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[RECE] The Grandmaster



78 risposte a questa discussione

#1 François Truffaut

    Wonghiano

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Inviato 07 April 2013 - 09:38 AM

THE GRANDMASTER
(aka The Grandmasters)



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Yut doi jung si
Hong Kong/Cina/Francia, 2013
Durata: 130'

Regia: Wong Kar Wai
Interpreti: Tony Leung Chiu Wai, Zhang Ziyi, Chang Chen, Leung Siu-Lung, Song Hye-kyo, Le Cung
Sceneggiatura: Wong Kar Wai, Xu Xaofeng, Zhou Jingzhi
Fotografia: Philippe Le Sourd
Scenografia: William Chang
Montaggio: William Chang
Musiche: Shigeru Umebayashi
Action choreographer: Yuen Woo-ping


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Trama. Cina, anni Trenta. A Foshan il maestro Ip Man conduce una battaglia per introdurre il suo stile fra quelli accettati dalla comunità marziale.


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Commento. Premessa fondamentale: chi si aspetta di vedere un lavoro che ripercorre la scia apologetica della figura di Ip Man, come ha fatto Wilson Yip nei suoi due capitoli, farebbe bene a modificare le proprie attese. The Grandmaster è anche la storia del grande maestro del Wing Chu, ma va ben oltre e non poteva essere altrimenti.
Coadiuvato alla sceneggiatura da Xu Haofeng, la cui visione filosofica della arti marziali traspare limpida, Wong Kar Wai descrive un circolo narrativo che parte dagli Anni '30 per giungere fino agli inizi degli Anni '60, frammentando nel tempo la narrazione in questo lasso di tempo: prima l'esperienza di Ip Man a Foshan, la sua battaglia per introdurre il suo stile fra quelli accettati dalla comunità marziale, il confronto, fatto di movenze e gesti quasi metaforici con il Maestro Gong prima che questi ritorni al Nord, forte della convinzione che gli stili settentrionali siano più ortodossi rispetto a quelli meridionali; la sfida rinnovata dalla giovane figlia di Gong in una delle scena più belle, oserei dire commovente nella sua poeticità e persino sensualità; l'invasione giapponese e la guerra, sempre sullo sfondo senza mai affiorare drammaticamente spinta dal consueto nazionalismo antinipponico, e soprattutto il rapporto con Gong Er, che da quel confronto fatto di salti e tecnica di combattimento arriva fino ai decenni seguenti, nel quale si esplica il nodo centrale della tematica wonghiana imperniata sul senso di incompiuto e sull'ineluttabilità del tempo che passa (non a caso la voce narrante è quella di Ip Man ed il finale richiama seppur da lontano In the Mood for Love).


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In certi frangenti la Zhang Ziyi di The Grandmaster si sovrappone quasi specularmente alla Maggie Cheung di Ashes of Time come anche a quella di In the Mood for Love, a confermare in maniera decisa la centralità dei personaggi e della loro prospettiva nel cinema di Wong, ma soprattutto una certa continuità delle tematiche e delle atmosfere non legate al genere cinematografico che il regista affronta. E' quindi un occhio posato ancora una volta sul mondo delle arti marziali, dove i cardini poetici del genere vengono visitati da una angolatura molto defilata, sfumata nel tempo e nello spazio; lo spazio che Wong amplifica a dismisura nelle scene da combattimento, dove più che la tecnica irrompe la fisicità e la ritualità del gesto e i suoi particolari che portano alla deflagrazione improvvisa e che danno come risultato momenti quasi sincopati e convulsi.
Pur senza la collaborazione del grande direttore della fotografia Chris Doyle, dal punto di vista tecnico il film rasenta la perfezione, anche se risente in alcuni momenti del possente taglio che il regista ha dovuto eseguire per ridurre la durata del film ai 130 minuti attuali contro le quasi 4 ore dell'originale (in tal senso il personaggio di Chang Chen risulta abbastanza avulso dal racconto): la preferenza per gli ambienti scuri e piovosi (magistrale la scena iniziale sotto la pioggia) accentua quel senso di incompiuto e di rarefatto che avvolge la storia, nonostante forse la scena più bella dal punto di vista visivo è quella del funerale dove il bianco delle vesti si confonde con quello della distesa nevosa. Anche il procedere a balzi temporali, che potrebbe inizialmente condurre ad una certa confusione, è ben confezionato e sottolinea lo struggente incedere del tempo.


