Moe no Suzaku
(Il dio Suzaku)
Giappone, 1997
Regia e sceneggiatura: Naomi Kawase
Interpreti: Kotaro Shibata (Eisuke), Yasuyo Kamimura (Yasuyo), Sachiko Izumi (Sachiko), Jun Kunimura (Kozo), Machiko Ono (Michiru)
Versione sottotitoli: vostf
La vita di una famiglia in uno sperduto paesino giapponese di montagna, descritta in due distinte fasi a distanza di 15 anni. In mezzo il fallito progetto di estirpare dall’isolamento il paese e la sua popolazione grazie a un treno che non arriva, che non porta lavoro, che non permette ai più giovani di mettersi in contastto con il mondo urbanizzato, che li spinge ad abbandonare le proprie case lasciandole agli anziani e ai ricordi.
Il treno (vero e proprio orgoglio nazionale) e soprattutto il buco e la relativa ferita lasciati nella montagna da un tunnel abbandonato sono il simbolo dell’incomunicabilità tra due mondi, incomunicabilità che si trasmette e si riflette nei personaggi del film, spesso incapaci di esprimere i propri sentimenti e le proprie emozioni, anche quelle più elementari, come se fossero essi stessi bloccati in quel limbo nero che li separa, all’interno della galleria, dall’altro estremo (emblematica una delle scene più suggestive della “prima” parte).
Fuor di metafora, basta guardare la striminzita quantità di dialoghi, quasi frenati dal muro della montagna che ne fa un’eco, insomma da questo panteistico dio Suzaku.
Ovviamente vi sono componenti prettamente umane che condizionano i comportamenti del microcosmo di questa famiglia: in primis il giovane Eisuke, abbandonato dall’egoismo della madre, che non vuole più avere alcun tipo di legame con un mondo che non le sta a cuore. E poi lo zio Kozo, che coraggiosamente cerca come può di mantenere madre, moglie, figlia e nipote (che nella seconda parte contribuisce col suo lavoro, ma non è ancora sufficiente) ma le risorse economiche sono sempre più scarse. In più per lui il treno è molto più che una metafora, una speranza, un orgoglio: è una ragione di vita disillusa.
La Kawase racconta il cammino in perenne salita di questa famiglia con tocchi leggeri, poetici, permeati di affetto per la natura in senso lato, mostrando piccoli episodi di vita familiare esemplificativi di uno stile di vita modesto ma (o probabilmente proprio per questo) genuino e cordiale, fatto di generosità e gentilezza nei confronti del prossimo. Alcune scene sono toccanti proprio per la loro semplicità carica però di significato e di ricordi.
Purtroppo le belle immagini si perdono un po’ (troppo) durante la visione, dal momento che il dvd che ho visionato non solo è hardsubbato (in francese), ma è deludente dal punto di vista qualitativo (rumore, colori slavati, pessima registrazione). Speriamo che prima o poi (se è già successo…avvertitemi!) venga pubblicata un’edizione all’altezza, non solo del film ma della sua brava regista.
A corollario di questa recensione, consiglio vivamente l’intervista fatta alla Kawase in occasione del film pubblicata all’indirizzo http://venus.unive.i...e/immobile.html
che mi pare molto bella, interessante ed esemplificativa. E poi spiega il titolo del film