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[RECE][SUB] The Last Dance

 foto Cignoman 23 Mar 2011

THE LAST DANCE


di Itami Juzo

Titolo originale: Daibyonin (大病人)
Anno: 1993
Nazione: Giappone
Durata: 115'
Genere: Drammatico - Comico

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Regia, soggetto e sceneggiatura: Itami Juzo
Musiche originali: Honda Toshiyuki
Fotografia: Maeda Yonezo
Montaggio: Suzuki Akira
Sonoro: Onodera Osamu

Nominato per due “Japanese Academy Awards” nel 1994, miglior attore e miglior sonoro. Nessun premio vinto.

Interpreti: Mikuni Rentaro (Mukai Buhei), Miyamoto Nobuko (Mukai Mariko), Tsugawa Masahiko (Dottor Ogata), Kiuchi Midori (infermiera), Takase Haruna (amante di Buhei), Tanaka Akio (produttore), Kato Yoshihiro (radiologo), Kumagai Mami (Mit-chan), Noboru Mitani (anziano malato).

Produzione: Itami Productions.

Traduzione e recensione di Tyto, revisione di Cignoman


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Trama

Buhei Mukai (Mikuni Rentaro) è un famoso attore e regista che sta girando un film su due coniugi malati di cancro. Buhei, nonostante i suoi sessant’anni, è un tipo che ancora si gode appieno la vita: ha un’amante (Takase Haruna) che è la stessa attrice del suo film, alza spesso il gomito e sta divorziando dalla moglie Mariko (Miyamoto Nobuko). Ultimamente però ha problemi allo stomaco e così la moglie lo convince a farsi visitare da un suo vecchio compagno di scuola, il dottor Ogata (Tsugawa Masahiko). Le analisi rivelano che, come il protagonista del film che sta girando, anche Buhei ha un brutto cancro. Il dottor Ogata, d’accordo con Mariko, decide però di non dire la verità al malato e lo tranquillizza diagnosticandogli un’ulcera, che deve comunque essere operata.
La vitalità di Buhei non si conforma facilmente alla permanenza in ospedale, soprattutto quando viene ricoverato una seconda volta, a causa di una ricaduta. Una nuova operazione e i terribili effetti collaterali delle cure a cui è sottoposto fanno sorgere in lui il dubbio di avere il cancro. Quando inizia a conoscere le condizioni degli altri malati terminali dell’ospedale, la situazione precipita e, dopo un alterco con il dottor Ogata, tenta il suicidio. L’anima di Buhei abbandona allora il suo corpo e si avvia verso l’aldilà, in un susseguirsi di scene da fantascienza. Gli sforzi per tenerlo in vita da parte del medico, alla fine hanno successo e Buhei rientra nel proprio corpo.
Al protagonista viene finalmente rivelata la verità sulla malattia e, una volta accettata la propria condizione, Buhei cambia atteggiamento ed accetta con filosofia il proprio destino, rifiutando anche di sottoporsi ad altre cure disperate. Si impegna allora per girare l’ultima scena del proprio film, si riavvicina alla moglie, decide di passare gli ultimi giorni a casa e affronta la fine serenamente.


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Recensione

Daibyonin (letteralmente “Il grande malato”) è un film che si discosta, in parte, dal resto della produzione di Itami Juzo. La vivacità del racconto è ancora quella tipica del grande regista giapponese, ma il tema, molto serio, comporta toni meno allegri rispetto alle sue solite commedie.
Si tratta di un film che parla di cancro, affrontando il tema dell’iter di accettazione della malattia e, allo stesso tempo, lanciando una critica alla medicina moderna, che spesso si accanisce, anche quando la fine è inevitabile.
Buhei Mukai è un uomo che nella vita ha avuto successo e che ancora vorrebbe godersela, è un tipo abituato a farsi pochi problemi di coscienza, ha un’amante e sta divorziando dalla moglie. Per lui è difficile accettare di essere malato o anche semplicemente accettare di dover interrompere le riprese di un film per curarsi. Ma Itami, non lo presenta come un personaggio negativo. La sua piccolezza, i suoi tentativi per liberarsi dalle attenzioni del dottor Ogata o i suoi sforzi di continuare a vivere la vita come se nulla fosse (addirittura ricevendo l’amante in ospedale!), per il regista non sono gravi mancanze. Si tratta di un essere umano ed è normale che abbia dei vizi. Il suo interesse è focalizzato invece su certi atteggiamenti della medicina moderna, è a quest’ultima che Itami rivolge la propria critica. Quello che non piace al regista è la mancanza di umanità da parte dei medici, l’incapacità di considerare i malati delle persone da rispettare. Ed ecco allora che Itami si scaglia contro l’accanimento terapeutico, contro l’utilizzo indiscriminato, anche quando la fine è ormai inevitabile, di macchinari invasivi e di medicinali dagli effetti collaterali devastanti. Il tutto ben lungi dal voler sostenere l’eutanasia, rivendicando semplicemente la necessità di una maggiore umanità da parte dei medici. Quella di Itami è un’analisi profonda di cosa sia giusto fare in certe situazioni. Sempre con il suo stile schietto e minimale, il regista ci fa capire come sia fondamentale la sincerità nei confronti del malato, in modo che possa comprendere la propria condizione ed avere il tempo di accettare serenamente la propria fine.
Non è un caso dunque, che la “conversione” del protagonista e la fine del suo stato di sofferenza, sia segnata proprio dal momento in cui gli viene raccontata la verità sul proprio stato di malato terminale. E’ allora che Buhei inizia a farsi una ragione della propria morte imminente; si riconcilia così con se stesso e con il resto del mondo, raggiungendo alla fine una felicità piena, che si tinge di misticismo nella scena finale del film che sta girando, in cui viene intonata la preghiera buddista chiamata “Il Sutra del Cuore” .
Nonostante la “pesantezza” dei contenuti, Itami riesce a mantenere “leggero” il tono del film, la narrazione scorre veloce, come sempre accade per questo regista, e, alla fine, ci troviamo con le idee più chiare e con una sensazione positiva anche nei confronti di situazioni tanto tristi. In particolare di questo film non potrete dimenticare la scena in cui Buhei, mentre compie il suo ultimo viaggio in macchina, osserva quasi stupito, la bellezza di una giovane ragazza che va in bicicletta; una scena semplice che ci comunica tante sensazioni, svelandoci forse il senso stesso della vita.
Gli attori sono quelli che spesso appaiono nei film di Itami, sempre bravi e precisi; in particolare l’immancabile Miyamoto Nobuko, che era anche la moglie del regista. Il protagonista è interpretato in modo ineccepibile dall’attore Mikuni Rentaro, un veterano del cinema giapponese.
Il film risulta dunque davvero godibile e girato come sempre in modo perfetto. Certo, non si può non vedere come Itami debba aver apprezzato il film “Vivere” del grande Kurosawa; ma questo regista, anche se poco conosciuto dalle nostre parti, si è senz’altro guadagnato, con tanti film di ottima qualità, il diritto di citare anche il vecchio maestro.