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Anche The Grandmaster, come Ashes of Time, merita sicuramente una rivisione, proprio per metabolizzare quanto di apparentemente ostico c'è nel film che rende complessa la compenetrazione delle pieghe più nascoste della storia; ma questo è il marchio dei grandi film, quelli che lasciano la voglia di essere rivisti.


Il trailer internazionale:






Traduzione: calimerina66
Recensione: sobek



- versione JYK, vecchia versione video con hardsub cinesi e audio mandarino, aggiornata con una nuova traduzione (dopo 91 downloads)

- versione LookMaNe, nuova versione non hardsubbata, montaggio diverso dalla precedente, migliore sia in qualità video sia in comprensibilità del film (oltre ad avere anche l'audio cantonese)



Altri film di Wong Kar Wai in archivio: clicca QUI.

Buona visione!

P.S.: Un grazie enorme a calimerina per aver tradotto il film in tempi rapidissimi ed anche a sobek per il commento.



ATTENZIONE
Questo titolo è ora reperibile nei migliori negozi e store-on line.
Asian World si prefigge la promozione e la diffusione della cultura cinematografica asiatica.
Per questo motivo i sottotitoli relativi a questo film sono stati ritirati.
Supporta anche tu il cinema asiatico, acquistando questa pellicola in dvd.

The Grandmaster


Messaggio modificato da creep il 09 February 2014 - 12:35 PM

Sottotitoli per AsianWorld: The Most Distant Course (di Lin Jing-jie, 2007) - The Time to Live and the Time to Die (di Hou Hsiao-hsien, 1985) - The Valiant Ones (di King Hu, 1975) - The Mourning Forest (di Naomi Kawase, 2007) - Loving You (di Johnnie To, 1995) - Tokyo Sonata (di Kiyoshi Kurosawa, 2008) - Nanayo (di Naomi Kawase, 2008)

#2 Cignoman

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Inviato 07 April 2013 - 09:54 AM

Qui siamo ai vertici!!! Grazie infinite!

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#3 Casval_Deikun

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Inviato 07 April 2013 - 10:10 AM

L'avevo già visto essendo una tematica che mi sta a cuore. Kar Wai è meglio torni a fare i suoi soliti film, qui per me ha toppato di brutto (ci ha messo una vita e ha partorito topo gigio), romanzato tantissimo, spesso noioso, inverosimile, combattimenti spesso rovinati dai soliti effetti/movimenti "stilistici" di macchina (come al solito copiono il peggio degli americani) e si sente una certa pretenziosità nel volerlo differenziare a tutti i costi da quello, decisamente più riuscito, di Wilson Yip.

Messaggio modificato da Casval_Deikun il 07 April 2013 - 10:11 AM


#4 livio

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Inviato 07 April 2013 - 10:12 AM

Grandi! ma al cinema in italia uscirà mai??

#5 Shimamura

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Inviato 07 April 2013 - 10:16 AM

Grazie mille, di sicuro un film attesissimo, sebbene forse uno di quelli che piaceranno più ai fan del regista che ad altri. Astenersi dal guardarlo se cercate un film sulle arti marziali: non lo è.

