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[RECE][SUB] Touki Bouki

 foto Shimamura 03 Apr 2016

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Titolo: Touki Bouki

Titolo Internazionale: The Journey of the Hyena

Regia: Djibril Diop Mambéty

Durata: 85'

Anno: 1973

Paese: Senegal

Genere: Drammatico

Traduzione: Shimamura



"Quando i bambini mi chiedono: "Come fa una persona a fare un film?", io dico sempre loro che ognuno di noi dovrebbe avere la libertà di poter fare un film, e per avere libertà c'è bisogno di credere in se stessi. Dico loro di chiudere gli occhi, di guardare alle stelle, e di guardare nei loro cuori, e poi di aprire gli occhi e vedere se il film che volevano è là, dinnanzi ai loro occhi."[1]

Djibril Diop Mambéty


Il viaggio di una iena


Abbiamo già avuto modo di trattare del cinema di Djibril Diop Mambéty riguardo a La petite vendeuse de soleil [2], ed ora torniamo a parlare di lui a proposito di quello che probabilmente è da considerarsi il suo capolavoro: Touki Bouki (pronunciato tukki bukki), ovvero Il viaggio della iena (tit. int.: The Journey of the Hyena).
Restaurato in occasione della rassegna Il cinema ritrovato a cura de La Cineteca di Bologna nel 2008, Touki Bouki è un film girato nel 1973 da un Mambéty quasi esordiente, appena due cortometraggi all'attivo, e con un budget di solo $ 30.000, quasi tutti finanziati da un progetto del governo senegalese.





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Touki Bouki racconta del viaggio on the road di Mory e della sua fidanzata Anta alla ricerca di una via di uscita dalle avversità che la vita gli ha presentato. I due, moderni, quasi hippy, lontani dalle tradizioni, cui comunque essi stessi non sembrano poter evitare di fare riferimento, decidono di lasciare il Senegal per raggiungere Parigi. Ma dove e come trovare i soldi per partire?
Nella tradizione dei griot dell'Africa occidentale, dei cantastastorie e depositari della propria tradizione e cultura, Mambéty traccia uno spaccato sulla storia dell'Africa postcoloniale, in particolare su quella del proprio paese, il Senegal. Maestro in quell'arte che il suo connazionale Sembène definì del mégotage, l'arte di arrangiarsi con pochi mezzi, necessaria ad un regista africano, tuttavia Mambéty rappresenta una rottura nella cinematografia del proprio continente, che vantava all'epoca tra i principali esponenti proprio due connazionali del regista: Mahama Johnson Traoré e il già citato Ousmane Sembène. Eppure l'influenza di entrambi su Mambéty è davvero bassa, in primo luogo per il modo di approcciarsi da parte di essi al "mezzo" cinema. Mentre Traoré e Sembène vedevano il cinema come connotato di una forte valenza politica, e pertanto entrambi, che erano anche scrittori, ponevano la loro attenzione sulle masse, sulla condanna del colonialismo e del postcolonialismo, sul razzismo, filtrati in parte anche attraverso l'ideologia marxista e/o socialista, Mambéty invece non prende posizione, non giudica e non condanna.





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La rottura è però soprattutto nello stile e non tanto nei contenuti. Alla narrazione lineare e quasi didascalica che era stata un classico fino ad allora del cinema africano, Mambéty contrappone le influenze del cinema francese, in particolare secondo la critica di Godard e del suo Pierrot le Fou, ascrivendo in parte la propria produzione all'avant garde.
Touki Bouki è una visione onirica, una storia frammentata e frammentaria, disomogenea, raccontata come mai prima di Mambéty nessuno aveva mai fatto. Mambéty evidenzia il conflitto inevitabile tra nuove e vecchie generazioni di africani, tra tradizione e modernità, tra il desiderio di restare legati alla propria terra e quello di fuggire da essa alla ricerca di un futuro ancora da costruire. La scenografia è composta dagli spendidi e lumisosi paesaggi rurali del Senegal, dalle baraccopoli in cui vivono i protagonisti alle periferie di una Dakar abbandonata a se stessa. I colori caldissimi che caratterizzano il film, magnifici nella versione restaurata del film, sono incorniciati da una colonna sonora a metà tra musica tradizionale africana e free jazz, mentre la regia è dinamica: Mambéty porta la telecamera a braccio, in specie in alcune scene, come quella del mattatoio, che apre il film; adopera jump cuts, alternandoli ad un montaggio frenetico, chiaramente mutuato dal cinema di Ėjzenštejn, e gioca coi contrasti tra le immagini, opponendo scene rurali a scene di modernità, evidenziandone così la contrapposizione e le contraddizioni.
La neutralità che il regista decide di mantenere sulle tematiche affrontate rende di certo il film non facile nella sua interpretazione. È pur vero che già in partenza per uno spettatore europeo un film africano non è esente da difficoltà, così com'è, carico di simbolismi e riferimenti ad una cultura da noi volutamente ignorata e sottovaluta. La iena (bouki) del titolo è nel folklore africano un animale che simboleggia la pigrizia, ed allo stesso tempo l'ingenuità di chi e facile da ingannare e la furbizia di chi è dedito ad ingannare gli altri: il richiamo è evidentemente a Mory, ed alle numerose contraddizioni che il personaggio porta con sé.
Mory è giovane, bello e arrabbiato. Desidera il denaro, desidera il benessere, per se stesso e solo per se stesso. Non rinnega truffe e sotterfugi pur di raggiungere il proprio obiettivo, eppure, appena quest'obiettivo è lì vicino, finalmente a portata di mano, Mory esita, quasi come se vincolato alle proprie radici.