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Versione sottotitoli: iMBT 699

Allega file  Daibyonin.The.Last.Dance.AsianWorld.zip (26.06K)
Numero di downloads: 24

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Nota di Cignoman: ringrazio ancora una volta l'ottimo Tyto per questa traduzione e per la recensione che l'accompagna, davvero un ottimo acquisto per AW, al momento sta lavorando alla traduzione di un altro film di Itami, "The Funeral". Tengo particolarmente a "The Last Dance" perché trovo che sappia affrontare senza retorica un tema (tra gli altri) che sento molto e che riassumerei così: quando la medicina si preoccupa solo della durata della vita e non della qualità della vita stessa, allora diventa disumana. Ci riguarda tutti, direttamente o indirettamente, non possiamo non interrogarci su questo e chiederci, in definitiva, cosa sia davvero importante, con che spirito e atteggiamento affrontare la nostra sofferenza e la nostra condizione di impermanenza in questa forma umana.

SCENA SUTRA DEL CUORE


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Messaggio modificato da Cignoman il 23 March 2011 - 10:05 AM
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 foto fabiojappo 23 Mar 2011

Grazie Tyto, grazie Cigno.

Sembra molto interessante ^^'
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 foto ronnydaca 23 Mar 2011

Grazie Tyto e grazie Cigno.
Juzo mi piace.

ps
Alla medicina interessa che tu viva a lungo ma con qualche problema, così puoi alimentare il mercato farmaceutico e quello medico.
Non è fantascientifico pensare che alcuni medicinali ti curino una cosa ma ti causino altri problemi da "curare" con altri farmaci.
Le lobby delle case farmaceutiche ormai sono peggio di quelle del tabacco. ^^'
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 foto Cignoman 24 Mar 2011

La cronicità per il business della sanità è sinonimo di fidelizzazione della clientela...
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 foto Tyto 24 Mar 2011

Grazie a tutti per i commenti e grazie a Cignoman per il grande aiuto tecnico.
Il film è interessante, soprattutto, oltre alla critica dei "metodi" della medicina moderna, mi ha colpito la capacità del regista di rendere l'accettazione della fine, senza però dimenticare di descrivere anche la difficoltà dil dover rinunciare ai beni materiali.
Itami lo definirei inoltre un regista "contro l'ipocrisia", mai banale. Presto "The Funeral", forse il suo film migliore!
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 foto battleroyale 24 Mar 2011

Itami non guasta mai! Grazie! ;) :em41: :em41: :em06: :em18:
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 foto SoulAmon 25 Mar 2011

Grazie, ma non riesco a trovarlo in nessuna edicola... ;)
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 foto Cignoman 25 Mar 2011

Visualizza MessaggioSoulAmon, il 25 March 2011 - 11:01 AM, ha scritto:

Grazie, ma non riesco a trovarlo in nessuna edicola... :)

Ti ho piemmato! Se qualcuno avesse difficoltà nel reperimento può contattare me.
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 foto Picchi 28 Mar 2011

Graaazieee Tyto lo aspettavo! :em41: Ho risposto un po' tardi per motivi tecnici, ma ora sono tornata!

Non vedo l'ora di vederlo, grazie ancora :em41:
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