Casval_Deikun, il 07 April 2013 - 10:10 AM, ha scritto:

combattimenti spesso rovinati dai soliti effetti/movimenti "stilistici" di macchina (come al solito copiono il peggio degli americani)p.
Hai ragione su alcuni punti, ma qui ti sbagli: questo tipo di stile che tu definisci copiato dagli americani è in realta proprio del cinema d'azione asiatico, e sono poi gli americani ad essersene appropriati ;)

livio, il 07 April 2013 - 10:12 AM, ha scritto:

Grandi! ma al cinema in italia uscirà mai??
Al momento non se ne parla, ma spero almeno in un'edizione DVD

Messaggio modificato da Shimamura81 il 07 April 2013 - 10:17 AM

Hear Me Talkin' to Ya




Subtitles for AsianWorld:
AsianCinema: Laura (Rolla, 1974), di Terayama Shuji; Day Dream (Hakujitsumu, 1964), di Takechi Tetsuji; Crossways (Jujiro, 1928), di Kinugasa Teinosuke; The Rebirth (Ai no yokan, 2007), di Kobayashi Masahiro; (/w trashit) Air Doll (Kuki ningyo, 2009), di Koreeda Hirokazu; Farewell to the Ark (Saraba hakobune, 1984), di Terayama Shuji; Violent Virgin (Shojo geba-geba, 1969), di Wakamatsu Koji; OneDay (You yii tian, 2010), di Hou Chi-Jan; Rain Dogs (Tay yang yue, 2006), di Ho Yuhang; Tokyo Olympiad (Tokyo Orimpikku, 1965), di Ichikawa Kon; Secrets Behind the Wall (Kabe no naka no himegoto, 1965) di Wakamatsu Koji; Black Snow (Kuroi yuki, 1965), di Takechi Tetsuji; A City of Sadness (Bēiqíng chéngshì, 1989), di Hou Hsiao-hsien; Silence Has no Wings (Tobenai chinmoku, 1966), di Kuroki Kazuo; Nanami: Inferno of First Love (Hatsukoi: Jigoku-hen, 1968) di Hani Susumu; The Man Who Left His Will on Film (Tokyo senso sengo hiwa, 1970), di Oshima Nagisa.
AltroCinema: Polytechnique (2009), di Denis Villeneuve ; Mishima, a Life in Four Chapters (1985), di Paul Schrader; Silent Souls (Ovsyanky, 2010), di Aleksei Fedorchenko; La petite vendeuse de soleil (1999), di Djibril Diop Mambéty; Touki Bouki (1973), di Djibril Diop Mambéty.
Focus: Art Theatre Guild of Japan
Recensioni per AsianWorld: Bakushu di Ozu Yasujiro (1951); Bashun di Ozu Yasujiro (1949); Narayama bushiko di Imamura Shohei (1983).

#6 Casval_Deikun

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Inviato 07 April 2013 - 10:29 AM

Shimamura81, il 07 April 2013 - 10:16 AM, ha scritto:

Grazie mille, di sicuro un film attesissimo, sebbene forse uno di quelli che piaceranno più ai fan del regista che ad altri. Astenersi dal guardarlo se cercate un film sulle arti marziali: non lo è.
E allora che vada a fare altro (e comunque il film è DECISAMENTE anche sulle arti marziali, ma con un'ottica diversa, secondo me cambiata on-the-run dopo aver assistito al lavoro di wilson yip), visto che il protagonista è uno dei grandi proprio delle arti marziali.


Shimamura81, il 07 April 2013 - 10:16 AM, ha scritto:

ma qui ti sbagli: questo tipo di stile che tu definisci copiato dagli americani è in realta proprio del cinema d'azione asiatico, e sono poi gli americani ad essersene appropriati ;)
"Ni": gli asiatici andavano fino a metà anni 90 con gli svolazzamenti, poi è vero che hanno iniziato ad andare con lo stile di cui stiamo parlando, ma gli americani hanno copiato poco niente da loro perché già quando non vi erano i mezzi tecnologici, ingannavano lo spettatore con riprese molto ravvicinate/confuse/incasinate apposta (ancor prima di arma letale I) per non far capire che l'attore sapeva poco/niente di arti marziali, poi è arrivato il digitale/matrix e cagate varie con un certo stile e così l'hanno adottato per tutti i loro attori penosi che dovevano spacciarsi per esperti quando non lo erano nemmeno con il binocolo (e tutte quelle mega-cagate alla charlie's angels).
Gli scempi gli ammmerigani li facevano pure quando avevano a disposizione dei validi atleti (se penso a the one con jet li).
Sì, possiamo poi dire che dopo la tigre ed il dragone (che se non ricordo male gli effetti sono stati fatti da americani) è stato dato il via ad altre tipologie di effetti.

