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[RECE][SUB] The Crab Cannery Ship

Traduzione fabiojappo, revisione Cignoman

6 risposte a questa discussione

#1 fabiojappo

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Inviato 01 July 2010 - 07:29 AM

The Crab Cannery Ship

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Altro titolo internazionale: The Cannery Boat

Titolo originale: Kanikosen

Nazione: Giappone

Anno: 2009

Genere: Drammatico

Durata: 108 minuti

Regia: Sabu (Tanaka Hiroyuki)

Sceneggiatura: Sabu (da un romanzo di Kobayashi Takiji)

Con: Matsuda Ryuhei, Nishijima Hidetoshi, Kora Kengo, Tanimura Mitsuki, Osugi Ren

Versione: GiNJi

Revisione: Cignoman






TRAMA

Mare di Okhotsk, fine anni Venti. A bordo di un grande peschereccio per la cattura e l'inscatolamento di granchi, i marinai-operai sono costretti a lavorare in condizioni disumane a salari minimi e a subire la violenza del caposquadra Asakawa. I lavoratori sopportano tutto, rassegnati. Ma uno di loro, Shinjo, ha idee diverse dagli altri.


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RECENSIONE

Il film era presente a Berlino. Ecco la recensione di Enrico Azzano (che ringrazio) per Cineclandenstino.it

Emerge con forza dal magmatico Forum, (troppo) ricca sezione della Berlinale, croce e delizia di qualsiasi cinefilo, Kanikosen, ultimo lavoro del cineasta nipponico Sabu (Dead Run, Hard Luck Hero))Un'opera imperfetta, a tratti schematica, politicamente schierata, senza dubbi o concessioni, programmatica e quindi disturbante, contraria a ogni mediazione... in poche parole, coraggiosa.
Kanikosen può essere facilmente smontato, pezzo per pezzo, e attaccato nei suoi punti deboli. Punti deboli evidenti. Perché Sabu, aka Hiroyuki Tanaka, classe 1964, avanza senza esitazioni, grida al mondo un messaggio forte e chiaro, espone senza cedimenti e ripensamenti un manifesto (forse) fuori dal tempo. Da questo tempo. Poi chissà... Ma la sua nave mantiene orgogliosa e fiera la stessa rotta, anche se l'ammiraglia è affondata da decenni, anche se la scalinata di Odessa è stata solo un inutile sacrificio, anche se tutte (tutte!) le rivoluzioni sono passate. Anche se la nave russa e l'ipnotico balletto sono immersi in una luce strana, sfuocata, ipnotica, ingannevole. Il manifesto di Sabu, comunista, anarchico e un po' folle, persino kitsch, è però pura energia, è vitalità, è cinema politico. Merce rara.
Anche se incompiuto […] Kanikosen ha il pieno merito di andare fino in fondo, di "non tradire la causa". Evidente riflesso delle suggestioni di Metropolis di Fritz Lang e debitore, tra gli altri, della poetica e della messa in scena di Shinya Tsukamoto (Tetsuo, Haze), il lungometraggio di Sabu attacca la macchina capitalista, il possente ingranaggio, apparentemente inarrestabile e indistruttibile. Lo attacca, con un fervore politico quasi adolescenziale, dall'interno, dal vero cuore pulsante: con gli ultimi, i lavoratori. Sabu mette in scena l'utopia della rivoluzione proletaria. La stessa utopia che ci è già stata raccontata, diverse volte, anche in maniera più compiuta e sottile. E la racconta oggi, adesso, nel 2010. Ci vuole coraggio. Perché la metafora del piccolo ingranaggio che si ribella, dell'automa che prende coscienza, della ruota che si ferma e crolla a terra è vecchia, è vista, è anacronistica. Quindi, paradossalmente, attuale. E dannatamente necessaria. Perché l'infernale meccanismo (altra metafora facile, eppure efficace, diretta) continua a girare e il proletariato si è arreso, contento di qualche zuccherino, adagiato su piccole concessioni, indifferente alle (tante, troppe) sofferenze altrui. Kanikosen è un atto politico. Discutibile, criticabile e tutto quel che segue, ma meritevole del massimo rispetto.
Tra le scatolette di polpa di granchio, incessantemente sfornate dalla catena di montaggio, non si innalza solo il messaggio politico, la buona messa in scena di Sabu, la grottesca e illusoria visione della famiglia Kimura , ma anche il consueto talento e la magnetica presenza scenica del sempre più bravo Ryuhei Matsuda (Shinjo), giovane attore giapponese, classe 1983, dalla filmografia davvero nobile e invidiabile (Nightmare Detective e Nightmare Detective 2 di Tsukamoto, Big Bang Love, Juvenile A di Miike, Tabù - Gohatto di Oshima e via discorrendo)
Kanikosen è pensiero rivoluzionario, è pensiero positivo, è una lezione dal passato che probabilmente non avrà futuro. È cinema per pochi, e non solamente perché resterà confinato al Forum. È anche cinema sbagliato, come dicevamo. Troppo entusiasta e troppo poco calibrato. Troppo libero. Anarchico. Evviva. Kanikosen è polpa di granchio in milioni di scatolette, è una ruota che gira e che schiaccia tutto e tutti. Quando la ruota non girerà più, Kanikosen sarà davvero fuori dal tempo. Adesso, invece...


