamente artificiale: da un lato, attraverso l'illusione di un flusso (di immagine, suono, racconto, rievocanti frammenti del passato, rianimati, cristallizzati) e dall'altro, attraverso lo spazio più specificatamente cinematografico, che Kore-eda lascia il più possibile integro.
Kore-eda muove la macchina da presa, se la muove, sempre poco e in modo impercettibile: lo spazio, l'istante tridimensionale, è lasciato intatto e non viene modellato ulteriormente dal montaggio.
Il film è un medium: esso esiste in un proprio spazio a cavallo tra presente e passato ed è quindi perfettamente adatto a mettere in collegamento questi due poli. Il film per Kore-eda è la comunicazione tra questi.

Olaf Moller.



SOTTOTITOLI




BUONA VISIONE!





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Messaggio modificato da fabiojappo il 20 September 2018 - 08:53 AM
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 foto Barka77 02 Apr 2009

Film splendido, grazie mille dei subbi! :em63: :em06:
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 foto kunihiko 02 Apr 2009

Grazie Oda!
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 foto battleroyale 02 Apr 2009

Koreeda :em06:

Grazie Oda :em63:
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 foto François Truffaut 02 Apr 2009

Mi unisco al coro dei grazie per aver deciso di sottotitolare questo film, e soprattutto mi complimento con Oda per il suo lavoro di traduzione direttamente dal giapponese.

 Oda, il Apr 2 2009, 01:52 PM, ha scritto:

Mi ha ricordato una vecchia domenica d'estate, tra i giochi all'aperto con i miei cugini, i profumi della cucina di mia nonna, gli zii che parlavano di lavoro, le zie che sparlavano dei vicini. Provare per credere.

Sottoscrivo in pieno le sensazioni impresse nella recensione, in particolare quella di cui sopra.
Aruitemo aruitemo è un de profundis per la famiglia, il modello di un famigliarismo post-Ozu, spietato ma poetico, dove Kore-eda, raccontando in modo mirabile le tensioni visibili ed invisibili di un nucleo di congiunti lacerato al suo interno da un lutto tremendo, mette a nudo le ipocrisie e le contraddizioni dei rapporti familiari e di certi retaggi della cultura giapponese.
Lo consiglio a tutti, anche se richiede uno sforzo per andare oltre la superficie degli eventi. :em88:
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