In definitiva e in questi ultimi anni, si copiano a vicenda sul terreno peggiore: il meno peggio per me rimane ciò che ha fatto Besson con gli attori asiatici importati.

#7 calimerina66

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Inviato 07 April 2013 - 10:39 AM

Per favore chiunque individui dove si trova nel film l'inquadratura del chiodo a ralenti che salta, me lo puo' dire? penso che sia stato tagliato dal film anche se nel trailer ce l'hanno lasciato...

Sottotitoli in italiano di film giapponesi e note storico-culturali

http://calimerina66.livejournal.com/

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#8 Kitano

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Inviato 07 April 2013 - 10:47 AM

Grandiosa sorpresa, grazie!!



#9 Shimamura

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Inviato 07 April 2013 - 10:52 AM

Casval_Deikun, il 07 April 2013 - 10:29 AM, ha scritto:

E allora che vada a fare altro (e comunque il film è DECISAMENTE anche sulle arti marziali, ma con un'ottica diversa, secondo me cambiata on-the-run dopo aver assistito al lavoro di wilson yip), visto che il protagonista è uno dei grandi proprio delle arti marziali.

Non nel senso di film sulle arti marziali comune. Wong è un regista sui generis, e nel film mette l'azione in secondo piano rispetto all'estetica e alla filosofia, così come già fece in ashes of time. Anche l'aspetto biografico è messo, per volontà del regista che lo ha dichiarato più volte che non avrebbe girato un film su Yp Man, ma un film con Yp Man, da parte. Se vuoi un film di arti marziali puro ti vai a vedere Yp Man, non The Grandmasters.

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Subtitles for AsianWorld:
AsianCinema: Laura (Rolla, 1974), di Terayama Shuji; Day Dream (Hakujitsumu, 1964), di Takechi Tetsuji; Crossways (Jujiro, 1928), di Kinugasa Teinosuke; The Rebirth (Ai no yokan, 2007), di Kobayashi Masahiro; (/w trashit) Air Doll (Kuki ningyo, 2009), di Koreeda Hirokazu; Farewell to the Ark (Saraba hakobune, 1984), di Terayama Shuji; Violent Virgin (Shojo geba-geba, 1969), di Wakamatsu Koji; OneDay (You yii tian, 2010), di Hou Chi-Jan; Rain Dogs (Tay yang yue, 2006), di Ho Yuhang; Tokyo Olympiad (Tokyo Orimpikku, 1965), di Ichikawa Kon; Secrets Behind the Wall (Kabe no naka no himegoto, 1965) di Wakamatsu Koji; Black Snow (Kuroi yuki, 1965), di Takechi Tetsuji; A City of Sadness (Bēiqíng chéngshì, 1989), di Hou Hsiao-hsien; Silence Has no Wings (Tobenai chinmoku, 1966), di Kuroki Kazuo; Nanami: Inferno of First Love (Hatsukoi: Jigoku-hen, 1968) di Hani Susumu; The Man Who Left His Will on Film (Tokyo senso sengo hiwa, 1970), di Oshima Nagisa.
AltroCinema: Polytechnique (2009), di Denis Villeneuve ; Mishima, a Life in Four Chapters (1985), di Paul Schrader; Silent Souls (Ovsyanky, 2010), di Aleksei Fedorchenko; La petite vendeuse de soleil (1999), di Djibril Diop Mambéty; Touki Bouki (1973), di Djibril Diop Mambéty.
Focus: Art Theatre Guild of Japan
Recensioni per AsianWorld: Bakushu di Ozu Yasujiro (1951); Bashun di Ozu Yasujiro (1949); Narayama bushiko di Imamura Shohei (1983).





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