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COMMENTO PERSONALE

Non ho molto da aggiungere alla esauriente recensione di sopra che sostanzialmente condivido. The Crab Cannery Ship (Kanikosen) è un film "sbagliato" che probabilmente a molti non piacerà. Troppo retorico, troppo anacronistico (forse), troppo banalizzante nel descrivere la riscossa proletaria. Eppure ha quella forza capace di fare dimenticare in parte i difetti che certo non mancano.
Quel kangaeru ripetuto più volte, che in giapponese significa pensare ma anche immaginare, ha vigore, bellezza. Sì, l'utopia dell'immaginazione al potere che oggi sembra preistoria qualche piacevole sussulto è ancora in grado di provocarlo. E anche rabbia pensando a un periodo come questo, a un Paese come il nostro, dove a regnare è soprattutto la rassegnazione e la disillusione, dove sembra non sia permesso nemmeno sognare. Dove nonostante lauree, master, qualifiche molti giovani hanno difficoltà a trovare lavoro o sono costretti a precariato a tempo indeterminato. A quella frustrazione di sapere che gli sforzi non vengono quasi mai premiati. Alla disperazione che gli accomuna ai pescatori-operai di Kanikosen. Da questo punto di vista il film di Sabu non è poi tanto anacronistico.
Molto interessante la particolare ambientazione. Il film si svolge in larga parte nella "pancia" di questo peschereccio che sembra una miniera, una discesa agli inferi. Il mare, classico simbolo di liberà, in pratica non si vede mai. Ottimo Matsuda, nel ruolo di Shinjo, che vince nettamente la gara di bravura con Nishijima che interpreta Asakawa, cattivo di turno troppo macchiettistico.
In conclusione un film non eccezionale, ma che non fa male vedere.




APPROFONDIMENTO

Il film è tratto dal libro Kanikosen scritto da Kobayashi Takiji nel 1929, (pubblicato in Italia con il titolo "Il peschereccio di granchi",Tirrenia stampatori), che nel 1953 aveva già ispirato la pellicola di Yamamura So.
L'autore, un giovane scrittore comunista, venne arrestato e torturato morì poco tempo dopo in carcere. Il suo libro è stato riscoperto negli ultimi anni divenendo un simbolo della nuova sinistra giapponese. Il fenomeno è ben spiegato nel seguente articolo (segnalatomi da Cignoman) apparso sulla rivista Internazionale nel marzo del 2009. Ne riporto soltanto alcuni passaggi perché è molto lungo (se qualcuno è interessato a leggerlo integralmente mi contatti).