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Mambéty, quasi adoperasse un pennello, piuttosto che una telecamera, dipinge uno spaccato della vita del suo Paese, pregno di simbolismo realista a tinte espressioniste, un capolavoro che ha segnato per sempre la storia del cinema africano, che ne costituisce un punto di non ritorno e probabilmente una delle sue massime espressioni. Rattrista pensare che dopo questo film, l'unica altra pietra miliare del cinema africano sia stato un altro film di Mambéty, Hyènes, del 1992, perché viene spontaneo chiederci cosa sarebbe mai potuto accadere alla storia della settima arte senza la prematura scomparsa del regista.
Assolutamente consigliato.

See ya soon!





SOTTOTITOLI

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(Versione Criterion)



Note


[1] Cfr.: UKADIKE N. F., The Hyena's Last Laugh [interview with Djibril Diop Mambety], in Transition 78 (vol.8, no. 2), 1999, 136-53, Copyright 1999, W.E.B. Dubois Institute and Indiana University Press.

[2] Qui su questo sito.

Messaggio modificato da Shimamura il 03 April 2016 - 12:31 PM
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 foto JulesJT 03 Apr 2016

Film splendido che segna il ritorno del nostro Shima (da sempre attento all'Africa).Merci beaucoup!
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 foto polpa 04 May 2016

Ce l'ho parcheggiato lì da una vita, dio bonino. E sarebbe pure il caso di vederlo (La petite vendeuse era splendido!)
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 foto JulesJT 05 May 2016

polpa, il 04 May 2016 - 07:21 PM, ha scritto:

Ce l'ho parcheggiato lì da una vita, dio bonino. E sarebbe pure il caso di vederlo (La petite vendeuse era splendido!)

E che aspetti, polpuzz? Buttati e non pensarci più. :em66:
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 foto fabiojappo 06 May 2016

Per il tipo di narrazione (frammentata, non lineare, come spiegato benissimo nella presentazione) potrebbe non piacere a tutti. Alcuni poi troveranno forse eccessive le scene del mattatoio... Ma è un gran chicca.
Guardandolo pensavo, ancora una volta, a quanto è fantastica la sezione (insieme ovviamente a quella asiatica) che permette di conoscere film di tantissime parti del mondo. Compreso qualcosa del cinema africano, come in questo caso. E quanto siamo fortunati noi esploratori senza pregiudizi che siamo aperti a tutte le cinematografie. Dove possiamo scoprire film interessanti, a volte magnifici. Mentre molti che si reputano grandi appassionati non vanno oltre film americani e italiani...
Messaggio modificato da fabiojappo il 06 May 2016 - 08:14 PM
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 foto comparsa 06 May 2016

...........l'avevo tradotto alla bell'e meglio anch'io (forse non ho ancora capito bene come funziona AW :mellow: :dubbioso: ) ma a questo punto me lo guardo ringraziando Shimamura ! :clap:
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 foto Shimamura 07 May 2016

comparsa, il 06 May 2016 - 09:18 PM, ha scritto:

...........l'avevo tradotto alla bell'e meglio anch'io (forse non ho ancora capito bene come funziona AW :mellow: :dubbioso: ) ma a questo punto me lo guardo ringraziando Shimamura ! :clap:

My pleasure :em69:

JulesJT, il 05 May 2016 - 11:15 AM, ha scritto:

E che aspetti, polpuzz? Buttati e non pensarci più. :em66:

appunto, che aspetti? :em66: :em66: :em66:
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