Per la cronaca: ho visto prima Miike, intonsa e vergine come la pulzella d'Orleans, poi Kobayashi e dico subito che costui s'è spazzolato via tutto a mo' di tsunami. Giusto così. Perché?
Semplicemente perché se si vuole la bicicletta bisogna pedalare, se si vuol fare il remake di un grande film, beh, bisogna remare di brutto. Perché il confronto è sempre necessario, non dico nel merito, ma per capire come il remake sia stato in grado di essere altro (!), nel bene o nel male, dall'originale. Potrei citare esempi nell'uno o nell'altro caso, ma non lo faccio; è solo per dire che non storco mai il naso davanti ai remake di film illustri o meno, capolavori e non. Neppure i capolavori poi sono intoccabili e da questi possono uscire altrettanti (diversi) capolavori o comunque ottime cose (uguali o meno nello spirito, non importa).
Detto questo, ecco, 'ste cose
calimerina66, il 06 July 2012 - 11:00 PM, ha scritto:
boh, non ce le ho viste. Non ho visto in Miike alcuna nuova lettura del mito del samurai e il ronin interpretato da Ichikawa (davvero bravo!) è più composto (anche commovente) che solenne, ma il fine ultimo è sempre quello nel segno di Kobayashi. L'Hanshiro Tsugumo di Tatsuya Nakadai invece era ieratico da far paura, solenne ed epico da bucare lo schermo di vetro nel suo scardinare la regola d'onore del samurai a favore dell'onore umano, della dignità fatta carne e sangue. Accidenti! Pare uscito dall'oltretomba. Recita come già morto, quasi fantasma redivivo.
Miike s’incanala in Kobayashi e la novità era appunto là, nel 1962. Semmai è da lodare Miike per la scelta di riportare sullo schermo proprio questo film. Si parla di sé anche con le scelte fatte.
Insomma: ero lì che guardavo e i lunghissimi flashbackoni del racconto familiare – Kingo! Kingo! Kingo! – mi annoiavano non poco, di più, stonavano ma non sapevo bene perché, o meglio, pensavo che la 'colpa' fosse del testo a monte. Poi ho visto Kobayashi ed ho capito. E' qui che Miike si stacca dall'originale e fa di testa sua: allunga e (melo)drammatizza il brodo familiare dilatando anche temporalmente il racconto tant'è che i figli qui cominciano cinquenni o giù di lì, là quindicenni (...mi chiedo pure perché il padre di Motome Chijiiwa qui muore per morte naturale mentre là fa seppoku, chissà perché Miike ha cambiato 'sta cosa viso che che quel tipo di morte s’incastrava perfettamente nel contesto...). Comunque vabbè, per tagliar corto: il fatto è che i flashback di Kobayashi sono brevi, rapidi, significanti, pieni di tensione, stanno naturalmente all’interno del film e gli danno ritmo incredibile; la sua capacità narrativa di riassumere e raccontare l’essenziale senza disperdersi in facezie (che so… il gatto morto per esempio o il semplice fatto di mostrare la morte di Kingo – Kingo! Kingo! Kingo! – tolgono tensione al racconto e difatti Kobayashi non lo mostra e lo risolve in tre parole tre) è perfetta. Ok, non mi dilungo oltre, ma era per spiegare perché 'sto film non mi ha entusiasmato. Scrivo a caldo in verità, ma dubito che il deposito possa cambiare le cose. Ci sono poi felici intuizione di Miike – oltre alla neve – che mi sono piaciute: quella di far combattere Hanshiro, alla fine, molto a lungo con la spada di bambù e pure la frase che gli mette in bocca: ''Semplicemente vivevo. Aspettando la primavera".
Ultima cosa: ovviamente non l'ho visto in 3D e non m’immagino proprio dove Miike ce lo possa avere schiaffato dentro. Nell’idolo e nei codini mozzati, probabilmente. Nella neve certamente. Eppoi? Mah... è che non posso farci niente – e tu puoi fare meno sono vecchio d'orgoglio –, continuo a commuovermi, e a godere, della tridimensionalità non dico del genio, ma del sudore delle sublimi ispirazioni.
Ma quant'è bella la camminata attraverso il cimitero e le fronde mosse dal vento che porta al secondo duello in flashback di Kobayashi? Cazzo! Quella roba la tocchi!
Grazie dei sub.
Messaggio modificato da BadGuy il 18 July 2012 - 09:32 PM