Una piccola rivoluzione (Leo Lewis e Roland Kelts). Fino a qualche tempo fa sembrava che le librerie giapponesi vendessero solo manuali per arricchirsi in fretta, mattoni di storia economica scritti da Cassandre in pensione e confessioni piccanti di casalinghe diventate prostitute. Ma bastava cercare più attentamente tra le montagne di libri inutili per scoprire qualcosa di davvero interessante: un cupo romanzo di ambientazione proletaria scritto ottant'anni fa, che improvvisamente ha scalzato dalle classifiche i libri di self help e le autobiografie scandalistiche. I giovani impiegati giapponesi cominciano a trovare dei punti di contatto tra le loro vite di oggi e i giorni più oscuri della storia politica del paese. Gli industriali stanno perdendo la loro fama di sostenitori del contratto sociale giapponese, che garantiva l'impiego a vita. L'attivismo potrebbe essere sulla via del ritorno dopo decenni di assenza. E le persone hanno ricominciato a divorare i libri di sinistra. […] È in questo contesto che é esploso il successo del romanzo Kanikosen scritto nel 1929 da Takiji Kobayashi. Fino al gennaio del 2007 aveva venduto in totale circa un milione e mezzo di copie. Poi, solo nel 2008 ne sono state ristampate e vendute 500mila. Per attirare il pubblico più giovane sono uscite anche due versioni manga, che hanno raggiunto le duecentomila copie vendute. II libro fu scritto nel periodo più buio dell'ultranazionalismo giapponese. I lavoratori vivevano nel terrore dei superiorie tutti vivevano nel terrore della polizia segreta. II sindacalismo era sinonimo di comunismo. I protagonisti del romanzo sono giovani e hanno un disperate bisogno di lavorare. Accettano un posto a bordo del Kanikosen, che pesca granchi lungo il gelido litorale di Hokkaido, l'isola più settentrionale del Giappone. Nella stiva puzzolente centinaia di uomini sgusciano e inscatolano i granchi. Affamati e malpagati, gli uomini vivono sotto la minaccia di violenze e abusi sessuali commessi da una banda di scagnozzi, ingaggiati dall'azienda per far lavorare i dipendenti. II riscatto arriva alla fine, quando i pescatori si rendono conto che solo unendo le forze possono resistere alla violenza dei superiori. Eppure la loro vittoria è di breve durata e inutile. Mentre la nave gigantesca continua a viaggiare. […] Per gli impiegati e i giovani precari giapponesi Kanikosen é una parabola rivoluzionaria delle attuali condizioni di lavoro nel paese. Gli orari folli, il salario da fame e il bullismo istituzionalizzato: sono tutti elementi molto familiari che spingono le persone a sindacalizzarsi. Questo, naturalmente, preoccupa gli imprenditori giapponesi. […] Ora che il divario economico tra ricchi e poveri si sta allargando, il sapore rivoluzionario del libro di Kobayashi affascina le masse. Karin Amamiya, ex punk rocker diventata scrittrice e commentatrice, ha definito Kanikosen la "bibbia dei freeter (i lavoratori free-lance a tempo parziale) e della loro lotta". Quando Kanikosen é stato ristampato, nei primi mesi del 2008, la più grande libreria di Tokyo ha appeso in vetrina un manifesto con la scritta: "Ritorna il libro che descrive il crudele ambiente di lavoro del passato: un ambiente simile a quello dei lavoratori poveri del 2008". Certo, il Giappone è terra di mode passeggere,e molti commentatori sono stati pronti a liquidare la popolarità del romanzo definendola un semplice boom. Come i cuccioli digitali del tamagotchi e i calzettoni delle studentesse, dicono alcuni esperti, il successo del socialismo letterario avrà vita breve e darà pochi risultati, a parte far arricchire alcuni editori. Secondo molti, pero, le vendite inaspettate di Kanikosen riflettono un cambiamento più significativo nell'opinione pubblica. La riscoperta del romanzo e la sua popolarità tra i lettori di oggi non hanno precedenti in Giappone. Un funzionario della Confederazione nazionale dei sindacati è convinto che il fenomeno indichi l'inizio di un vasto spostamento a sinistra: "La situazione dei lavoratori descritta nel libro é molto simile a quella dei precari di oggi: contratti inaffidabili, lavoro sotto severo controllo, violenze da parte dei superiori, molestie sessuali e pressioni antisindacali". […] Secondo Toshio Ueki, portavoce del Partito comunista, i giovani leggono Kanikosen perché "possono identificarsi in quella vicenda: anche loro sono incapaci di immaginare un futuro". […] Le affinità più profonde sono quelle con la "generazione perduta" di chi oggi ha tra i 20 e i 35 anni. Secondo Rika Kayama, una psichiatra specializzata nelle patologie emerse in Giappone negli ultimi anni, la crisi nasce dal contrasto tra le richieste del capitalismo e le aspettative di successo e di subordinazione sociale trasmesse ai bambini fin dalla più tenera età. Sempre più frustrati, i giovani finiscono per avere reazioni sempre più estreme. "Molti ragazzi", spiega Rika, "pensano che se non hanno trovato un lavoro decente la colpa é solo loro, perché la società moderna dice che ognuno é responsabile del proprio destino e giustifica il precariato".



Ringrazio Cignoman, sempre disponibilissimo, per la revisione.

Grazie a ronnydaca per gli aiuti informatici (e non solo).





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Messaggio modificato da fabiojappo il 05 June 2014 - 07:03 PM


#2 Cignoman

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Inviato 01 July 2010 - 09:23 AM

:-) Complimenti per la traduzione, che conosco bene ormai e per la recensione come al solito molto completa e curata! Sono daccordissimo con te per quanto concerne il reale valore del film e la sua particolare attualità.

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#3 ronnydaca

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Inviato 01 July 2010 - 10:28 AM

Ottima recensione Fabio, grazie della proposta, film interessante anche se, come sai, anche a me in alcuni punti non è piaciuto, per gli aiuti informatici....Sempre a disposizione :em15:

In attesa di migrazione


#4 fabiojappo

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Inviato 01 July 2010 - 12:05 PM

Visualizza MessaggioCignoman, il 01 July 2010 - 09:23 AM, ha scritto:

:-) Complimenti per la traduzione, che conosco bene ormai e per la recensione come al solito molto completa e curata! Sono daccordissimo con te per quanto concerne il reale valore del film e la sua particolare attualità.


Visualizza Messaggioronnydaca, il 01 July 2010 - 10:28 AM, ha scritto:

Ottima recensione Fabio, grazie della proposta, film interessante anche se, come sai, anche a me in alcuni punti non è piaciuto, per gli aiuti informatici....Sempre a disposizione :em15:


Grazie, grazie ;) ;)

#5 creep

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Inviato 09 September 2010 - 04:49 PM

Un po' atemporale, un po' surreale, per trasmettere concetti universali sulla ricerca da parte dell'individuo di una propria realizzazione in una società che non lo abitua a pensare e agire, ma a tirare a campare. Attualissimo anzichenò, anche se lo ammette lo stesso attore protagonista verso la fine che si stia sconfinando forse un po' troppo su un terreno politico quando il messaggio è più complesso (Non capite... Non riguarda il Paese.). E che la volontà basti da sé a smuovere le acque è tutto da discutere.

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#6 Shimamura

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Inviato 09 September 2010 - 05:01 PM

Un buon film1 Grazie fabio. Pur non riuscendo a trasferire sulla pellicola la grandezza del romanzo, tuttavia il film a me non è dispiaciuto.

Hear Me Talkin' to Ya




Subtitles for AsianWorld:
AsianCinema: Laura (Rolla, 1974), di Terayama Shuji; Day Dream (Hakujitsumu, 1964), di Takechi Tetsuji; Crossways (Jujiro, 1928), di Kinugasa Teinosuke; The Rebirth (Ai no yokan, 2007), di Kobayashi Masahiro; (/w trashit) Air Doll (Kuki ningyo, 2009), di Koreeda Hirokazu; Farewell to the Ark (Saraba hakobune, 1984), di Terayama Shuji; Violent Virgin (Shojo geba-geba, 1969), di Wakamatsu Koji; OneDay (You yii tian, 2010), di Hou Chi-Jan; Rain Dogs (Tay yang yue, 2006), di Ho Yuhang; Tokyo Olympiad (Tokyo Orimpikku, 1965), di Ichikawa Kon; Secrets Behind the Wall (Kabe no naka no himegoto, 1965) di Wakamatsu Koji; Black Snow (Kuroi yuki, 1965), di Takechi Tetsuji; A City of Sadness (Bēiqíng chéngshì, 1989), di Hou Hsiao-hsien; Silence Has no Wings (Tobenai chinmoku, 1966), di Kuroki Kazuo; Nanami: Inferno of First Love (Hatsukoi: Jigoku-hen, 1968) di Hani Susumu; The Man Who Left His Will on Film (Tokyo senso sengo hiwa, 1970), di Oshima Nagisa.
AltroCinema: Polytechnique (2009), di Denis Villeneuve ; Mishima, a Life in Four Chapters (1985), di Paul Schrader; Silent Souls (Ovsyanky, 2010), di Aleksei Fedorchenko; La petite vendeuse de soleil (1999), di Djibril Diop Mambéty; Touki Bouki (1973), di Djibril Diop Mambéty.
Focus: Art Theatre Guild of Japan
Recensioni per AsianWorld: Bakushu di Ozu Yasujiro (1951); Bashun di Ozu Yasujiro (1949); Narayama bushiko di Imamura Shohei (1983).

#7 droggy

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Inviato 30 November 2015 - 01:16 AM

grazie dei subs e ovviamente anche per tutto quello che avete scritto linkato pensato dopo :D

grazie grazie!! ah, a me è piaciuto





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